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TESTO Pastore perchè innanzitutto Agnello!

padre Gian Franco Scarpitta  

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (02/05/2004)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

La prima cosa che balza subito agli occhi mentre si riflette su questa pagina evangelica è il fatto che Gesù si qualifichi pastore di noi sue pecorelle, ma sarebbe opportuno che ci soffermassimo innanzitutto su una frase che, a mio giudizio, coglie nel segno: "Io e il Padre siamo una cosa sola." Questa espressione serve a Gesù per rispondere alla curiosità dei Giudei che lo stanno mettendo alla prova per cercare un cavillo con cui accusarlo per condannarlo a morte: v. 24: "sei tu il Messia?"

"Io e il Padre siamo una cosa sola" è la risposta più appropriata da parte di Gesù per che Egli con l'espressione SIAMO intende affermare l'identità fra lui e il Padre e con la frase IO E IL PADRE ne afferma la distinzione. In parole povere Gesù sta rispondendo che Lui è Dio come il Padre nonché unito al Padre sin dall'eternità, e in questo si sta affermando la verità del mistero di Dio Uno in tre Persone: Padre Figlio e Spirito Santo.

E questo fonda la sua legittimità a qualificarsi Cristo o Messia, preannunciato dai profeti ed inviato per la salvezza del mondo; un Messia che si renderà Agnello, ossia vittima per l'espiazione dei nostri peccati, così come afferma la Seconda Lettura, tratta dall'Apocalisse.

E qui entriamo nel merito di un'altra riflessione importante: Cristo, Dio Messia è pastore ma anche Agnello.... Come spiegare questa apparente contraddizione? Come poter conciliare il fatto che Gesù sia il pastore delle pecore con il fatto che sia allo stesso tempo lui stesso Agnello immolato, cioè bisognoso di protezione e di sostegno?

La risposta la si trova in un concetto più volte espresso in questi interventi: Gesù nulla ha mai insegnato, nulla ha mai proferito che non abbia in primo luogo sperimentato su se stesso e sulla propria pelle. E' anzi in forza della sua sperimentazione della precarietà umana e dell'assimilazione delle umane debolezze che Cristo è attendibile in quello che dice; nel caso presente Egli è pastore nonché guida delle pecore non già perché intenda imporre la propria arbitrarietà incontrastata sulle medesime o un qualsivoglia potere indiscusso ed incontrastato ma per il fatto che ha voluto, lui per primo, sperimentare l'essere pecora nella parte più umile e deprezzabile del gregge: quella dell'agnello destinato al macello. Si tratta di un pastore Dio che ha quindi innanzitutto condiviso la condizione di sottomissione e insignificanza delle pecore e perfino dell'estrema categoria del gregge gli agnelli, e pertanto adesso a maggior ragione è nella legittima condizione di essere loro guida.

Per fare un'analogia utile, nessuno può pretendere di ricoprire incarichi di responsabilità o importanti posizioni senza aver prima esperito la sudditanza e l'immolazione di servizio che essa comporta, e senza aver fatto esperienza in prima persona delle prove e delle frustrazioni della sottomissione medesima; nessuno potrà mai affermare di essere superiore qualificato e in grado di gestire il bene comune del gruppo che gli viene affidato se prima non sarà stato capace di obbedire anche quando questo dovesse comportare dolori. Tale concetto solo Lui, Gesù, il Figlio di Dio può renderlo attendibile, avendo lui steso scelto di essere agnello ucciso per posi essere pastore.

In Gesù Cristo pastore del gregge avviene che Dio stesso provvede alle pecore così come aveva profetizzato in Israele, sicché accogliendo Cristo si accede anche a Dio Padre.

Tuttavia occorre da parte nostra... essere pecore. Cioè essere disposti ad ascoltare la sua parola e sottomettersi ai suoi insegnamenti con fiducia riconoscendone la validità, essendo Lui l'unica nostra guida. Quello che ci si chiede è insomma non porre obiezioni a Cristo in tutto quello che ci chiede attraverso la Chiesa fondata a sua volta dal martirio costante degli apostoli di cui alla Prima Lettura. Certo seguire Cristo in tutto e per tutto e vincolarci in ogni circostanza alla sua parola specialmente nelle situazioni avverse non sempre è cosa facile: molte volte occorre rinunciare alle proprie idee personali e alle proprie scelte; in molti casi ci si chiede perfino di abbandonare i nostri progetti di vita personalmente impostati per adottare quelli che a volte in modo aspettato Lui viene a rivelarci; e non sono affatto rare le circostanze nelle quali la nostra testimonianza di Lui nel mondo comporta di essere perseguitati, dileggiati e scherniti. Molte volte si manca di coraggio perfino a qualificarci suoi seguaci. Ma proprio in questo consiste l'eroismo del cristiano: nel vivere Cristo in tutte le dimensioni del vissuto, anche quelle più sacrificate, ricordando che proprio Lui ha voluto per primo esperire il sacrificio della mansuetudine tipico dell'agnello che si lascia condurre al macello.

 

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