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TESTO Commento su Giovanni 18,33b-37.

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (25/11/2012)

Vangelo: Dn 7,13-14; Sal 92/93; Ap 1,5-8; Gv 18,33b-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 18,33-37

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Collocazione del brano
La solennità di questa domenica, l'ultima dell'anno liturgico, è dedicata a Cristo Re dell'universo. Poiché Marco non presenta brani che illustrino a sufficienza la regalità di Gesù, la liturgia ricorre ancora una volta al Vangelo di Giovanni. Il brano scelto è tratto dal processo di Gesù presso Ponzio Pilato. In esso si parla esplicitamente della regalità di Gesù, che sarà uno dei motivi per cui quest'ultimo sarà condannato.
Lectio
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: "Sei tu il re dei Giudei?".
Le autorità giudaiche dopo aver giudicato Gesù reo di morte lo portarono a Pilato, dalle autorità civili romane, perché fosse messo a morte. Essi però non entrano nel pretorio. Essendo vicina la Pasqua non potevano contaminarsi entrando in un luogo di pagani. Questo fa sì che il giudizio di Pilato nei confronti di Gesù sia risultato un andirivieni dentro e fuori il pretorio e che il dialogo tra il Re dei Giudei e il governatore romano si limitasse a loro due soli. Un colloquio del genere, senza testimoni può sembrare strano all'interno di un processo ufficiale. Però Gesù non era un cittadino romano, quindi Pilato poteva sistemare le cose da solo. Pilato dunque entrato nel pretorio chiede a Gesù se egli sia il re dei Giudei. Re dei Giudei è un po' diverso dal titolo con cui veniva indicato il messia, cioè Re di Israele. Per Pilato questo appellativo poteva significare che Gesù fosse il capo di una banda che voleva sostituirsi alle autorità locali ammesse dai Romani (come il tetrarca Erode Antipa) oppure un rivoluzionario zelota che voleva cacciare i pagani dalla terra santa. Ai tempi di Gesù il popolo che attendeva il Messia pensava che costui avrebbe avuto anche forza politica e avrebbe cacciato i romani da Israele. Gesù aveva sempre cercato di evitare il titolo di re, proprio per ovviare a malintesi di tipo politico. Il suo regno era di natura diversa.
34Gesù rispose: "Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?".
Mentre nei Sinottici Gesù si limita a una risposta ambigua (Tu lo dici), in Giovanni vi è l'affermazione esplicita della regalità di Gesù. Però prima egli, come è suo solito, fa una controdomanda a Pilato, lo coinvolge chiedendo di dichiarare la sua posizione riguardo alla regalità di Gesù.
35Pilato disse: "Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?".
Pilato nella sua risposta manifesta indifferenza, per lui si tratta solo di una lite interna ai Giudei. Pilato non teme che Gesù possa muovere un'insurrezione contro il potere romano. Questo mette ancora in risalto la responsabilità delle autorità giudaiche nella condanna a morte di Gesù.
36Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù".
Pilato aveva chiesto a Gesù che cosa aveva fatto di male per essere stato consegnato. Gesù risponde invece alla domanda precedente riguardante il suo essere re. Gesù usa il termine greco basileia, che più propriamente significa regalità . La sua regalità non è un potere di ordine terreno, la prova è il fatto che nessuno è venuto ad aiutarlo nel momento del suo arresto, come invece sarebbe accaduto per un qualunque altro re. Gesù ribadisce che la sua regalità non è di questo mondo. Non dobbiamo pensare che la regalità di Gesù sia solo ultraterreno. Ha una provenienza divina, ma si esercita sull'umanità, in modo ovviamente diverso da quello dei regni terreni.
37Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".
Pilato non vuole seguire il discorso di Gesù. Da buon romano vuole conoscere i fatti. Vuole sapere solo se Gesù è il re dei Giudei. Giovanni nella domanda mette solo "Tu sei re?". Questo allarga il senso della regalità di Gesù, egli è re non solo dei Giudei ma di tutto l'universo. Gesù risponde con la formula ambigua usata nei sinottici, ma quel "Tu lo dici" può significare che Gesù sottolinea il senso solo terreno che Pilato dà alla parola "re". Invece la regalità di Gesù ha portata ben più ampia: egli è re perché è venuto nel mondo a dare testimonianza della verità. Per Giovanni Gesù è re come lo era Jahwè nell'Antico Testamento: colui che ha dato la Legge. Anche Gesù ha dato una legge, la verità. Gesù è testimone del Padre, ciò che ha visto, lo ha rivelato agli uomini. Con questo propone agli uomini il dono della comunione con Dio. Chi lo accoglie si pone in ascolto e in apertura verso la verità di Dio.
Meditatio
- Cosa suscita in me pensare a Gesù Cristo come "re"?

- Quale è il mio desiderio nei confronti del Re dell'universo?

- Come vivo la mia "sudditanza" nei confronti di un Re del genere?
Orazione colletta della 34a domenica del Tempo Ordinario, solennità di Cristo Re
Dio, fonte di ogni paternità, che hai mandato il tuo Figlio per farci partecipi del suo sacerdozio regale, illumina il nostro spirito, perché comprendiamo che servire è regnare, e con la vita donare ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo, primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra. Egli è Dio...

 

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