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TESTO Amore di Dio, convinzione e vocazione

padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/02/2013)

Vangelo: Lc 5,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Una differenza sostanziale intercorre fra la pagina di Isaia e quella del Vangelo di Luca, entrambi allusivi alla chiamata vocazionale. Nel caso del profeta figlio di Amoz, in seguito alla visione della magnificenza divina e dei cherubini, avviene che lo stesso Isaia si offre spontaneamente alla missione divina: "Chi manderò, chi andrà per noi?" "Eccomi, manda me" e questo è forse l'unico caso nella Scrittura nel quale l'eletto propone se stesso per un mandato di annuncio da parte di Dio. Nel brano evangelico, Luca narra di una pesca miracolosa al termine della quale il Signore chiama Pietro ad essere "pescatore di uomini". Il fenomeno che qui si descrive è differente da quello della pesca prodigale raccontata da Giovanni: in questa avviene che il Signore, ormai risorto, si mostra in incognito ai suoi discepoli e solo dopo il fatto della raccolta miracolosa il discepolo amato proclama "E' il Signore" (Gv 1, 1 - 8). Isaia si offre spontaneamente, in Luca è il Signore che chiama Simon Pietro per l'opera missionaria, ma nell'uno e nell'altro caso Dio è sempre il protagonista iniziale del dialogo confidente con l'uomo, che scaturisce nella chiamata vocazionale specifica.

Il procedimento percorre alcune tappe imprescindibili: la rivelazione di Dio al soggetto, l'accoglienza di questa rivelazione nella fiducia e nella spontaneità, il dialogo e la comunione fra Dio e l'uomo, la chiamata alla missione specifica. Come potrebbe instaurarsi infatti un rapporto di fiducia per un incarico importante senza opportune premesse di familiarità e di dialogo? E' proprio di Dio chiamare, qualche volta anche improvvisamente e ex abrupto, tuttavia non senza instaurare innanzitutto una relazione di dialogo con i suoi interlocutori, fondata sull'amore e sulla confidenza. Nella Scrittura si legge di smarrimenti iniziali da parte dei profeti, di scoraggiamenti, impressioni di incapacità ad eseguire il mandato loro affidato... Tutto però si risolve nell'intervento di Dio, che infonde sollievo e rinfranca. Dio non manca di incoraggiare, esortare, risollevare e ridare tempra e fiducia e questo sempre a vantaggio dei suoi emissari, i quali intraprendono la missione forti dello sprone e del sostegno ricevuto.

La capacità di chi esegue il mandato di annuncio non dipende mai dalle prerogative personali del soggetto, mai dalle forze o dalle capacità della persona chiamata, ma dai mezzi con cui essa viene equipaggiata. A volte si descrive anche di situazioni iniziali di analfabetismo e di ignoranza che danno l'impressione di inettitudine e di indegnità, ma anche a queste lacune Dio provvede sempre nel modo più consono e adeguato, provvedendo egli stesso alle parole profetiche da proferire. Il tutto però scaturisce da un rapporto di confidenza imprescindibile fra Dio e l'uomo, che del resto caratterizza anche la Rivelazione: essa non è astratto indottrinamento di norme passive e sterili, non è un nozionismo esasperato di lezioni o moniti da apprendere e mettere puntualmente in atto, ma è la costruttiva ed esaltante autocomunicazione che Dio fa di se stesso all'uomo, l'intrattenimento che Dio instaura personalmente con tutti e con ciascuno.

Se non si concepisce la realtà dell'ì ncontro dell'uomo con Dio, neppure sarà possibile comprendere la propria vocazione: come mettere in atto il progetto divino su di noi se non si è entrati nell'ordine del dialogo e della relazione d'amore con Lui? Peggio ancora: come poter corrispondere alla nostra vocazione se non la si concepisce realmente come vocazione, cioè come chiamata trascendente che non dipende dalle nostre potenzialità e dalla nostre personali capacità?

Abbiamo individuato una delle soluzioni al problema odierno (in realtà di sempre) della risposta alla chiamata vocazionale alla speciale consacrazione del sacerdozio e della vita religiosa: l'esperienza primaria personale di Dio. Nella misura in cui nella vita personale di ciascuno si realizza una dimensione di rapporto filiale e aperto con Dio, se davvero a Lui si attribuisce il primato assoluto nelle nostre scelte e delle nostre decisioni, se si concepisce in senso reale e non metaforico la centralità di Gesù Cristo nel nostro quotidiano, allora questa familiarità non mancherà di apportare disimpegno nel nostro specifico di chiamata. Nella misura in cui il nostro rapporto con il Signore è autentico e fondato, nella misura in cui ci si immerge nei suoi progetti sempre pronti a fare la sua volontà, tanto più facile sarà la risposta alla vocazione, qualunque essa sia, di qualsiasi ordine ed entità. E più facile sarà anche corrispondere per alcuni al divino progetto della speciale consacrazione.

Ricordo da ragazzino che i primissimi, titubanti, pensieri verso il sacerdozio furono accompagnati da uno spontaneo esercizio di preghiera personale che realizzavo a parole mie con il Signore tutti i giorni e questo incuteva sempre più in me la certezza di non essere solo nelle mie scelte di vita futura, e di conseguenza mi approssimavo con sempre più sollecitudine verso quella che ritenevo fosse la mia vera destinazione.

Per vincere la paura occorre agire, vincere ogni esitazione, rompere qualsiasi indugio senza procrastinare e siccome il coraggio nessuno lo da a se stesso (Manzoni) è da Dio che viene la fine di ogni titubanza. La paura dell'imprevisto, il timore di sapere quel che si lascia senza conoscere quel che si trova, l'incertezza sono certo all'origine di ogni itinerario vocazione, specialmente quello sacerdotale e religioso, ma si attenuano e scompaiono quando si trova solo in Dio la ragione della propria scelta comprendendo che solo Dio può attrezzarci e indirizzarci, semplicemente perché ci ama.

Ma come realizzare concretamente questo rapporto di reciproca fiducia comunionale con il Signore? Come intessere la nostra vita unicamente sulle sue orme senza precipitare nella tentazione di autosufficienza e di orgoglio? Credo sia irrinunciabile la preghiera, il ricorso ai Sacramenti, soprattutto all'Eucarestia. Non meno importante è il Sacramento della Riconciliazione, la Direzione Spirituale, la meditazione e la richiesta di lumi allo Spirito Santo.Valido ausilio è anche la carità operosa, la dedizione agli altri e l'impegno ad una vita di fedeltà e di corrispondenza evangelica, poiché è vero che la fede ci porta a vedere Dio dappertutto. Il discernimento spirituale comporta però una costante lotta contro se stessi e contro le innumerevoli seduzioni del consorzio di questo secolo, la lotta contro le insidie dell'Avversario e il combattimento spirituale e non di rado la fuga dalle accattivanti seduzioni che si pongono in alternativa a Dio e alla sua Parola. E alla radice di tutto risiede la condizione dell'umiltà.

Con questi mezzi si acquisisce senza riserve quella sicurezza e quella determinazione che Gesù chiede a Pietro e agli altri discepoli quando dovranno abbandonare le reti per seguirlo in tutti i luoghi.

 

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