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TESTO Gesù, passando in mezzo a loro, camminava

mons. Gianfranco Poma

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/02/2013)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Il brano del Vangelo di Luca che la Liturgia della IV domenica del tempo ordinario ci propone (4,21-30) inizia riprendendo esattamente l'ultima frase della domenica precedente: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". Gesù proclama che lui stesso inaugura il tempo della grazia promessa dal profeta. Luca che nella sua narrazione vuole rimanere fedele alla testimonianza di coloro che hanno visto gli avvenimenti accaduti, sottolinea fortemente questo "oggi" della salvezza: nel suo Vangelo, dall'inizio alla fine, la parola "oggi" ritorna sei volte, e costituisce come il filo che lega e dà il senso alla trama degli avvenimenti. La Liturgia, ripetendo in questa domenica la stessa frase, vuole farci sperimentare la presenza continua dell' "oggi" di Gesù: la fede è l'esperienza della grazia che il Signore dona a noi che oggi ascoltiamo la sua parola e crediamo che lui è vivo ed è con noi.

Una lettura attenta dell'opera di Luca, Vangelo e Atti degli Apostoli, rivela che Luca interpreta la novità della persona di Gesù costruendo una Cristologia e una ecclesiologia del dono: la vita di Gesù è posta sotto il segno del dono, dall'inizio alla fine. Luca riassume tutto il Vangelo dicendo nell'ultima cena che Gesù "prese il pane e dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo donò loro dicendo: ‘Questo è il mio corpo donato per voi' (Lc.22,29)". Negli Atti degli Apostoli, Gesù, attraverso l'apostolo Paolo, dice ancora che la gioia della vita si trova nel dono: alla fine del suo commosso saluto ai discepoli di Mileto, Paolo invita a "ricordarsi delle parole di Gesù che diceva: ‘C'è più gioia nel donare che nel ricevere'" (At.20,35). La logica del dono che regge tutta la vita di Gesù, nell'ultima cena, è messa sotto il segno della memoria: "Fate questo in memoria di me" (Lc.22,19). Negli Atti (20,35) Paolo a sua volta dice: "Ricordatevi...", mettendo per i suoi discepoli una priorità del donare sul ricevere. Anche per Paolo la lettura della vita di Gesù è tutta sotto l'angolatura del dono. Nella lettera ai Romani, egli ricorda: "Lui che non ha risparmiato il proprio figlio ma l'ha donato per noi tutti, come con il figlio suo, non ci darebbe tutto?" (Rom.8,32).

Luca che ha ormai assimilato l'esperienza interiore di Paolo, insiste descrivendo la storia come l'oggi di Dio che si dona, nel dono del Figlio e dello Spirito: narrando la vita di Gesù come dono, l'esperienza di Dio e di conseguenza dell'esistenza umana si fa nuova. Se il vertice del dono è raggiunto nell'offerta che Gesù fa della sua vita, un dono ancora più grande è quello del Padre che ridona la vita al Figlio nella risurrezione: anche per il Padre c'è più gioia nel donare che nel ricevere.

Il dono che è Gesù, illumina il mistero della redenzione da lui operata, e rivela il mistero di Dio che sta all'origine di tutto ciò che esiste, e il mistero del cuore dell'uomo, creato ad immagine di un Dio che è essenzialmente "donatore": tutto è dono che chiede di essere accolto e ridonato in un dinamismo inarrestabile.

Questo ci introduce nel senso del brano del Vangelo che oggi leggiamo.

Nella sinagoga di Nazareth, fra i suoi compaesani, Gesù ha proclamato che il tempo della grazia, compimento della profezia, è venuto.

Poi il racconto procede e gli esegeti fanno notare la difficoltà per la comprensione di questo testo che presuppone dei fatti ancora non accaduti. Concludono quindi che Luca abbia costruito questo brano, anticipando una sintesi che, alludendo a tutta la vita di Gesù, illumina il significato della sua missione: egli scrive per la sua comunità, simbolizzata dalla sinagoga di Nazareth, per dire in modo narrativo, quello che Giovanni dichiara nel prologo del suo Vangelo: "Venne tra i suoi e i suoi non lo hanno accolto" (Giov.1,11).

