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TESTO Tre uomini in estasi: un preannuncio

mons. Roberto Brunelli

II Domenica di Quaresima (Anno C) (24/02/2013)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Domenica scorsa, le tentazioni cui Gesù fu sottoposto manifestavano la sua umanità; il vangelo di oggi (Luca 9,28-36), con l'episodio della trasfigurazione, esprime la sua divinità. Il mistero dell'Uomo-Dio resta un mistero, ma considerandolo, per così dire, in azione, quanto meno se ne percepiscono i contorni.

L'episodio di lui che si trasfigura, cioè cambia aspetto, è tutto intessuto di simboli e rimandi. Limitandosi ai principali, si può anzitutto dare rilievo a un particolare proprio del vangelo secondo Luca: la manifestazione della divinità si compie in un contesto di preghiera. Un giorno, dunque, Gesù "prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare; mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. (...) Pietro e i suoi compagni videro la sua gloria". E' proprio lo splendore della sua gloria, mostrato per qualche momento ai tre discepoli, ad esprimere la sua divinità, ribadita dalla voce che essi udirono, la voce dell'eterno Padre: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!".

Accanto a lui trasfigurato, riferiscono i vangeli, comparvero Mosè ed Elia, due dei personaggi principali della storia ebraica e delle sacre Scritture precedenti lo stesso Gesù, quelle che noi chiamiamo l'Antico Testamento. Compaiono accanto a lui, per significare che egli non solo non è in contrasto con loro, ma ne è la continuità, anzi il compimento: Mosè aveva trasmesso al popolo la legge di Dio (riassumibile nei dieci comandamenti), Gesù ha dato la nuova legge (riassumibile nel precetto dell'amore, per Dio e per il prossimo) che non annulla la precedente ma ne svela l'anima e la finalità. Elia, come tutti i profeti, ha parlato a nome di Dio, per ricordarne l'amore verso il suo popolo; Gesù ha parlato a nome del Padre suo, portando quell'amore alla massima espressione, il totale dono di sé.

Questo sarebbe accaduto di lì a poco tempo, nella sua Pasqua di morte e risurrezione: e proprio alla Pasqua, l'episodio della trasfigurazione rimanda. Mosè ed Elia, dice l'evangelista, conversavano con Gesù "e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme". La parola esodo (che significa uscita) richiama quello degli ebrei, usciti dall'Egitto dove erano schiavi e condotti attraverso il deserto sino alla terra promessa. Quel segno dell'amore di Dio per il suo popolo ebbe una forte valenza terrena, la conquista della libertà e di una patria; l'esodo di Gesù, la sua uscita da questo mondo per tornare al Padre, ha un significato spirituale: la liberazione per tutti gli uomini dalla schiavitù del male e del peccato, per poter entrare nella vera e definitiva patria, la casa del Padre suo che è anche il Padre nostro. La trasfigurazione è dunque un preannuncio della Pasqua, ed è questo il motivo per cui la si ricorda nella quaresima, che alla Pasqua prepara.

Da sottolineare, nell'episodio, anche la reazione dei tre discepoli alla visione celeste che per qualche momento è stata loro concessa. "Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli cioè vorrebbe prolungare quella visione, tanto ne è affascinato: e così dicendo lascia intuire quanto sarà appagante la contemplazione della gloria di Gesù nella casa del Padre. Lascia anche intuire le ragioni di una dimensione, forse troppo poco vissuta, della vita cristiana già in questo mondo: appunto la contemplazione, vale a dire la preghiera fatta non per chiedere qualcosa a Dio ma per ammirare le sue meraviglie, per riconoscere la sua grandezza e la sua sconfinata bontà, per lodarlo e ringraziarlo di quanto ci ha donato e di quanto ci garantisce che ci donerà. "Facciamo tre tende...": pare un invito sempre valido, da accogliere sin d'ora nell'intimità della mente e del cuore. Contemplare è, in un certo modo, anticipare la gioia di vivere nella patria vera e definitiva.

 

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