TESTO Commento su Isaia 6, 1-2.3-8; Salmo 137; Prima Corinzi 15, 1-11; Luca 5, 1-11
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V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/02/2013)
Vangelo: Is 6, 1-2.3-8; Sal 137; 1Cor 15, 1-11; Lc 5, 1-11

In quel tempo, 1mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
I testi di questa domenica vertono sul tema della vocazione: nella prima lettura il profeta Isaia dice al Signore che lo chiama, dopo aver dichiarato la sua indegnità: «eccomi manda me». San Paolo, nella seconda lettura si dichiara messaggero, cioè chiamato a trasmettere quello che ha ricevuto nell'incontro con Gesù. Nel Vangelo troviamo la chiamata di Gesù nei confronti dei suoi apostoli. Si tratta di vocazioni diverse, ma tutte hanno una cosa fondamentale in comune: ogni chiamata viene capita e accettata attraverso l'incontro personale con Dio e con Cristo.
Nel racconto della prima lettura troviamo il profeta Isaia che riceve la rivelazione della grandezza di Dio e accetta l'invito a diventare suo profeta. La visione del Santo lo scuote, riconosce di essere alla presenza dell'Altissimo, ne percepisce l'infinita grandezza e al tempo stesso dichiara la propria indegnità: «Un uomo dalle labbra impure io sono». È un incontro improvviso che lo segnerà per tutta la vita.
Il salmo 137 può rappresentare la risposta di Isaia e di Simon Pietro, ma anche di tutti quelli che avvertono che Dio si interessa di loro e li chiama perché li ama. Al grazie di chi ha sperimentato la bontà di Dio si unisce la lode di quanti ascoltano la testimonianza di chi ha scoperto l'amore di Dio. Il salmo si chiude con l'invocazione a Dio e la richiesta di non abbandonare l'opera da lui cominciata, e portare a compimento quel progetto che Lui stesso ha pensato per coloro che ha chiamato.
Nella lettera ai Corinzi san Paolo dichiara la missione a cui è stato chiamato direttamente da Gesù, cioè di "trasmettere la Parola ricevuta". L'incontro con Gesù, morto e risorto, costituisce il grande messaggio cristiano da portare al mondo. Anche Paolo ammette la sua povertà e la sua inadeguatezza a essere considerato un apostolo, ma la grazia di Dio ha operato in lui cose mirabili.
Il vangelo ci presenta Simon Pietro che si sente peccatore ma ha fiducia nella parola del Maestro (getta le reti nonostante l'evidenza del contrario) e da questo incontro nasce un "pescatore" nuovo. Per gli apostoli quello era un giorno come tanti altri, con le stesse ordinarie occupazioni di sempre, nel luogo delle solite vicende quotidiane, ma di colpo diventa un giorno come nessun altro. Sulla sua parola e solo sulla sua parola! Questa affermazione arriva però dopo una esperienza di fallimento (avevano faticato tutta la notte), quasi a capire che tutto è possibile solo se c'è Lui nella nostra vita e niente possiamo se Lui non c'è. Anche per noi come per Pietro, ci vuole il gallo del fallimento che canti, per ricordarci che è in Lui che dobbiamo riporre tutta la nostra fiducia e non nelle nostre misere forze e capacità.
Gesù entra nelle loro vite e prega Simone di spostare la barca. Gesù maestro di umanità ci insegna quali sono le parole che, nel momento difficile, trasmettono speranza ed energia: non l'imposizione o la critica, non il giudizio o l'ironia, neanche la compassione. Ma una preghiera che fa appello a quello che hai, anche se poco; a quello che sai fare, anche se poco! «Non temere. Tu sarai...». Il futuro che si apre conta più del presente e del passato. Non vale la pena parlare del peccato perché il bene di domani vale di più.
Noi sappiamo che ogni vita è vocazione e che ad ogni vocazione è legata una particolare missione da compiere. Fin dall'inizio della storia della salvezza Dio ha chiesto agli uomini la loro collaborazione per realizzare il suo progetto di salvezza a beneficio dell'umanità.
La liturgia di oggi ci dice che Dio non si spaventa del nostro peccato, del nostro limite, del nostro vuoto. Ma all'uomo che accoglie il suo grido: «Chi manderò e chi andrà per noi?», il Signore cambia il cuore perché possa rispondere: «ecco manda me», e diventare missionari tra gli uomini pronti ad annunciare il Regno di Dio, che è regno di libertà, di giustizia, di verità, di pace e soprattutto di amore.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- La situazione del profeta (prima lettura) e il disagio degli apostoli (vangelo) mettono in evidenza il cammino non facile, e a volte contraddittorio, della fede. Come siamo noi?
- Tutti i protagonisti di queste letture si dichiarano indegni, ma il Signore non ha paura di servirsi di persone che non si reputano all'altezza. Nonostante ciò il Signore si fida e affida loro compiti diversi e impegnativi. Quale è l'atteggiamento nostro di fronte alla chiamata di Dio: troviamo delle scuse, anche fondate, per non impegnarci o abbiamo fiducia che con il suo aiuto saremo in grado di operare? Ci fidiamo e ci affidiamo a Lui nei momenti di difficoltà?
Commento a cura di Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino