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TESTO Commento su Isaia 60, 1-6; Tito 2.11 - 3,2; Matteo 2, 1-12

don Raffaello Ciccone  

Epifania del Signore (06/01/2013)

Vangelo: Is 60, 1-6; Tt 2.11 – 3,2; Mt 2, 1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 2,1-12

1Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:

da te infatti uscirà un capo

che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Lettura del profeta Isaia 60, 1-6
Il testo di Isaia è un brano tratto dai suoi ultimi dieci capitoli (56-66) in cui sono descritti il ritorno in Gerusalemme e la ricostituzione del popolo, liberato dopo l'esilio di Babilonia (587-538 a.C.).
Gerusalemme qui è la grande città di Davide, luogo della presenza del Signore, rifatta segno della protezione di Dio che ama il suo popolo. Di fatto, Gerusalemme sarà finalmente irradiata dalla luce, ritroverà i suoi figli e accoglierà una folla di stranieri (sono ricordato i luoghi pagani di provenienza: Madian, Efa', Saba, Tarsis, Arabia, le isole. "Il re di Tarsis e le isole offriranno doni, i re di Arabia e di Saba portano i loro tributi" Salmo 72,10). Gli abitanti di Gerusalemme restano sempre stupiti delle aurore e dei tramonti sulla città poiché, collocata sul monte Sion. Mentre in basso con ritardo, in mattinata, si diradano nebbia e foschia, in cima splende il sole e illumina il tempio. Questo effetto luminoso ha affascinato anche i discepoli di Gesù e provoca ammirazione (Mt 24,1).
- I tesori del mare provengono dall'ovest, con le navi fenicie o greche; le ricchezze dell'oriente e d'Egitto giungono con le carovane attraverso i deserti di Siria e del Sinai. Madian, Efa e Saba sono popoli dell'Arabia (cf.45,14;Gen 25,1-4).
- Gli stuoli di cammelli e di dromedari erano stati l'incubo delle distruzioni. Ora sono i segni della ricchezza e della speranza. Le allusioni ai tesori dell'oriente e la prospettiva universalista di 60,6 hanno portato la liturgia ad applicare questo testo al mistero dell'Epifania.
- "Viene la tua luce e la gloria del Signore splende su di te". Gerusalemme è luce e gloria poiché Dio è presente. Ma anche Gesù sarà luce e gloria. Lo dirà Simeone quando Maria e Giuseppe porteranno Gesù al tempio per la presentazione: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace secondo la tua parola, poiché i miei occhi han visto la tua salvezza che hai preparato davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,29-32). Insieme: Gerusalemme e "il servo del Signore" Gesù (Is 49,6) sono luce e luogo della rivelazione della gloria di Dio. Poi Gesù dirà ai suoi discepoli, i credenti, nelle beatitudini: "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,14) e quindi "Risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre nei cieli" (Mt 5,16).
Lettera di san Paolo apostolo a Tito 2.11 - 3,2
Paolo scrive a Tito, un suo discepolo e collaboratore, un pagano convertito (1,4), che accompagna Paolo all'assemblea (o concilio) di Gerusalemme (verso il 49) e non è costretto a farsi circoncidere (Gal 2,1.3-5).
Più tardi, Tito compie missioni delicate a Corinto (2 Cor 12,18; 2,13; 7,6-7.13-16) e diventa delegato di Paolo nella stessa città per la colletta a favore dei poveri di Gerusalemme (2 Cor 8,6.16-24).
Il rapporto personale tra Paolo e Tito fa da sfondo al programma di evangelizzazione delle comunità giudeocristiane di Creta. Ciò presuppone che Paolo sia stato a Creta con Tito e lo abbia poi lasciato sull'isola a completare ciò che non avevano potuto finire, affidandogli, in particolare, il compito di stabilire i presbiteri (sono gli anziani presenti nel mondo ebraico come responsabili delle sinagoghe) che si costituiscono, via via, responsabili in ogni città, in modo da avere una guida per ogni chiesa locale (1,5). Saranno poi, in una struttura solidificata, i presbiteri saranno i sacerdoti cristiani, collaboratori degli "episcopi". Questa lettera è scritta probabilmente ad Efeso.
