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TESTO Se non vi convertirete...

mons. Antonio Riboldi

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III Domenica di Quaresima (Anno C) (14/03/2004)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Convertirsi è un appello che attraversa tutta la storia dell'uomo, dal fallimento della sua scelta di vita, suggerita dal demonio, nel paradiso terrestre; passa attraverso i profeti, che sono sempre la voce ammonitrice di Dio, che richiama l'uomo alla sua identità di figlio; a Gesù che è la voce autorevole del Padre, fino ai nostri tempi e oltre.

Noi, tutti noi, che siamo usciti dalle mani incredibili di Dio, creati per una sola ragione, quella di essere santi e quindi eredi del Paradiso, troviamo difficoltà ad ascoltare la Sua Voce. E ci facciamo facilmente persuadere da satana, che sa inventare mille insidie per catturarci e fare della nostra vita una terribile schiavitù del male. E siamo infelici... tanto infelici... e anziché essere alberi, che rallegrano la terra per i tanti frutti che producono, frutti di carità, di santità, preferiamo essere alberi che fanno sfoggio di sole foglie come se queste fossero il fine per cui l'albero è stato piantato.

Basta avere occhi capaci di osservare in profondità noi stessi e tanti fratelli, che sono attorno a noi e ci accorgiamo che la loro vita è come una chiacchierata senza senso, senza contenuto..ossia alberi di solo foglie. Alberi che forse non sanno che presto o tardi, come osserva Gesù, "il freddo dell'ascia colpirà alle radici". E torna allora, ancora una volta l'accorata voce del Padre che scende tra noi, come fece nell'Eden con Adamo ed Eva e ci cerca con quell'immutabile amore che è la sua natura, e con voce accorata si rivolge a ciascuno di noi: "Uomo, dove sei?" In altre parole: "Torna a casa. Sii quello che certamente, nel profondo della verità del cuore, vorresti essere, ma non sai o non vuoi liberarti, come se le carrube destinate ai porci, unico cibo che offre satana, ti saziassero". E' come nascondersi dietro la foglia di fico, quello dello scandalizzarsi che le cose non vanno bene..che bisogna mettere fine a questo sconcio di mondo, che pare abbia abbattuto tutte le frontiere della bontà, della giustizia, della stessa dignità, finendo naufrago in una pozzanghera. Gesù ci invita in questa Quaresima a "cambiare vita", a dare ascolto alla voce del Padre: "Uomo dove sei?" Quante volte viene voglia di scuotere tanti fratelli e tante sorelle, vittime delle falsità del mondo, e mostrare loro la bellezza del ritorno alla casa del Padre.

Ma si ha come l'impressione che ci si trovi di fronte a troppi che maledicono questo mondo che non offre più speranza, e non si lasciano convincere dalla dolcezza della voce del Padre che chiama: "Uomo dove sei?"

La Parola di Dio oggi si fa come via per una Quaresima di conversione.

Luca ci fa assistere ad un dialogo fra Gesù ed alcuni che Lo seguivano. Gli pongono una di quelle domande imbarazzanti che forse potremmo porGli anche noi oggi, di fronte a fatti atroci che non sappiamo spiegarci...

Pilato, con l'arroganza dei potenti, che si credono "padroni e non servi degli uomini", seguendo la sola regola del potere, non solo aveva ordinato la morte per alcuni. Galilei, ma questa condanna doveva essere eseguita addirittura in un luogo sacro, al punto che il sangue degli uccisi si mescolò con il sangue dei sacrifici rituali. La domanda di fondo posta a Gesù, in altre parole aveva questo significato: "Perché si disprezza tanto la vita dell'uomo? Perché i suoi sacrosanti diritti, dono di Dio, vengono impunemente calpestati?" e potremmo aggiungere oggi: "Perché tanti bambini sono condannati a morire di fame e di sete senza nessuna colpa? Perché tanti vengono emarginati come se non ci fosse per loro il diritto a sedersi alla mensa che Dio ha preparato per tutti gli uomini?" e per stare nell'onda del discorso di Gesù, che cita un fatto capitato a Siloe, dove morirono 18 persone per il crollo di una torre - di quali colpe si sono macchiati i tanti che muoiono per cause naturali, come nei terremoti o in altre catastrofi naturali? E con il coraggio del dolore, che a volte non sa conciliarsi con l'amore, potremmo chiedere a Gesù, chiamato a vivere nella propria carne l'esperienza di fare fino in fondo la volontà del Padre, cosa voglia dire: "Dio ama tanto il mondo da mandare Suo Figlio?" E' una domanda che ci viene tante volte sulla bocca, a volte fino a farci dubitare dello stesso amore di Dio, se non addirittura a contestarlo, come fece Giobbe.

