TESTO Tabor, infine
Paolo Curtaz Ti racconto la Parola
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II Domenica di Quaresima (Anno C) (07/03/2004)
Vangelo: Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Tabor, infine. Siamo entrati nel deserto della quaresima per arrivare fino a lì, su quella piccola collina di Galilea, arsa dal sole ma ombrosa e ventosa. Vogliamo riscoprire e scegliere che uomini essere, come Gesù ha scelto che Messia diventare, per potere salire, come gli apostoli, quel piccolo monte che ad ogni credente dice la bellezza di Dio.
Sì, perché di bellezza, si tratta. Tabor evoca il momento in cui Gesù, grande Rabbì, carismatico profeta, svela la sua vera identità, supera il limite e si dona alla vista sconcertata e stupita degli apostoli. Tabor dice dell'assoluta diversità di Dio, della sua immensa gloria, della sua indescrivibile bellezza.
Tabor è la meta della quaresima. E questo occorre dirlo e ridirlo a noi cattolici inclini all'autolesionismo, che associamo la fede al dolore, che raffiguriamo sempre Gesù come il crocifisso, scordandoci del Risorto, e che già pensiamo alla quaresima come al tempo della rinuncia e non al tempo dell'opportunità e della conversione. Verrà il tempo del dolore, e un altro monte, una piccola cava di pietra in disuso chiamata Golgota, ci troveremo dinnanzi.
Ma prima – assolutamente – occorre ricordarci della bellezza di Dio, della sua inebriante presenza. La liturgia, provocandoci, infila la trasfigurazione all'inizio del cammino penitenziale, per indicarci il luogo da raggiungere. Se pongo dei gesti di conversione e di solidarietà, di rinuncia e di digiuno, di preghiera e di essenzialità è solo per poter essere libero e vedere la gloria del Maestro.
Siete già saliti sul Tabor nella vostra esperienza di fede? Sì, amici, perché Dio ci dona - a volte – di assistere alla sua gloria. Un momento di preghiera che ci ha coinvolto, una messa in cui siamo stati toccati dentro, una giornata in quota in mezzo alla neve con la bellezza della natura che diventa sinfonia e ci mozza il fiato.
Attimo, barlumi, in cui sentiamo l'immenso che ci abita. E il sentimento diventa ambiguo: talmente grande da averne paura, talmente infinito da sentircene schiacciati, talmente immenso da restarne travolti. E' la paura che prende Pietro e compagni, è il terrore che abita Abramo prima di incontrare il suo Dio. Il sentimento della bellezza di Dio, la percezione della sua maestà ci motiva e ci spinge. Pietro lo sa: "E' bello per noi restare qui". Finché non giungeremo a credere grazie alla bellezza che ci avvolge, ci mancherà sempre un tassello della fede cristiana.
Sapete perché sono prete, amici? Perché non ho trovato nulla di più bello di Cristo.
Dovremo forse ricuperare questo aspetto nella nostra vita cristiana, ripartire dalla bellezza. Le nostre periferie sono orrende, orrende le città, orribili le finte-vacanze che ci vengono proposte in mezzo a finti paesaggi immacolati. Orribile il linguaggio e le persone che ci raggiungono dal mondo della politica e dello spettacolo. Abbiamo urgente bisogno di bellezza, della bellezza di Dio che è verità e bene e bontà.
Non è forse questa la fragilità della nostra fede contemporanea? Non è forse questa la ragione di tanta tiepidezza della nostra comunità? Non abbiamo forse smarrito la bellezza nel raccontare la fede? Nel celebrare il Risorto? E' noioso credere. E' giusto – certo – ma immensamente noioso. Il Vangelo di oggi ci dice, al contrario, che credere può essere splendido. Varrebbe la pena di ricuperare il senso dello stupore e della bellezza, l'ascolto dell'interiorità che ci porta in alto, sul monte, a fissare lo sguardo su Cristo. Facciamo delle nostre messe dei luoghi di bellezza: il silenzio, il canto, la fede, il luogo in cui preghiamo, può riportare un briciolo di bellezza nella nostra quotidianità.
Ieri, con alcuni amici che si occupano di inviarvi questa predica via mail, abbiamo calcolato che ormai siete oltre 4000 internauti a scaricare queste parole. Pensateci bene, amici: 4000 persone in giro per il mondo che questa settimana si impegnano a testimoniare la bellezza di Dio, con uno sguardo, un sorriso, un gesto gentile.
Non è una rivoluzione? Una conversione?
La rivoluzione della bellezza, la conversione all'amore, come discepoli di questo bellissimo Dio che stiamo cercando...