Il corpo della lettera (1,5-3,11) illustra vari temi e problemi: le qualità spirituali ed umane richieste ai vescovi e ai presbiteri (1,5-16), le direttive al popolo di Dio per una vita autenticamente cristiana (2,1-3,11): vi comprende anche un codice di vita familiare (2,2-10) e viene incontro alle esigenze delle varie età e dei gruppi (anziani, giovani, schiavi).
"E' apparsa la grazia di Dio". Grazia significa tenerezza, amore, bontà di Dio. Ma c'è una novità che fa sobbalzare il cuore. "La benevolenza del Signore è portata a tutti gli uomini". Non si parla di accoglienza ai buoni o a coloro che rispettano la legge. Saremmo sempre nella prospettiva della legge di Mosè che spesso porta angoscia e mette timore nel rapporto con il Signore, immaginando, in tal modo, di poter non essere accetti o selezionati per la dannazione. Qui il dono è gratuito e per tutti gli uomini.
Di fronte a questo incontro si continua sempre a riprenderne le conseguenze morali e le responsabilità quotidiane di rispetto della volontà di Dio; ma scopriamo che il nostro ritrovo con il Signore non si gioca più sul timore, sull'angoscia e sull'imprevedibilità. Si è spesso utilizzata la paura di Dio per incoraggiare il buon comportamento, ma questo provoca difficoltà e addirittura abbandoni della fede in un clima di disperazione.
La grazia offre speranza e perdono. Gesù è sempre aperto all'accoglienza e ci chiede coerenza e generosità.
Ma non ci abbandona e, di fronte alle nostre delusioni o tradimenti, egli è aperto al perdono per continuare ad offrirci la benevolenza che ci riscatti e ci santifichi.
Le raccomandazioni per una coerenza della Comunità cristiana spaziano dal rispetto e dalla ubbidienza alle autorità civili al comportamento generoso, coraggioso, coerente e soprattutto mite e non violento nel rapporto con le persone.
Lettura del Vangelo secondo Matteo 2, 1-12
II Vangelo di Matteo sviluppa due criteri particolari nei capitoli dell'infanzia.
- Si rifà alla Prima Alleanza (noi parliamo, normalmente, dell'Antico Testamento) che sta molto a cuore all'evangelista per poter dire che, in Gesù, si compiono le profezie (Is. 2,2-5; Is. 62,1-5): si parla, infatti, di popoli che vengono a Gerusalemme a portare ricchezze (vedi 1^ lettura). Anche il testo su Betlemme che si trova nel libro del profeta Michea (5,1): "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei il più piccolo capoluogo di Giuda..." presenta una profezia di compimento poiché nel paese, dove è nato Davide e vi è iniziata la sua gloria, si conclude l'attesa con Gesù.
- Matteo si rifà anche al significato di questo bambino: è Messia, è il Signore (Kurios), è il Cristo (senso Cristologico).
Tutto il testo, impostato tra il segno (la stella) e la Parola (Scrittura), riporta all'equilibrio delicato tra l'elezione del popolo d'Israele e la Missione, tra la scelta che Dio compie in un popolo (ebraico, cristiano, i battezzati) e l'impegno di aprire a tutti la grazia di Dio per le nazioni.
Il racconto di Matteo è interessantissimo poiché vuole radunare alcune novità importanti di Gesù.
1. Ci troviamo con delle persone lontane da Dio. Sono pagani e i pagani vanno disprezzati e sottomessi. "Sal 79. " "Signore, riversa lo sdegno sulle genti e sui regni che non invocano il tuo nome". Ma, in più, essi fanno un lavoro che li fa "mago", un'attività severamente proibita e condannata dalla Bibbia.
Sono comprensibili, quindi, lo sconcerto, la sorpresa della comunità cristiana primitiva nel trovarsi di fronte a questa pagina di Matteo: i primi a riconoscere Gesù come Dio e Signore sono proprio dei pagani, cioè persone lontane, escluse da Dio, ma che esercitano addirittura un'attività totalmente condannata e maledetta.
Mago, al tempo dell'evangelista, è "ingannatore, condannatore". Questo sconcerto fa iniziare un'operazione di annacquamento per cui il termine "maghi" diventa "Magi" e così non disturbano nessuno. La provenienza dei Magi è molto generica: la regione di questi sapienti astrologi può essere pensata nella Persia, a Babilonia o nell'Arabia del sud.