Perché i compaesani di Gesù, "che gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca", così velocemente hanno cambiato atteggiamento verso di lui, fino a scacciarlo dal paese e cercare di ucciderlo?

"Testimonianza", "meraviglia", "parole di grazia", possono esprimere valori interpretabili a diversi livelli: possono essere emozioni immediate o valori che coinvolgono tutta la vita.

Luca aggiunge: "E dicevano: ‘Ma costui non è il figlio di Giuseppe?'", e comincia a dirci che i cittadini di Nazareth sono meravigliati per questo loro compaesano che qualificano per quello che ritengono il padre biologico e dal quale sperano che il loro povero paese tragga vantaggio. Essi sono "meravigliati" per quello che hanno sentito dire di lui, per la sua fama, ma oltre al fatto che sia "il figlio di Giuseppe", non vanno: la domanda chi sia lui, neppure li sfiora. Comincia Luca a farci capire che il rischio più grande che i "suoi" possono correre è l'impossessarsi di lui, per ottenere gloria e vantaggi per sé e potersi ritenere migliori degli altri.

"E disse loro: Di sicuro voi mi citerete questo proverbio: ‘Medico cura te stesso. Quanto abbiamo udito che hai fatto a Cafarnao, fallo anche qui nella tua patria'". È lui stesso, Gesù, che svela i loro desideri inconsci, che essi non osano neppure esprimere: che lui si preoccupi della sua patria e di loro.

"E dice anche: ‘In verità vi dico: Nessun profeta è accolto nella sua patria, anzi, veramente vi dico...". Quello che Luca fa dire da Gesù è in realtà il suo programma di vita, la dichiarazione autorevole di tutta la sua logica: è la logica di Dio, la logica del dono. Il profeta parla e agisce in nome di Dio: testimonia la presenza di Dio nella storia. Gesù, con riferimento ad alcuni fatti della storia, mostra che l'uomo di Dio non è ripiegato su se stesso: il profeta non è radicato in se stesso, nella sua patria; non parla e non agisce per giustificare il principe o per gratificare il popolo. All'inizio del cammino di fede del popolo di Dio sta Abramo, chiamato da Dio ad uscire dalla sua terra, dalla sua parentela e dalla casa di suo padre (Gen.12,1).

Gesù proclama l' "oggi" di Dio: tutto è grazia, tutto è dono. Non si può trattenere per sé il Dono, non si può usarlo per sé.

"Gesù era entrato come ogni sabato nella sinagoga di Nazareth, dove era stato allevato": ha proclamato una lieta notizia. I suoi volevano circoscriverla alla loro patria: volevano fermare l'irruzione nel mondo di una logica che invece non è più contenibile, quella della grazia di Dio. Non bastano i legami del sangue o la condivisione culturale e neanche quella morale, per entrare nell'esperienza di un Dio che vuole essere solo Amore, dono, perdono, che invita a ricordare che "c'è più gioia nel donare che nel ricevere": non può capire l'Amore chi vuole solo ricevere.

Luca conclude il suo racconto-programma dicendo: "all'udire queste cose, tutti, nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono, lo condussero fuori dalla città, per gettarlo giù". Non sanno che farsene di uno che manifesta di non avere quello che per loro è il senso concreto della realtà...!

Nella sua opera, Vangelo e Atti, Luca mostra che il lieto annuncio ormai è aperto all'universo: non può essere fermata una Parola che annuncia e dona l'Amore, non è proprietà di nessuno, di nessuna casta, di nessuna chiesa... Chiede di essere accolta e donata, non vuole porre radici in un terreno che la freni.

"Gesù, passando in mezzo a loro, camminava": vogliono scacciarlo, ma è lui, che passa in mezzo a loro. Alla fine penseranno di prendere Gesù, ma sarà lui che si dona.

Ed è bellissimo questo imperfetto: "camminava". È cominciato il cammino dell'Amore-dono, l' "oggi" di Dio: non si fermerà più.

 

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