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TESTO Commento su Luca 1,39-45

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IV Domenica di Avvento (Anno C) (23/12/2012)

Vangelo: Lc 1,39-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,39-45

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Padre Alvise Bellinato

LE VIE DI DIO

La prima lettura che abbiamo ascoltato, dal libro del profeta Michea, è un brano abbastanza famoso della Bibbia. Ci ricorda che il Messia verrà in modo differente da come si sarebbero immaginato in molti: verrà con umiltà e semplicità, senza fare chiasso e senza gloria. Nascerà in un piccolo villaggio di Giuda chiamato Bet Lehem (casa del pane).

È forte il contrasto tra "E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda," e ciò che segue. Alle parole "Betlemme", "piccola", "villaggio", seguono "dominatore", "forza del Signore", "maestà del nome del Signore", grande fino ai confini della terra".

È questa la logica di Dio: fare cose grandi nella piccolezza, senza clamore, senza effetti speciali o roboanti.

Ciascuno di noi è chiamato a riflettere, in questo finale del tempo di Avvento, sullo stile di Dio, il quale cerca cuori semplici e poveri, per realizzare progetti grandi. Un primo rischio del Natale è quello di attendere Gesù nel modo sbagliato: in un'ottica di grandezza, di gloria, in una visione umana, che non ha nulla a che vedere con quella di Dio.

Gli abitanti di Betlemme, quando il momento del parto della Vergine avverrà, non si accorgeranno di ciò che sta realmente accadendo nella grotta, accanto a loro. Ci vorranno dei magi giunti da lontanissimo, per riconoscere nel bimbo che giace nella mangiatoia il "dominatore", il "re della pace", il Messia.

Anche questo è un rischio del Natale: non accorgerci che Gesù è accanto a ciascuno di noi, averlo in casa e non saperlo riconoscere. A volte i "lontani", coloro che osservano la Chiesa dall'"esterno" possono vedere cose che noi, "vicini", non vediamo.

Natale è quindi un invito a cambiare il nostro sguardo, a purificare gli occhi per sapere accogliere Cristo con cuore semplice, presente anche in situazioni e contesti in cui, tendenzialmente, saremmo portati a non riconoscerlo. Le vie Dio sono differenti da quelle dell'uomo.

Sempre nella prima lettura abbiamo ascoltato queste parole: "Perciò Dio li metterà in potere altrui, fino a quando partorirà colei che deve partorire;". È una visione del tempo nuova e meravigliosa.

Mentre abbiamo osservato, in questi giorni, come tante persone si sono agitate per le profezie dei Maya, con la loro visione ciclica e ripetitiva del tempo, la Parola di Dio ci rassicura e ci consola: il tempo non è in balia del fato o, peggio, del caso. Il tempo non dipende da "cicli. Il tempo è "grazia", il tempo è nelle mani di Dio. Esso, nella Bibbia, che ancora non conosce gli orologi, è misurato con la clessidra: quando la sabbia presente nella parte superiore scende in quella inferiore, allora il tempo di "riempie". Giunge la "pienezza" del tempo: il tempo diventa "pieno".

In quest'ottica, in cui tutto è nelle mani di Dio (e non del caso) anche le sofferenze o le cose che si fa fatica a capire, hanno un senso. Anche l'essere "in potere altrui" diventa condizione positiva e misteriosa perché "partorisca colei che deve partorire".

Natale ci insegna che il tempo è grazia e che tutto è nelle mani di Dio: dobbiamo avere fiducia: Dio sa dove sta portando l'uomo e la storia: non verso un altri ciclo, ma verso la pienezza.

Ci ritornano in mente le parole di Giovanni Paolo II ad Assisi, in occasione dell'incontro con i rappresentanti delle religioni del mondo: "Esprimo la mia personale convinzione che la pace porta il nome di Gesù Cristo". In modo del tutto simile il profeta Michea afferma: "Egli stesso sarà la pace!".

Natale è scoprire, a livello personale, familiare e comunitario, che la presenza di Cristo, con le nuove categorie da lui inaugurate di umiltà, semplicità, fiducia nel Padre, può portare la pace e la riconciliazione nei rapporti tra gli uomini.

Questa è la fede della Chiesa, che viene espressa nella liturgia: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini d buona volontà".

La visione del tempo lineare, tipica della Bibbia (in contrasto con quella ciclica delle altre culture del periodo) ci ricorda che la via è opportunità, progetto, vocazione.

"Di me sta scritto nel rotolo del libro - io vengo per fare, o Dio, la tua volontà" dice Gesù al Padre nella seconda lettura.

La vita umana non si inserisce in una visione ripetitiva, in cui si alternano le ere. Essa è unica e irripetibile, preziosa e singolarmente unica. Dio ha un progetto su ciascun uomo: ha scritto questo progetto nel suo libro.

Questa nuova visione, che viene ricordata a ciascuno di noi nel tempo di Avvento, introduce anche una nuova categoria di sacrificio: l'obbedienza, l'adesione alla volontà del Padre, la risposta alla vocazione personale, vale più di tutti i sacrifici esteriori.

Con il suo sì" al Padre, Cristo "abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo". Conta la libera volontà e generosità nel rapporto con Dio. Grazie alla libera volontà di Gesù, che si fa uomo per noi, "mediante quella volontà siamo stati santificati".

Anche qui la Parola di Dio ci invita a fare un passo verso l'interno, verso il cuore e l'interiorità: ciò che interessa a Dio si trova non in cose esteriori, ma nelle nostre decisioni e atteggiamenti del cuore.

Nel Vangelo odierno ci viene riproposta la bellissima icona della Visitazione.

Maria "va in fretta verso la regione montuosa". È la fretta della fede, che vuole rispondere subito: "Ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà!". È la fretta della speranza, che vuole verificare le promesse dell'Altissimo: "Vedi, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio". È la fretta della carità, che vuole servire Elisabetta nella sua gravidanza.

Il Vangelo ci dice che "Entrata nella casa di Zaccaria, Maria salutò Elisabetta". Non sappiamo esattamente che parole usò. Con tutta probabilità si trattava del saluto ebraico per eccellenza: "Shalom!". Un saluto difficile da tradurre con una sola parola. Dire "Shalom!" significa bene-dire, cioè dire-bene. Augurare a una persona tutto il bene possibile.

Gli effetti del saluto sono sotto i nostri occhi: le due donne si benedicono a vicenda, dicono bene di Dio, sono nella gioia e nella pace.

I frutti della benedizione sono rapporti umani riconciliati e armonici. Anche qui, le vie di Dio sono misteriose: la pace si costruisce innanzitutto con atteggiamenti del cuore, prima che con gesti esteriori.

Chiediamo a Dio che il Natale del suo Figlio ci trovi pronti e attenti alla sua voce, imitando colei che, per la sua obbedienza, meritò di concepire il Verbo della vita nel suo seno.

 

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