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TESTO Ci fu una festa di nozze

mons. Gianfranco Poma

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/01/2013)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Nell'anno liturgico che stiamo vivendo, la conclusione del tempo natalizio aggancia l'inizio del tempo ordinario e ci invita a comprendere che il mistero di Dio che si è incarnato si realizza nello scorrere della storia per darle un senso nuovo.

Oggi la Liturgia ci invita a rivivere l'evento delle nozze di Cana, momento culminante, dopo l'incontro dei Magi con Gesù e la teofania del Battesimo, della manifestazione del Figlio di Dio nella carne dell'uomo.

L'evento di Cana è la conclusione del prologo narrativo del Vangelo (Giov.1,19-2,12) e l'inizio della parte successiva che arriva ancora a Cana (Giov.2,1-4,54): da Cana a Cana, dall'inizio dei segni al secondo, che ne riprende e approfondisce il significato, mostrando che in realtà, il segno delle nozze non è tanto il primo di una lunga serie ma piuttosto l' "archetipo" di tutti i segni, quello nel quale tutti gli altri sono già contenuti.

"Questo archetipo dei segni fece Gesù, in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria, e credettero in lui i suoi discepoli". Con questa frase densissima Giovanni riassume il significato dell'evento che ha descritto.

Gesù ha fatto l' "archetipo dei segni". Giovanni inizia il suo Vangelo con una settimana che riprende e fa nuova la prima settimana della Genesi: adesso tutto è nuovo. A Cana Gesù compie un gesto che è l'inizio della comprensione nuova della realtà. Dal momento che la Parola si è fatta carne, la carne è una Parola che va interpretata: la prima creazione adesso è piena di Dio, ha un senso e una densità inesauribile. Vedere, toccare, gustare...: tutto è estremamente concreto e tutto ne dilara infinitamente il se so: il segno di Cana è la nuova chiave interpretativa della realtà.

"Manifestò la sua gloria": la gloria è la manifestazione di Dio. A Cana Gesù ha rivelato il volto che Dio vuole mostrare di sé: Dio è Colui che si accosta all'uomo, per fargli dono di se stesso e per mostrargli che tutto è segno del suo amore.

"E i suoi discepoli credettero in lui". La fede, per Giovanni, consiste nel "rimanere" in Gesù, vivendo con lui e come lui la dimensione filiale: consiste nel vivere con lui la vita di Dio nella carne e sperimentare che la carne è piena di Dio, nel veder Dio in tutte le cose.

A Cana è cominciata l'umanità nuova fatta da coloro che credendo in Gesù, sono diventati i suoi discepoli, che sperimentano la presenza amorevole di Dio che afferra, compenetra, la loro vita a tal punto che tutto dell'uomo è pieno di Dio, perché "il terzo giorno ci furono le nozze, in Cana di Galilea": a Cana è cominciata la vita nuova, una festa di gioia, perché il mondo è pieno dell'amore di Dio.

Tutto è così normalmente umano, in questo racconto, e tutto è così simbolico, perché tutto è segno dell'incontro d'amore tra Dio e l'umanità: si tratta dell' "inizio" della comprensione nuova della realtà, così profonda che rimane inesauribile, tanto che ciascuno di noi, leggendo e credendo può sperimentare e rinnovare in modo personale l'evento di Cana.

"Il terzo giorno...": nello scorrere dei giorni della settimana, uno dopo l'altro, Giovanni nota "il terzo giorno" che evidentemente anticipa quello della risurrezione, quello della vita che vince la morte, della luce che vince la tenebra. "Il terzo giorno" può essere anche per noi, qualsiasi giorno della settimana.

"C'erano le nozze". Sono ben singolari queste nozze, nelle quali sono presenti tanti personaggi, ma lo sposo rimane sconosciuto e "assente", con una fidanzata che ancora di più brilla per la sua assenza. In realtà tutta l'umanità celebra le nozze: tutta l'esistenza diventa una festa di nozze di cui noi siamo gli sposi chiamati a gustare la bellezza dell'amore quando ci apriamo all'esperienza che qui ci è offerta.

