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TESTO Commento su Ester 5, 1-1c. 2-5; Efesini 1, 3-14; Giovanni 2, 1-11

don Raffaello Ciccone  

2a domenica dopo Epifania (anno C) (20/01/2013)

Vangelo: Est 5, 1-1c. 2-5; Ef 1, 3-14; Gv 2, 1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 2,1-11

1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Ester 5, 1-1c. 2-5
Riporto la sintesi del breve testo di Ester che è prezioso per il mondo ebraico. "Durante una festa, l'imperatore persiano Assuero (Serse I, 485-465 a.C) ripudia sua moglie Vasti (cap. 1), fino ad allora la preferita. Al suo posto è fatta regina Ester (il cui nome ebraico è Adassa), cugina e figlia adottiva dell'ebreo Mardocheo, che abita a Susa e discende da una famiglia giudaica (cap. 2). In seguito il secondo dignitario dell'impero persiano dopo l'imperatore, Aman l'Agaghita, progetta un colpo mortale contro gli Ebrei, senza però sapere che la regina Ester è ebrea (cap. 3). Mardocheo spinge Ester a intercedere per il popolo, per cui Assuero fa giustiziare Aman (capp. 4-7). Mardocheo diventa successore di Aman e insieme con Ester fa sì che il re dei Persiani emani un nuovo editto che permette agli Ebrei di esercitare la legittima difesa contro i loro nemici (cap. 8). Quando gli Ebrei sono perseguitati il 13 di Adar (forse l'8 marzo del 473 a.C), riescono a resistere e a vincere (cap. 9,1-19).
A ricordo della salvezza degli Ebrei dallo sterminio, Ester e Mardocheo istituiscono la festa di Purim (9,20-32).
Per i Persiani e per il popolo ebraico il governo di Mardocheo è assai fecondo di benedizioni (cap. 10).
Questo bellissimo testo, continuamente riletto nella festa di Purim, ricostruisce la fiducia nel Signore che protegge il suo popolo e porta al ringraziamento per i risultati raggiunt, anche con il contributo intelligente e diverso dei personaggi che vi partecipano..
Qui vengono riferiti solo alcuni spunti di tutta la tragica situazione che si stava profilando. E se un nemico giurato di Mardocheo, Aman, ottiene l'autorizzazione per attuare un pogrom (una strage) contro il popolo ebraico, Ester, che vuole difendere il suo popolo, invita il re e Aman a un banchetto e intercede per il proprio popolo. Il re, finalmente, si ricorda della onestà di Mardocheo ( che lo aveva liberato da una congiura) e condanna a morte Aman. Anzi i Giudei sono autorizzati ad opporsi agli assalitori e punire i loro nemici nel giorno fissato da Aman per la strage.
Da qui la commemorazione della liberazione per le molte stragi che questo popolo ha subito, in particolare, durante il nazismo. La regina osa disperatamente lottare per convincere il re alla giustizia ed alla clemenza mentre la visione del re è come una manifestazione potente e terribile di Dio: lo splendore, la gloria, la bellezza. La regina aveva osato avvicinarsi al re senza essere stata chiamata e questo aveva riempito di collera il re.
Però davanti a sé non vede una provocatrice, ma una persona debole, terrorizzata. Dio interviene (qui il testo è omesso) e "volse a dolcezza l'animo del re: ansioso, balzò dal trono, la prese tra le braccia". Il re la consola, le dice di essere "fratello (v. 9)" (garanzia di legame che rassicura Ester, nonostante la sua origine ebraica), e parla il linguaggio dell'amore: "la bacia (v 12)".
Il re garantisce che accoglierà qualunque richiesta di Ester: "Fosse pure metà del mio regno, l'avrai" e questo ci ricorda la morte di Giovanni Battista, causata da un altrettanto esigente giuramento, fatto alla figlia di Erodiade (Salomé) in un banchetto. Certo l'intercessione può avvenire per scopi di liberazione o per scopi di distruzione.
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1, 3-14
Questa lettera riporta sicuramente le linee teologiche nello spirito di Paolo che è custode fedele della rivelazione di Gesù e, tuttavia, si discute se la lettera sia stata scritta (o dettata, come spesso avveniva) da Paolo stesso e, allora, si tratterebbe di un testo che, tradizionalmente, viene collocato agli inizi degli anni 60 durante la prigionia a Roma, o sia stata scritta da un discepolo attorno agli anni 80- 90.
Siamo ad una preghiera di benedizione (in ebraico "beraka"), costituta da un'unica frase lunga 11 versetti, molto elaborata e molto complessa. Per fortuna le traduzioni la spezzettano altrimenti è un solo respiro nei vv 3-14. Paolo inizia dal Padre che sta nei cieli e che realizza, alla fine dei tempi, le «benedizioni spirituali» che i versetti seguenti esporranno nei particolari. A lui noi dobbiamo la lode, riconoscimento e riconoscenza per ciò che ha fatto per noi. Ci ha benedetti con una benedizione che è spirituale poiché viene dallo Spirito di Dio che è creatore ed efficace: in Cristo poiché tutto passa attraverso Lui.
