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TESTO Sarà chiamato Nazareno

Ileana Mortari - rito ambrosiano  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (anno C) (27/01/2013)

Vangelo: Mt 2,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

E' noto che i primi due capitoli di Matteo (come anche i corrispondenti di Luca) appartengono ad un particolare genere letterario, detto "vangeli dell'infanzia", i quali non hanno un intento storico-cronachistico, ma si propongono di leggere gli episodi dei primi anni di vita del Signore in relazione alle Scritture e al complessivo piano divino di salvezza: da questa lettura "teologica" emerge che ogni aspetto della vicenda di Gesù è stato preannunciato nell'A.T. e rappresenta dunque una realizzazione del progetto divino, annunciato nelle parole dei profeti.

Tipiche di Matteo sono le cosiddette "citazioni di adempimento" che mostrano appunto il nesso tra i preannunci delle Scritture e i singoli momenti della vita del Nazareno. Si tratta di ben 11 passi, a dimostrazione che il Cristo non può non essere il Messia promesso, se tante profezie hanno avuto realizzazione in Lui.

Così, nella pericope dei vv.13-15 del 2° cap. si vede che il santo Bambino, perseguitato da Erode (come Mosè lo era stato dal faraone) deve andare esule in Egitto (come Mosè fu esule a Madian). Ma poi, come Jahvè aveva salvato il suo popolo - il figlio prediletto - dall'oppressore con l'esodo dall'Egitto, così ora Dio chiama dallo stesso paese Gesù; si adempiono le parole del profeta Osea "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio": Gesù è il vero Figlio di Dio, nel senso proprio e totale del termine.

I "vangeli dell'infanzia" ci presentano alcuni episodi relativi a Gesù, Maria e Giuseppe, la Santa Famiglia, che fin dagli inizi non ha certo vita facile, viste le notevoli difficoltà incontrate al momento della nascita del Redentore e poco dopo con la fuga in Egitto: è questo un aspetto dell'incarnazione del Figlio di Dio, che ha voluto condividere in tutto - eccetto il peccato - la nostra condizione umana; egli ripercorre le vicende dell'esodo, riassumendo in sé le vicende di dolore, di sofferenza e di fatiche del popolo di Israele e di tutta l'umanità. E sperimenta il soccorso di Dio, attraverso l'opera di Giuseppe.

Vale infatti per Gesù quello che vale per ogni uomo che viene in questo mondo: ogni uomo, anche quello più forte e potente, nasce debole e bisognoso; ha bisogno di protezione, di cibo, di un sorriso amico che lo faccia sentire accettato! Gesù non è stato esonerato da queste necessità elementari: è nato come un figlio dell'uomo, ha avuto bisogno della protezione e dell'aiuto concretamente fornitigli da Maria e Giuseppe.

Si osserva generalmente che la Santa Famiglia è modello per tutti noi: non a caso, il fattore dominante della sua vita è il rapporto con Dio, che interviene mediante un angelo che parla a Giuseppe in sogno; ricordiamo come quest'ultimo, nella cultura semitica, non sia un vaneggiare nell'inconscio, ma luogo di incontro con Dio: "Alzati, prendi con te il bambino.......e va' nella terra d'Israele........", dice l'angelo e Giuseppe obbedisce prontamente: "Si alzò, prese il bambino......ed entrò nella terra d'Israele". Giuseppe è fulgido esempio e modello di vita di fede: sta costantemente in ascolto del Padre, per lasciarsi guidare nei momenti difficili, senza la presunzione di conoscere da solo il cammino da percorrere per mettere in salvo la sua famiglia.