"C'era la madre di Gesù". Nel IV Vangelo solo due volte, a Cana e ai piedi della croce (19,25) appare "la madre di Gesù", alla quale egli si rivolge chiamandola "donna": non compare mai il suo nome "Maria". L'evangelista la caratterizza per la sua relazione materna con Gesù, mentre egli non la chiama mai con il termine che qualifica la sua relazione biologica con lei. Evidentemente il Vangelo ci sta introducendo in una esperienza nella quale la vita è nuova e le relazioni hanno un senso nuovo: la donna è nuova perché l'uomo sia nuovo.

"E fu chiamato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli": l'umanità che vuole gustare la gioia delle nozze, è avvertita che anche lui, con i suoi discepoli, sono chiamati a farne parte.

La madre di Gesù è la sola che si accorge della mancanza del vino e si rivolge solo a lui: "non hanno più vino".Come è possibile fare la festa se non hanno vino? Tutto questo è simbolico della condizione dell'umanità, che sperimenta la propria impotenza di fronte a Dio che si aspetta dal suo popolo la fedeltà di cui è incapace.

Gesù parla a sua madre chiamandola "donna" e ponendole la domanda "che c'è tra me e te?", provocandola a stabilire con lui una relazione nuova, nella quale si rinnova la figura femminile: è la donna credente, la nuova Eva, che anticipa a Cana, ciò che avverrà definitivamente sotto la Croce. La donna che nella Croce vede e sperimenta che Dio è un infinito, misterioso scambio di amore, diventa la madre di una umanità ormai avvolta dall'amore di Dio La donna credente è la madre dell'uomo nuovo che ascolta la Parola di Dio e vive di essa.

"Fate quello che vi dirà". Così ella si rivolge ai servi comunicando loro la sua totale fiducia in Gesù. Ascoltare la Parola di Gesù, il figlio della fede di Maria, significa ormai ascoltare la Parola di Dio che si è accostato all'umanità, non per dare una legge, ma per riempire la sua fragilità condividendola totalmente.

"E disse Gesù: Riempite le sei anfore...": qui, tutto è simbolico. Tutto è sovrabbondante, eppure non è ancora la pienezza: manca la settima anfora che sarà riempita sotto la Croce, quando Gesù svuotandosi totalmente di sé, accoglierà la pienezza di Dio alla quale tutti potranno attingere.

"Attingete e portatene a chi dirige il banchetto". Chi ascolta Gesù, chi con lui è ormai pieno della vita del Padre, gusta in modo nuovo l'umanità: dalle anfore piene di acqua chi crede in Gesù attinge il vino migliore. L'umanità povera, fragile nella quale Dio si è incarnato ormai è piena di grazia, di bellezza.

E si crea un contrasto tra due gruppi di persone: i servi, che conoscono perché hanno ascoltato la Parola di Gesù, e colui che dirigeva il banchetto. Ritorna, qui, l'ironia di Giovanni: forse in trasparenza egli parla della sua comunità: colui che per il suo ruolo dovrebbe sapere, in realtà non conosce, mentre solo coloro che servono possono comprendere le meraviglie di Dio.

Solo la fede fa entrare l'umanità nella festa a cui è chiamata: è una festa di nozze, è l'esperienza dell'intimità di Dio con la carne del mondo. La fede è l'accoglienza di Dio nella carne ed è l'esperienza della carne che risplende della gloria di Dio: è l'acqua che diventa vino. Questo avviene veramente, nella nostra vita, perché una donna ha creduto nell'amore di Dio, lo ha accolto nel suo grembo e lo ha generato: perché ogni donna credente possa generare l'uomo nuovo e l'umanità intera gusti la festa di nozze.

 

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