Ma anche leggendo il Vangelo di Luca la Comunità cristiana ha scoperto che i primi e gli unici a conoscere Gesù che nasce sono i pastori, i disprezzati lavoratori del gregge che, per il loro lavoro continuativo, non rispettano il sabato e quindi sono considerati al di fuori di ogni legge. I pastori, valutati degli asociali, non possono entrare nel tempio, e sono spesso accusati di ruberie e di violenze sulle persone. La Comunità cristiana deve imparare gli orizzonti infiniti della misericordia di Dio e le preferenze che il Signore sa fare.
Nessuno è escluso.
2. Si parla del valore del lavoro che va fatto con intelligenza e competenza e che produce segni ed indicazioni sul significato della vita e nel nostro rapporto con la speranza e su Dio. I Magi, dal loro lavoro di astrologi, hanno ricuperato il senso di una presenza diversa. Così decidono che bisogna mettersi in viaggio per cercarla, anche se occorre camminare con il naso all'insù per guardare l'orientamento della stella e occorre procedere di notte.
3. A Gerusalemme la stella scompare e i magi si trovano disorientati. Non possono che andare dall'autorità costituita. "Un re saprà dove può essere nato il futuro re" pensano. Ma nessuno sa niente. Anzi Erode e il popolo della città restano turbati e così come resteranno turbati a Gerusalemme quando Gesù entrerà con la sua cavalcatura da re Messia, il giorno delle Palme (Mt 21,10). Gerusalemme non è una città che accoglie il Messia, anzi è una città che lo scaccerà fuori delle sue mura, uccidendolo. Ma a Gerusalemme c'è il tesoro del popolo: la Scrittura.
4. Erode regnò dal 37 al 4 a.C. Il suo regno comprendeva la Giudea, l'Idumea, la Samaria, la Galilea, la Perea e altre regioni dell'oriente. E Gesù che nascerà qualche anno prima della morte di Erode ci fa rivedere la data di nascita, da collocare, probabilmente verso il 6/7 a.C. La datazione dalla nascita di Gesù è stata sbagliata di alcuni anni quando è stata fissata circa nel secolo V/VI d.C.
5. Gli scribi, chiamati anche «dottori della Legge» (Lc 5,17; At 5,34) hanno la funzione d'interpretare le Scritture e, in particolare, la Legge mosaica, per ricavarne le regole di condotta della vita giudaica (cf.Esd 7,6.11; Sir 39,2). Questo compito dà loro prestigio e influenza presso il popolo. Sono membri del gran sinedrio con i sommi sacerdoti e gli anziani. Essi sanno indicare il posto poiché conoscono i profeti. La Parola del Signore chiaramente aveva indicato Betlemme come il luogo da cui "uscirà un capo che sarà Pastore"( Mi5,1-3).
6. Erode si fa descrivere tutto dai Magi: il tempo, il viaggio, le attese, le loro speranze e i magi, con molta chiarezza e molta ingenuità, garantiscono e promettono che al ritorno racconteranno.
7. Quando escono fuori da Gerusalemme, finalmente la stella, che ha orientati i Magi, ricompare. Gerusalemme ha la Parola ma non sa capire il presente ed il tempo. Il Signore allora suggerisce che per trovarlo sono necessari i segni della propria quotidianità e del proprio lavoro e la Parola di Dio. Presi da soli non si trova il Signore. E quindi, con "grandissima gioia", arrivano "alla casa" (nel frattempo Giuseppe e Maria hanno trovato un alloggio decente e Gesù ormai deve avere più di un anno). E finalmente giungono poiché sono determinati ed hanno utilizzato tutti gli strumenti a diposizione: il lavoro e la Parola. Così aprono" i loro scrigni" per offrire tre doni, ricchezze e profumi di Arabia (Ger 6,20; Ez 27,22). I Padri e gli scrittori biblici hanno interpretato nei modi più diversi: e tuttavia vi hanno visto simboleggiata la regalità (oro), la divinità (incenso) e la passione (mirra) di Cristo. L'adorazione dei Magi compie gli oracoli messianici che annunciavano l'omaggio delle nazioni al Dio d'Israele (cf.Nm 24,17;Is 49,23;60,5s;Sal 72,10-15).
Così questo testo riprende temi fondamentali: nessun popolo è escluso. Ci sono segni e una Parola sufficienti per incontrare il Signore. Il Signore è disarmato ed è un bambino che garantisce misericordia e accoglienza. Ma a ciascuno vengono riconosciute responsabilità e impegni per vivere e cambiare il mondo, rendendolo più umano e più luminoso.

 

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