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TESTO Commento su Giosué 5, 9 10-12; Seconda Cor. 5, 17-21; Luca 15, 1-3 11-32

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (10/03/2013)

Vangelo: Gs. 5, 9 10-12 ; 2Cor. 5, 17-21; Lc. 15, 1-3 11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-3.11-32

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Come la vogliamo chiamare questa domenica? Quella del figliolo prodigo, oppure del padre misericordioso, o, come da ultima traduzione Cei, la parabola dell'amore misericordioso di Dio?
Dal punto di vista che si vuole guardare cambia la prospettiva della misericordia.
La visione misericordievole patrocentrica fino ad oggi proposta trova una nuova visione nella centralità dell'amore che è misericordioso attraverso l'azione di Dio.
Senza voler entrare in una esegesi del testo oggi risalta chiaro che perno di tutta la Parola proposta è l'Amore, e il padre e i figli sono le spalle (dal gergo dello spettacolo) a questo grande personaggio che invade, o quanto meno dovrebbe invadere, tutta la vita di ciascuno di noi.
Scriveva Charles Peguy "Se mai dovessero perdersi i quattro Vangeli che almeno si salvi questa pagina. Basterebbe!", poiché anche questa parabola aiuta a trovare o meglio a ritrovare quello che forse un po' tutti abbiamo perduto, cioè Dio. Si perché a perdersi e a ritrovarsi sono sì tutti i due figli, ma anche il padre che li abbraccia entrambi.
Riguardando questo testo quante volte possiamo vedere i nostri figli che sbattono la porta e se ne vanno via mentre noi genitori rimaniamo lì incapaci a comprendere le ragioni di tale atteggiamento.
E' il caso di incominciare a smitizzare questo padre che appare come colui che soffre della situazione. Ma se il figlio prende e se ne va, sarà il caso di chiedersi se questo padre non abbia sbagliato qualcosina come genitore???
Quando qualcuno si "allontana" da qualcuno o da qualcosa un motivo ci sarà, o no? Ci si allontana perché forse quella casa e quel padre (emblematica qui la mancanza della figura femminile) ci stanno troppo stretti o non li sono conosciuti bene fino in fondo e allora c'è bisogno di provare nuove "esperienze" che sappiano riempire i vuoti relazionali d'origine.
Ecco qui il parallelismo dell'allontanamento dal padre sta all'allontanamento da Dio, in cui in tutti i due casi la figura del padre e di Dio diventa ingombrante, oppressiva, svuotata di relazione.
Il più piccolo si allontana dal padre perché si sente oppresso, limitato, circoscritto, mentre il più grande si allontana dal padre perché sente la sua relazione più da salariato che non da figlio. In tutti i due momenti di conflitto relazionale sia della dipartita del figlio minore che dell'imbronciamento del figlio maggiore di fatto manca il dialogo tra loro e il padre, diciamo che sui vive una situazione puramente "fisica".
E a questo punto c'è da chiedersi: e il Padre???
L'immagine che appare è quella di una persona che sembra subisca l'azione forte del figlio minore che vuole la sua parte (qui notiamo un elemento di rottura nel quadro consolidato relazionale familiare di allora) e lo lascia andare all'apparenza senza contrastarlo, consapevole di quanto sia importante provare a realizzare ciò in cui si crede. Sembra di vedere più una realtà più del mondo occidentale nordico i cui figli tendono ad allontanarsi precocemente dalla famiglia, mentre il mondo occidentale mediterraneo vede i figli sempre più arroccati nella certezza della famiglia.
Ora, al di là delle disavventure che capitano a questo figlio, cose che succedono anche oggi nel mondo del lavoro e della economia, rimane sempre il comune agire genitoriale verso i figli che è sempre quello dell'attesa sofferente, di preoccupazione, di vigilanza spasmodica perché si realizzino.
Infine abbiamo il figlio maggiore. Un figlio che ha tutto come beni ma gli manca il più: una relazione filiale privilegiata. Un po' come in tante famiglie di oggi, dove la cosa sostituisce o compensa la relazione mancante. Il figlio maggiore giustamente trova da ridire sul comportamento misericordioso del padre verso il figlio minore, il quale trovatosi in difficoltà bellamente se ne è ritornato nella sicurezza della famiglia...ed è emblematico come non ci fosse relazione tra padre e figlio maggiore, ma neanche tra quest'ultimo e il figlio minore.
La risposta del padre al figlio maggiore è: "tutto ciò che è mio è tuo". E si ritorna alle cose prima che alle persone... Non sembra un bell'esempio di famiglia questo della parabola...
E se guardiamo bene manca anche il finale. O meglio il finale è lasciato all'azione del padre, che recupera tutti i due figli ristabilendo una relazione sull'essere che non sulle cose; è lasciato ai figli per i quali si immagina un chiarimento fra loro; è lasciato a quello che poi di fatto è l'alfa e l'omega nella parabola: l'amore.
E l'amore è misericordia... e il resto vien da sé.
Domande:
1) Il mio vedere, giudicare, agire è ispirato ad atteggiamenti di sensibilità, accoglienza, misericordia?

2) Come coppia riusciamo ad aspettarci l'un l'altro nelle nostre scelte, avendo pazienza e attenzione alle esigenze reciproche?

3) Come genitori sappiamo ascoltare, sostenere, correggere i nostri figli attraverso atteggiamenti severi ma d'amore?
CPM di PISA Maria Grazia e Claudio Righi

 

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