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TESTO Commento su Isaia 55, 4-7; Efesini 2, 13-22; Matteo 2, 1-12

don Raffaello Ciccone  

Battesimo del Signore (anno C) (13/01/2013)

Vangelo: Is 55, 4-7; Ef 2, 13-22; Mt 2, 1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,15-16.21-22

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

21Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 22e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Lettura del profeta Isaia 55, 4-7
Nell'invito a partecipare ai beni della nuova alleanza (vv 1-5), ci si ritrova ad un banchetto. immagine già nota anche nel libro dei Proverbi (Pr 9,1-6) e nel libro del Siracide (Sir 24,19-21). Là è la Sapienza che invita, qui è il Signore stesso che invita a convertirsi mentre c'è ancora tempo (vv 6-11), nella prospettiva della fedeltà al Signore, mantenendo l'Alleanza di Davide.
Il popolo è ormai alla fine dell'esilio e, mentre ricorda, con i più anziani, la tragedia della distruzione di Gerusalemme di 50 anni prima, coltiva speranze nuove suscitate da un profeta anonimo (detto secondo Isaia) e vive ancor più, con impazienza e con rabbia, i tempi della lontananza, continuando a sperare che la potenza di Dio, finalmente, schiacci il popolo che li ha vinti. E il profeta dice che Dio ha compassione verso i suoi figli e li conforterà. L'immagine della compassione è il sentimento della madre che sente il bambino che piange e lo avvicina al seno per nutrirlo. Così il Signore invita a sedersi alla sua mensa e sollecita per approfittare della sua offerta gratuitamente. L'invito è per chi è assetato. "Ci sarà abbondanza, pane e acqua, vino e latte; insieme a cibi succulenti". Dio non è avaro, ma si ricorda delle sue promesse e darà a Davide la garanzia della sua Alleanza eterna.
Ma ad un popolo deportato si prospettano i popoli lontani. Sarà testimone di Dio, creatore e sovrano delle nazioni, che, al posto di una rivincita, mostra un tempo di riconciliazione e di pace; al popolo nuovo Dio offre pensieri diversi poiché Egli ha propositi e scelte diversi. Per questo va cercato, interpretato e scoperto mentre si fa trovare. L'Alleanza obbliga a ripensare l'immagine d Dio, a ricercarla per come veramente è e vuol farsi presente, a riproporla umilmente per ciò che dice. "Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie'', dice il Signore.'Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri.'' (Is 55,8-9).
E' l'anticipazione delle scelte che Dio fa in Gesù e il Natale ne è stato un saggio. Non potere o potenza, non stupore e grandiosità, ma povertà, realtà fragili e disagiate, presenza del mistero di Dio in modo assolutamente indecifrabile eppure banale. E' anche anticipo di quello che Gesù farà e avverrà nel suo battesimo.
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 2, 13-22
La lettera agli Efesini riprende e amplifica il contenuto della lettera ai Colossesi, che pure si è riproposta una riflessione approfondita sulla persona e sul ruolo di Cristo, "capo" della Chiesa e dell'intero creato. Ne vien fuori però una nuova sintesi del pensiero paolino, centrata su Cristo e sulla Chiesa e interessata a mostrare l'impegno dei cristiani all'interno della comunità ecclesiale, della famiglia e della società.
Nel cap 1, 7-10 Paolo sintetizza quello che Gesù porta, sviluppando il contenuto in due sezioni:

