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TESTO Egli non sapeva quel che diceva

Riccardo Ripoli  

II Domenica di Quaresima (Anno C) (24/02/2013)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Quante volte ci è capitato di dire cose senza pensarci, per la troppa gioia o forse più spesso per la rabbia di un momento. Avrete sentito dire spesso "azionare il cervello prima di aprire la bocca" ed è giusto, prima di parlare è meglio riflettere molto attentamente sulle cose che stiamo per dire. Oggi questa misura iene presa sempre più alla lettera e così in molti perdono il dialogo. Tra una lite che porta ad un chiarimento ed un silenzio che fa passare un brutto momento ma fa restare nel cuore sentimenti inespressi sceglierei la lite. Certo la via di mezzo è sempre preferibile, un dialogo sereno, pacato e costruttivo., ma non siamo automi e non possiamo prescindere dai sentimenti, dal momento di gioia o di ira, dal farsi rapire da un'emozione come piangere davanti ad un film, oppure scandalizzarsi se vediamo un'ingiustizia perpetrata ai danni di qualcuno più debole.

I bambini per me sono sempre l'esempio migliore. Noi adulti troppo spesso guardiamo il comportamento dei nostri piccoli e pensiamo che siano in torto, che dovranno crescere e maturare ed allora capiranno come si comporta un adulto. A vedere il mondo sarebbe stato quasi meglio se i bambini di ieri non avessero capito come diventare adulti. Pensate ad un bimbo che vede qualcosa che gli piace, grida, si entusiasma, lo chiede, non si fa problemi di etichetta, non pensa che soddisfare quella gioia potrebbe portare a qualche altra privazione. Gioisce perché nel suo cuore si è aperta una finestra e da quell'apertura vede il sole, il sereno, l'aria pulita e la parte bella del mondo, tutto il resto è fuori, almeno in quel momento, dalla sua portata e l'unica cosa che conta è ciò che ha visto e che gli ha dato una grande soddisfazione. Sarà l'adulto a calmierare i bollenti spiriti del figlio nella praticità della vita quotidiana e nel suo ruolo di educatore. Così dovremmo fare noi, essere sempre pronti a gridare la nostra gioia per ogni cosa che vediamo, appassionarci alle cause a favore del prossimo senza rabbia ma con il desiderio di voler condividere quello che abbiamo nel cuore, invitando chi abbiamo vicino ad affacciarsi insieme a noi da quella finestra che si è appena aperta. Sarà Dio a calmierarci, a dirci di andare più adagio o addirittura in altra direzione, ma sicuramente sarà contento di vederci così entusiasti nella gioia e nell'amore.

Quando morì la mia mamma, dopo essermi pianto addosso per diversi mesi, preso dall'entusiasmo all'uscita da una conferenza di una sacerdote sulle missioni in Camerun, decisi di partire per l'Africa e accarezzai questo sogno per i mesi estivi. Incrocia poi sul mio cammino un sacerdote che alla mia domanda "come posso fare, a chi devo rivolgermi per partire come missionario laico" mi rispose "Tu sei scemo" e mi propose qualcosa maggiormente alla mia portata (avevo 21 anni, l'università a metà percorso, un padre vedovo e di sessant'anni che sarebbe rimasto da solo). Ma sono certo che il mio entusiasmo di voler partire sia piaciuto al Signore che ha raccolto la mia gioia e la mia forza di voler fare qualcosa indirizzandola verso altri lidi.

Così quando Pietro, nell'entusiasmo di essersi trovato davanti Mosè ed Elia ed aver visto la trasfigurazione di Gesù, propone di piantare tre tende Gesù non lo rimprovera, ma lo guarda con il cuor di un Padre che apprezza e sorride per il concitato entusiasmo del figlio.

Ancora una volta il Signore ci fa vedere la bellezza di restare come bambini nel vedere il mondo con la purezza di un fanciullo. Sia per noi un monito a restare entusiasti, a non vergognarci dei nostri sentimenti, a dire "ti voglio bene" quando ce lo sentiamo nel cuore senza fare troppi calcoli di convenienza o di opportunità.

Abbiamo una forza dentro, quella del nostro essere bambini, scateniamola che da sola basterebbe a cambiare il cuore della gente ed il mondo intero.

 

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