Questo costante e imprescindibile rapporto con Dio dovrebbe caratterizzare ogni famiglia in ogni tempo. Come osserva giustamente don Luigi Pozzoli, "tu che sei padre o madre credi di sapere che cosa voglia dire amare, mentre ancora non ne hai la piena consapevolezza o non ne conosci ancora la misura: è solo il Padre che è nei cieli che te lo può insegnare. E' lui che ti educa a riservare la tua attenzione premurosa, soprattutto a chi nella famiglia è più debole e indifeso, a capire le difficoltà che sta attraversando, a difenderlo dai pericoli che potrebbe incontrare sul suo cammino, a sperare con una speranza fiduciosa e incrollabile nella possibilità di superare tutte le prove, anche le più dolorose..........Maria e Giuseppe hanno atteso, pregato, sperato. Le difficoltà le hanno affidate al Padre." (tratto da "L'acqua che io vi darò", pagg.36-7)

I vv.19-22 spiegano perché Giuseppe si stabilì con la famiglia non in Giudea, ma in Galilea: erano morti i persecutori di Gesù (circostanza che ancora richiama quella di Mosè in Es.4,19); ma la presenza in Giudea del figlio di Erode Archelao, non meno crudele e tirannico del padre, orienta Giuseppe in direzione della Galilea, a ciò confortato da un secondo avvertimento divino a mezzo di un sogno. Di fatto, storicamente, può esserci anche questa spiegazione: Giuseppe, che svolgeva un'attività collegata con l'edilizia, probabilmente si stabilì a Nazaret perché avrebbe potuto trovare abbondante lavoro nei pressi di Sefforis, che a quel tempo Erode Antipa stava ricostruendo come sua capitale.

A questo punto troviamo un'altra citazione di adempimento pure tratta dai profeti, "Sarà chiamato Nazareno" (v.23): probabilmente Matteo vuole stornare dall'appellativo (attribuito a Gesù dalla tradizione giudaica) l'alone di disprezzo suscitato dall'irrilevanza della borgata di provenienza: Nazareth era un paese piccolissimo, con pochissimi abitanti, mai citato nell'Antico Testamento. L'origine nazaretana era anche uno degli elementi del conflitto che opponeva il cristianesimo al giudaismo, secondo cui Gesù non poteva essere il Messia, vista la sua origine da un luogo che non ricorre affatto nell'Antico Testamento.

Per spiegare il significato di "nazareno" l'evangelista utilizza lo strumento (proprio dell'esegesi ebraica) della paronomasia, o somiglianza dei nomi; egli dimostra che c'è un nesso tra Gesù di Nazaret e l'A.T. perché individua nelle Scritturedue termini assonanti con Nazareno (in greco "nazoraios"), che "riscattano" lo spregiato nomignolo: "nazìr", il "consacrato", cioè una persona particolarmente "santa" e dedicata al Signore (cfr. Gdc.13,5.7), quella che la missione del Figlio rivelerà, e "nétzer", "germoglio", che Isaia (profeta messianico per eccellenza secondo Matteo) usa in senso appunto messianico (cfr.11,1), quando annuncia il virgulto che spunterà dal tronco di Iesse.

Cioè: il soggiorno di Gesù a Nazareth non è casuale, ma rientra nel piano divino. Il nome stesso del piccolo centro abitato ci ricorda che Cristo è dono di Dio, a Lui consacrato, è un germoglio prodotto non dal nostro tronco secco, ma dalla fecondità di Dio.

Dobbiamo ricordare che, nei racconti dell'infanzia, i titoli riferiti a Gesù sono: il nome Gesù, Dio con noi (=Emmanuele), Figlio di Dio e Nazareno; nel racconto di Matteo ogni nome ha un suo significato e contribuisce a indicare la vera identità del Figlio di Dio fatto uomo. Come detto sopra, l'appellativo Nazareno è dispregiativo perché, al contrario delle aspettative tradizionali circa il Messia, che doveva manifestarsi in modo glorioso e trionfante, denota l'umiltà delle origini di Gesù; ma proprio qui sta la novità cristiana: il Figlio di Dio è il "Nazareno".

Paolo VI, visitando Nazareth, il 5 gennaio 1967, così esortava le famiglie: "Nazareth è la scuola in cui si è iniziato a comprendere la vita di Gesù, scuola del Vangelo. Vi si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa tanto umile, semplice manifestazione del Figlio di Dio. Forse si impara quasi insensibilmente ad imitare la lezione di silenzio.O silenzio di Nazareth, insegnaci il raccoglimento, l'interiorità. Insegnaci la necessità del lavoro, dello studio, della meditazione, della vita interiore personale, della preghiera, che Dio solo vede nel segreto."

 

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