- "In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia", sviluppato in 1,20-2,10,
- "Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà", sviluppato in 2,11-3,19.
Noi oggi leggiamo la realizzazione del mistero di Dio attraverso Gesù (2,11-22); più avanti (3,1-13) il testo si apre alla diffusione universale della conoscenza della rivelazione attraverso gli apostoli e il Vangelo da essi predicato, di cui anche Paolo ne è diventato ministro.
Paolo ci tiene a ricordare ( 2,11-12) che "voi, pagani nella carne... eravate senza Cristo (il Messia), senza patti della promessa, senza speranza, senza Dio nel mondo". I pagani, anche se con molti dèi, non hanno il Dio vero e unico (1Cor 8,5s).
Proprio in un mondo, prima ebraico e poi pagano, si pone l'opera compiuta da Cristo nella storia della salvezza attraverso la sua croce che ha operato questo avvicinamento: dapprima dei Giudei e quindi dei pagani (vv 14-15), insomma di tutti con il Padre (vv 16-18). La risurrezione costituisce la risposta e la conferma da parte di Dio. Proprio qui si intravede il diverso modo di intendere la vicenda di Gesù da parte del popolo ebraico.
Per secoli il popolo d'Israele si è alimentato della fiducia che il giusto sarà salvato da Dio. Un testo classico è Salmo 37(36), 25ss: "Sono stato fanciullo e ora sono vecchio: non ho mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane;...27 Stà lontano dal male e fa' il bene e avrai sempre una casa. Perché il Signore ama il diritto e non abbandona i suoi fedeli...29 I giusti avranno in eredità la terra e vi abiteranno per sempre;... La bocca del giusto medita la sapienza e la sua lingua esprime il diritto; ..32 Il malvagio spia il giusto e cerca di farlo morire. 33 Ma il Signore non lo abbandona alla sua mano, nel giudizio non lo lascia condannare...35-36: Ho visto un malvagio trionfante, gagliardo come cedro verdeggiante; sono ripassato ed ecco non c'era più, l'ho cercato e non si è più trovato".
La sfida giocata sulla conoscenza della Scrittura, si pone come invalicabile. "Se Dio non viene a salvarlo, non è da Dio e Dio lo rifiuta". La morte di Gesù si svolge proprio sotto il segno della maledizione e Gesù stesso prega per il loro perdono perché non hanno capito. "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34), e non possono capire. Gli apostoli stessi, scandalizzati della morte di Gesù, scoprono solo dopo che la risposta dell'opera di Gesù, da parte di Dio, avviene nella risurrezione, alla fine di ogni speranza. In Lui, sulla croce, è stata uccisa la stirpe del primo Adamo corrotta dal peccato (Rm 5,12s; 8,3; 1Cor 15,21). In tal modo si è chiuso il conto con il male. Con la risurrezione Dio restituisce al mondo l'«uomo nuovo», prototipo della nuova umanità ricreata (2Cor 5,17), in Cristo risorto, come in un «secondo Adamo» (1Cor 15,45).
Gesù è perciò la pace (Ef 2,15), e dei due, l'ebreo e il pagano, ha fatto una cosa sola (Ef 2,14). Creato «nella giustizia e nella vera santità» (4,24), è «uno» e «unico», poiché in lui scompaiono tutte le divisioni degli uomini (Col 3,10s; Gal 3,27s).
Ha abbattuto il muro di separazione, alto pare 1,50 m. che simboleggiava l'odio reciproco dei Giudei e dei Gentili e che circondava l'area santa del tempio di Gerusalemme con applicate le 13 tavolette di marmo che portavano inciso, in greco e in latino, il divieto di oltrepassare l'ingresso, pena la morte. Ai pagani restano accessibili soltanto i cortili esterni.
Il corpo di cui si parla è insieme il corpo di Cristo, sacrificato sulla croce (Col 1,22); ma è anche il suo corpo «mistico» in cui si raggruppano tutte le membra ora riconciliate (1Cor 12,12) che è la Chiesa. Questo è il messaggio della evangelizzazione che Gesù ha proclamato ed ha vissuto. Esso è stato affidato ai suoi apostoli, che lo hanno predicato nel suo nome.
E il popolo di Gesù, con la sua vocazione ad essere costruttore di pace, riceve lo stesso Spirito che anima il corpo di Cristo nella risurrezione e di là si riversa sulle sue membra. Nella immaginata ricostruzione architettonica della casa, la Comunità di Gesù sa di essere la nuova abitazione della Trinità (2,22) e quindi opera nel mondo, superando pregiudizi, discriminazioni e caste e impegnandosi su una unità mai completa, ma sempre in costruzione, sul fondamento degli apostoli e dei profeti, animata dallo Spirito di Gesù, voluta dal Padre, suo capolavoro nel tempo e nello spazio.
Lettura del Vangelo secondo Matteo 2, 1-12
Il popolo è in attesa che il Signore si mostri con la sua volontà poiché finalmente la presenza di Giovanni il Battista apre spiragli sulla presenza di una parola nuova di profeta. Da 300 anni si è spenta la parola dei profeti.
Così tutti quelli che giungono presso Giovanni hanno qualcosa da attendere e sperare. Anzi non si accontentano della sola parola del profeta, ma ormai osano chiedere una conclusione attesa da secoli. Sono alla ricerca di Cristo, del vero Cristo inviato da Dio, poiché molti avventurieri già in questo periodo pretendono di esserlo e molti cercheranno di esserlo anche dopo l'esperienza di Gesù. "Che Giovanni sia, per caso, il Cristo?" Si è affermata la sicurezza che i tempi siano maturi. La struttura religiosa si è sempre più organizzata in Israele, la Scrittura ha ormai raggiunto una sua completezza, il culto del tempio è ormai molto radicato nella sensibilità, le sinagoghe si riempiono per la lettura della Parola di Dio il sabato. Il volto di Dio si è ormai identificato come un giudice inflessibile, esigente, legislatore severo e geloso e deve venire a purificare, condannare, riscattare. Ma le immagini del Dio dell'Alleanza, che si fa sposo, padre affettuoso, alleato, perfino tenero come una madre, sono scomparse.
Giovanni chiarisce di non essere l'atteso, ma un banditore, una voce, colui che precede. "Chi viene è alle porte. Egli tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (3,17). Anche Giovanni risente di quella diffusa immagine terribile di Dio e tutta la spiritualità circolante sviluppa un rispetto che si mescola fortemente alla paura.
Il battesimo di Gesù inizia un tempo nuovo. Luca non lo descrive ma vuole cogliere che cosa è avvenuto in Gesù e quindi in noi. Una annotazione preziosa ricorda che Gesù è con il popolo, lo dice confuso con la gente. E' battezzato senza particolari cerimonie né privilegi. Il racconto, semplicissimo, mette Gesù a livello di comunione con i peccatori, per qualsiasi motivo si siano accostati a Giovanni. Gesù sente e condivide di stare tra "pecore senza pastore" (Mc 6,34).
Dopo questa immersione pubblica che ha scelto ed ha accettato come fondamentale Gesù prega. E' quel misterioso dialogo in cui vuole ripensare, maturare, interiorizzare, offrire ciò che è avvenuto. Luca si preoccupa spesso di registrare il tempo della preghiera di Gesù (cf.5,16;6,12;9,18.28-29;11,1;22,41;Mt 14,23). poiché è il momento della consapevolezza, la ricerca di senso davanti agli occhi del Padre, è il segno di una novità che apre orizzonti e strade da percorrere, è il dialogo per cogliere la volontà di Dio. Il Padre risponde accettando e Luca registra tre segni:
- si "aprirono i cieli": Al centro del brano, se non è posto il battesimo di Gesù, è posto l'aprirsi del cielo: «Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera ed ecco il cielo si aprì». La preghiera dei profeti e, in particolare di Isaia si avvera: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi" (63,19). I cieli si spalancano in un orizzonte nuovo, regalato dalla generosità di Dio che non allarga tanto le nubi ma muta la presenza, venendo ad abitare nel suo popolo.
- scese lo Spirito come una colomba.

