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TESTO Settecento motivi di gioia

don Cristiano Mauri  

2a domenica dopo Epifania (anno C) (20/01/2013)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Guarda quelle giare, quelle sei giare di pietra.

Le vedi? Stanno lì riverse a terra con il vuoto di un'inutile capacità e l'ironia di un numero che scarta la perfezione. Meriterebbero ben altro rispetto, ché mica son giare qualsiasi. Il rituale della purificazione per la tradizione giudaica non è certo un accessorio. Ne va della comunione con Dio, della possibilità di presentarsi degnamente a Lui, del preservare e preservarsi da contaminazioni perniciose. Rappresentano una fede scrupolosa, attenta, ligia al dovere e alla regola e capace di penetrare tutte le dimensioni del quotidiano. Pur con tutte le deformazioni di una religiosità legalistica e auto-giustificatoria, richiamano con forza il legame che Dio ha tratto con il suo popolo mediante la Legge. Eppure giacciono trascurate come vuoti a perdere, indegne, ormai, di ogni considerazione. Come ciò che appare obsoleto o non più adatto al suo scopo; come ciò di cui non si coglie più il senso e il valore; come qualcosa che sembra non aver più futuro alcuno, al punto da non meritare neppure di venir riposto con cura.

Ascolta quelle giare, quelle sei giare di pietra.

Parlano di una religione svuotata dei suoi significati, un ritualismo freddo, cieco e sordo. Dicono del fallimento delle capacità umane nel tentativo di raggiungere Dio per manipolarlo e piegarlo ai propri capricci. Descrivono l'insufficienza di una fede perduta nelle suggestioni dell'esteriorità. Raccontano la possibilità dello smarrimento e del dubbio, la tentazione della trascuratezza, l'insidia della perdita delle priorità, il pericolo di lasciar cadere la ricerca della comunione con Dio.

Guarda e ascolta quelle giare, quelle sei giare di pietra.

Hanno l'aspetto e la voce di tutte le situazioni in cui l'esperienza di fede si svuota di consistenza, senso, fascino e valore. Una vita di preghiera abbondante e sincera ma che sembra non condurre a nulla spingendo allo scoraggiamento. Una parola della Chiesa o dei suoi rappresentanti che urta, appesantisce, ferisce e, per la sua distanza, raffredda il cuore. Il dubbio che tutto il deposito della Fede non sia altro che un inganno ben architettato. La stanchezza che le preoccupazioni della vita mettono nel cuore rendendolo grigio e apatico. Il disorientamento e la confusione interiore che gli scossoni della vita sollevano nel cuore. Il rigetto di pratiche ripetitive e distanti che non sanno parlare alla vita. La pigrizia e la trascuratezza che impolverano di routine la spinta della carità. Il peccato personale che intralcia e rallenta l'opera dello Spirito. L'incredulità che sorge dal non saper armonizzare fede e ragione. La consapevolezza dello scarto tra sé e la perfezione evangelica che degenera nella frustrazione e nello sconforto. I sensi di colpa figli di ordinamenti morali applicati senza gradualità e misericordia. L'incapacità a comprendere e a sentire come vivo e significativo l'annuncio del Vangelo, scegliendo consapevolmente altre priorità..

In una parola: tutte le situazioni in cui l'esperienza di fede pare al capolinea, perché esausta o mai avviata, e sembra valere quanto un vuoto a perdere. Proprio in quelle giare - in quelle situazioni - scende abbondante, quanto i 700 litri del vino di Cana, la presenza della Grazia di Dio. Inattesa, imprevista, immeritata, gratuita. Misteriosa e "altra", tangibile sì, ma di una qualità incommensurabile con le categorie ordinarie. Perché è là dove l'uomo non arriva, che comincia a lavorare Dio offrendo, da dietro le quinte, il distillato del Suo Amore. Non c'è annuncio più consolante e bello. E' l'esperienza del Regno, il Suo. Le circostanze in cui la vita di fede pare essere impresentabile, trascurata e senza sbocchi sono proprio quelle in cui si può essere raggiunti da Dio e dalla Sua Grazia nel modo più autentico e abbondante, fino ad esserne ebbri. E non conta che tu comprenda o non comprenda. Il dono sta, comunque. Come quel vino bello di cui tutti godono senza che l'Autore sia davvero riconosciuto.

Beati voi, stanchi, affaticati e piegati dai rovesci della vita.
Beati voi, confusi e fragili, smarriti nella fede.
Beati voi, cocci vuoti e impresentabili.
Vostro è il Regno dei cieli.

 

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