- Prima benedizione: abbiamo ricevuto la vocazione degli eletti alla vita beata, comunque già cominciata in maniera mistica con l'unione dei fedeli a Cristo glorioso. La «carità» richiama, prima di tutto l'amore di Dio per noi, che ispira la sua «elezione» e la sua chiamata alla «santità» (cf.Col 3,12;1Ts 1,4;2Ts 2,13;Rm 11,28), ma poi attrae anche il nostro amore per Dio, che ne deriva e gli risponde (cf.Rm 5,5).
- Ef 1,5 Seconda benedizione: siamo stati scelti per questa santità, come figli, fratelli di quel Figlio unico, Gesù che è la fonte e il modello (cf.Rm 8,29).
- Ef 1,6 Ci ha fatti grandi per quella grazia (in greco "charis" ) che significa il favore divino nella sua gratuità. Essa manifesta la «gloria» stessa di Dio (cf.Es 24,16) poiché egli opera così per pura liberalità e la pienezza della sua bellezza nella creazione. Tutto viene da lui e deve tornare a lui, nel Figlio amato.
- Ef 1,7 Terza benedizione. Dio ci ha amato mediante la redenzione della croce di Cristo. E' stato il Padre stesso che ci ha investito di questo amore totale.
- Ef 1,9 Quarta benedizione: Ci viene svelato il «mistero» (Rm 16,25) di Dio: finalmente, nell'offerta totale di Gesù tutte le realtà del cielo e della terra si riuniscono. La lettera garantisce che è Gesù che rigenera e unisce sotto la sua autorità ciò che il male ha disperso, corrompe e travolge. In questa unificazione si riuniscono nella stessa salvezza Giudei e pagani.
- Ef 1,11 Quinta benedizione: In lui,: in Cristo, si attua l'elezione di Israele, «eredità» di Dio, e testimone nel mondo dell'attesa messianica. Paolo, che si sente parte viva del popolo d'Israele, parla in prima persona plurale: «noi».
- Ef 1,13 Sesta benedizione: scopriamo la chiamata dei pagani con cui, perciò, condividiamo la salvezza già riservata a Israele. :"Anche voi che avete ricevuto la Parola di Dio e l'avete creduta, avete ricevuto il dono dello Spirito" Con la certezza dello Spirito promesso, si coronano l'esecuzione del piano divino e la sua esposizione in forma trinitaria. Iniziato fin d'ora in modo misterioso mentre il mondo antico dura ancora, sarà completo quando il regno di Dio si stabilirà in modo glorioso e definitivo, nella venuta gloriosa di Cristo (cf.Lc 24,49; Gv 1,33+;14,26). Così si compie la piena redenzione.
Lettura dal vangelo secondo Giovanni 2, 1-11
Ci ritroviamo in un racconto molto complesso per i richiami che Giovanni pone in questo primo "segno". I "segni" non sono miracoli, nel linguaggio del quarto Vangelo ma indicazioni per scoprire il signficato di Gesù. Tutto il brano, infatti vuole identificare colui che porta la novità, il vino della gioia e della Sapienza, il salvatore che supera la legge ebraica per sostituirla con la gioia di Dio.
Per questo bisogna analizzare con attenzione i fatti e le parole poiché altrimenti riduciamo tutto a un intervento veloce e tempestivo, carico di misericordia e di compassione, da supermercato di fronte a giovani sposi sprovveduti, tra l'altro il settimo giorno.
Se è richiamato il terzo giorno dopo l'incontro con Filippo e Natanaele (e tre giorni possono ricordare il tempo della risurrezione) il Vangelo ha sviluppato una settimana completa, calcolata quasi giorno per giorno, fino alla manifestazione della gloria di Gesù.
Cana è vicina a Nazareth e con gli sposi ci debbono essere legami familiari. Maria è invitata ed è chiamata "la madre di Gesù", presente al primo miracolo che rivela la gloria di Gesù e, di nuovo, presso la croce (19,25-27).
E Maria è chiamata anche "donna" (Gv 2,4), ripreso in 19,26 sotto la croce, dove il significato si illumina come un richiamo ad Eva di Gen 3,15.20: Maria è la nuova Eva, «la madre dei viventi». "Che vuoi da me?: lett.: «che cosa a me e a te?», Un tale linguaggio lo si usa per respingere un intervento giudicato inopportuno: Gesù obietta: «La mia ora non è ancora giunta». E' l'ora della sua glorificazione, del suo ritorno alla destra del Padre. Maria anticipa l'annuncio simbolico.
Gesù si sente coinvolto nella speranza di questo popolo, di questi sposi che sono il segno del popolo, dell'attesa della novità di Dio. Allora le sei idrie (non sette), segno della incompiutezza che portavano l'acqua per la purificazione, ma che sono anche vuote, vengono riempite perché si possa attingere la gioia della novità di Dio (in questo caso dai 600 a 800 litri di vino): questo testo inizia anche una lunga riflessione sulla fede in Gesù: si contrappongono due gruppi alla rivelazione di Gesù: i suoi discepoli che credono (2,11) e l'incredulità dei giudei (2,13-22) poiché Gesù scaccia i venditori dal tempio e discute sullo stesso significato del tempio ("Distruggete questo tempio ed io lo farò risorgere" 2,19). Giovanni continua la sua riflessione di ricerca di fede, presentando l'ambiente giudaico (Nicodemo: 3,1-21), quello samaritano (4,4-45) e quello ellenistico pagano (l'ufficiale regio e il figlio guarito: 4,46-54).
Il testo di Giovanni, per la profondità con cui affronta il messaggio di Gesù, perciò, si presenta carico di richiami, di storia biblica, di anticipazioni, di progetti, di novità.

 

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