Si parla di colomba, "in forma corporea" (v 22). Luca tenta di materializzare l'evento per sottolineare il dato realistico e concreto: non una immaginazione, ma un fatto che interessa la storia. Non si riesce ancora a capire "il come", ma Gesù è portatore, in modo pieno e definitivo, dello Spirito (Gesù a Nazareth: 4,16-21). La colomba può richiamare la situazione primordiale di Gen 1,2: "Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque". Con Gesù, inizia una nuova creazione.
- si udì una voce. «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento». Gesù è il Figlio "prediletto" (v 22) e la parola ci rimanda ad Isacco, il figlio della promessa, "figlio unico e amatissimo" (Gen. 22,2) quando fu richiesto per il sacrificio; ci rimanda anche al Messia che Dio incorona re: "Tu sei mio figlio" (Ps 2). E Isaia ricorda il "Servo di Jahvé" con le parole: "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio diletto di cui mi compiaccio" (42,1). Con queste parole il Padre presenta Gesù al mondo, ma sta, anche, delineando al Figlio il cammino umile del Servo, che accoglie e vive solo nella forza dello Spirito. Il Padre lo riconosce, lo accredita, e solo il Padre sa arrivare alla profondità di Gesù: nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre (Lc 10,22). Così, finalmente, c'è una presenza visibile di Dio sulla terra, a cui far riferimento. Dio lo garantisce e gli uomini lo sanno.
Il brano sintetizza tutto il Vangelo: attraverso la Trinità (una voce, un figlio, una colomba) Gesù, il Figlio che si fa fratello, si immerge solidale nel fiume dell'umanità e dice dell'uomo: è un fratello che diventa figlio. E questo brano parla anche di me: il cielo che si apre, lo Spirito e la Voce sono scesi anche sul mio battesimo: vita di Dio in me, amato come Gesù, dilatazione del cuore, incarnazione che non si arresta.
E infine, nella Bibbia, figlio è un termine tecnico, dal significato preciso: figlio è il somigliante al padre, colui che compie le stesse sue azioni, che prolunga nella sua vita la vita del padre. Allora ti prende come un desiderio di fare qualcosa che assomigli a ciò che è detto di Gesù: «Passò nel mondo facendo del bene e guarendo ogni male». Sintesi ultima, essenziale, struggente, bellissima della vicenda di Gesù che fa la volontà del Padre, ma anche sintesi di ognuna delle nostre vite. Passare nel mondo facendo del bene, splendendo per un istante anche se nessuno guarderà il tuo lucente sguardo. Anche un solo gesto, così, rende più grande l'universo.

 

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