Ci risponde Dio stesso con quella solenne dichiarazione, che esce direttamente dalla bocca di Dio e che leggiamo oggi nella chiamata rivolta a Mosè: "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei sorveglianti: conosco, infatti, le sue sofferenze.

Sono sceso a liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele. (Es.3,13-15)

Una solenne dichiarazione di Dio, che non si sofferma a guardare le sofferenze o gli sbandamenti dell'umanità, come facciamo noi, fermandoci forse al gesto di strapparci i capelli per l'indignazione, ma senza porre rimedio, ma "si fa vicino all'uomo", alla sua disperazione alla sua affannosa ricerca di serenità dell'anima che è il ritrovare nella conversione la dolcezza dello sguardo del Padre. E si fa vicino non in maniera ideale, ma reale. E' quel farsi compagno di vita e cammino che Gesù, dono del Padre che, ripeto, tanto ci ama, fa con noi. Un farsi vicino alle nostre piaghe, noi che tante volte ci sentiamo, per tante ragioni, come dei semivivi, come l'uomo abbandonato dai briganti sulla via che da Gerusalemme porta a Gerico.

Non è un Dio che, come il sacerdote ed il levita, passano, vedono e passano oltre, ma si fa vicino, si prende cura e se noi ci facciamo amare da Lui, ci riporta alla vita, come il vero buon Samaritano.

Ma la difficoltà è in noi che, ingannati dal mondo o dalla nostra superbia o dalla nostra ignoranza, preferiamo tapparci le orecchie per non sentire la dolcissima voce del Padre: "Uomo dove sei?" Sappiamo tante volte che abbiamo bisogno di una vera conversione interiore, ma stentiamo a voltare le spalle ad una vita che dà amarezza, e abbiamo come paura di fissare il nostro sguardo su Gesù e accettare la sua mano.

Ma Lui ci avverte, con insistenza: "Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo" (Lc.13,1-9). Viene voglia di pregare il Signore usando le parole del padrone dell'albero: "Lascialo, Signore, ancora quest'anno, finché io gli zappi intorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutti per l'avvenire: se no lo taglierai".

Saremo capaci di udire il richiamo paterno di Dio: "Uomo dove sei?" ed avere il coraggio di dirgli tutta la nostra debolezza: "Mi sono nascosto perché sono nudo?". E' qui che si incontra la verità nostra e la bontà di Dio.

Vorrei pregare Dio, oggi, con questa preghiera: "Signore, Dio della mia esistenza, siediti accanto a me; ho tanto da imparare da te. Mi sento come una brocca vuota, inaridita dal peccato e dalla mia mediocrità. Solo Tu puoi riempire con la tua grazia la mia sete di te, del tuo perdono, della tua presenza, sorgente di acqua viva, pura, allegra ed eterna. Oggi, alla luce della tua parola ti chiedo: donami i tuoi occhi limpidi per guardare tutti con verità e amore. Donami le tue mani aperte per accogliere i fratelli con tenerezza e amicizia. Donami le tue parole di vita per donare consolazione e aiuto e ridurre al silenzio ribellioni e critiche. Signore, solo così la mia fragile brocca, che ha sapore di morte senza di te, sarà traboccante dei tuoi sentimenti grandi, fatta canale umile e sincero della tua acqua zampillante...come la fontana del mio paese, pronta a offrire acqua limpida a noi assetati di serenità, di bontà, di pace."

 

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