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TESTO In realtà non è un "comandamento nuovo"

padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (09/05/2004)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Mentre annunciano la Buona Novella del Regno e della Resurrezione di Gesù, gli apostoli vannno organizzandosi di volta in volta, realizzando una struttura comunitaria sempre più confacente alle necessità della missione e della vita interna ed istituendo persone qualificate per la guida dei fedeli come gli anziani, o per il servizio della comunità, quali i diaconi.

A motivare l'azione degli apostoli e dell'intera comunità ecclesiale è certamente lo stesso Signore Gesù Cristo, il quale aveva promesso che sarebbe rimasto "con loro" fino alla fine del mondo e che pertanto agisce personalmente nelle opere dei suoi missionari; ma quello che qualifica l'essere Chiesa dei cristiani nonché la loro identità nel contesto della varietà delle culture è... un comandamento nuovo: "Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi." Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri" Un monito abbastanza categorico, che non necessita di spiegazioni filosofiche né di interpretazioni o studi di sorta, ma che semplicemente va messo in pratica senza riserve o ritrosie, giacché solo l'amore reciproco, disinteressato, spontaneo e sincero caratterizza i cristiani e in nessun'altra caratteristica essi possono essere riconosciuti tali.

In realtà di comandamento nuovo non si tratta. Esso infatti presenzia già nel libro del Deuteronomio addirittura come il Grande Comandamento: "Io sono il Signore Dio tuo... Amerai il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua forza, con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso", e non è altro che l'epitome compendiosa della Legge di Mosè raccolta nel Decalogo (dieci comandamenti) e perfezionata da Cristo. In alttri termini, si tratta semlicemente della sintesi dei comandamenti che noi conosciamo: che cosa vogliono dire se non il monito: AMA Dio e il tuo prossimo? Sant'Agostino a ragione poi dirà: "Ama e poi fai tutto quello che vuoi", poiché se vivi in questa prospettiva non vi sarà dubbio che avrai ottemperato in tutto e per tutto la Legge di Dio!

Occorre però che ci soffermiamo a riflettere sul PERCHE' sia necessario e fondamentale l'amore reciproco: per quale motivo ocorre che ci amiamo? La soluzione a tale interrogativo la si trova immediatamente considerando lo stesso Grande Comandamento che non esordisce con il monito vacuo all'obbedienza, bensì con l'autopresentazione di Dio: "Io sono il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire da paese d'Egitto..." cioè: che ti ha amato, benvoluto e liberato dalle condizioni di schiavitù e frustrazione, e ora ti chiedo di fare altrettanto con me e con il tuo prossimo; quindi il comandamento dell'amore deriva da questa basilare certezza: "Dobbiamo amarci gli uni gli altri perché Dio ci ha amati per primo ed è pertanto logica conseguenza e criterio di responsabilità che noi ci si ami gli uni gli altri con il medesimo amore con cui per primi siamo stati accettati e benvoluti.

E osserviamo ancora un elemento importante: Gesù ci invita: "Amatevi gli uni gli altri"... Questo vuol dire che è inconcepibile ed inimmaginabile che si possa pretendere di avere considerazione e apertura per i lontani, i nemici o comunque per quanti sono lontani dalle nostre simpatie se prima nella Chiesa non si è capaci di vivere l'amore fra di NOI...

Ed eccoci al tasto dolens. Amore fra di noi non comporta altro che reciproca accettazione, stima, rispetto e valorizzazione delle particolari doti e/o carismi del fratello. Esso comporta in pratica che non si fomentino nelle nostre comunità parrocchiali o ecclesiali situazioni di sospetto dovute a maldicenze, pettegolezzi, mormorazioni atte ad evidenziare i torti o le defezioni dell'altro. Piuttosto, che ci si accetti nei pregi e nei difetti, considerando che tutti abbiamo dei limiti e delle precarietà per cui unico espediente di convivenza reale e di compartecipazione è la CORREZIONE FRATERNA che è ben lungi dal preterndere autoaffermazioni e imposizioni nei riguardi del fratello, ma che comporta il mio reale interesse per il suo bene... Amore fra di noi esige che ciascuno sia accettato e stimato per quello che è, e aiutato nei suoi limiti e che tutti ci si riconosca, mentre ogni malinteso sia chiarito nella concordia. Moltre volte non ci si accorge che a caratterizzare l'amore reciproco fra cristiani o membri di uno stesso ambiente sono proprio le circostanze apparentemente insignificanti e da noi ritenute di secondaria importanza; ci si immagina chissà quali atti di eroismo quando invece l'amore si esprime nelle piccole intenzioni e nelle attenzioni più comuni che possiamo scambiarci gli uni gli altri.Altrimenti non potremo pretendere di amare i nostri nemici, perché non avremo dato di questo amore TESTIMONIANZA.

 

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