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TESTO L’AMORE ALLA PROVA

mons. Antonio Riboldi

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/02/2004)

Vangelo: Lc 6,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Ha fatto scalpore o scandalo ciò che è avvenuto giorni fa in una città. Un uomo che aveva forse amato con tutto il cuore una donna che poi sposò, per motivi che non spetta a noi giudicare, un giorno forse non seppe più tenere sotto controllo la grande rabbia che provava di essere stato messo fuori casa, per la separazione che era avvenuta tra i due. E decide di fare pagare con la morte il torto subito (se torto c'è in questi numerosi casi di separazione e quindi di divorzio). Riuscì a raggiungere la donna nella propria abitazione, dove un tempo le parole e gli incontri avevano la dolcezza di una sinfonia, quella che solo l'amore sa suonare, e l'uccise a martellate. Venne arrestato, confessò il proprio delitto e chiese quello che si chiama patteggiamento, che diminuisce la pena.

Non piacque alla comunità tale atteggiamento e scoppiò la rabbia, la voglia di vendetta, che si manifestò con manifesti di condanna, senza pietà, sulle mura della città.

E giustamente ci si chiese: "Il male c'è sempre stato e a volte indescrivibile e profondissimo. Ma quale è la medicina cristiana ed umana? C'è chi dice: "Paghi fino in fondo il danno commesso, fino all'ultimo respiro; una vendetta insomma che ha l'aria della goccia sul capo come si usava un tempo, fino a procurare la morte. Una goccia che doveva essere un tormento senza sollievo, un dolore continuo". "Ma non può essere il perdono la giusta medicina? ossia una penitenza adeguata, ma che lascia uno spiraglio alla conversione e quindi al perdono?"

Non so cosa ne pensiamo noi cristiani, quando sentiamo il Santo Padre affermare che "la pace è frutto di giustizia, dialogo e perdono". Si può perdonare il terrorista che fa tante stragi? E in piccolo si può perdonare chi ci fa del male? Il male, quello che arriva al cuore, produce una ferita a volte profonda e la si sente. Si è convinti che ogni ferita può trovare la guarigione solo con la vendetta o il ricambio dell'odio. Difficilmente si crede al perdono.

Gesù oggi, nel discorso detto della montagna, che viene subito dopo le beatitudini, detta le norma della carità, che sono esattamente l'opposto di quello che noi, avvelenati dall'odio di satana, che conosce solo la vendetta, accettiamo con difficoltà. "Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla; il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché Egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli. Ed in un altro passo, sempre dello stesso discorso: "Se state andando a portare l'offerta all'altare e vi ricordate che un vostro fratello ha qualcosa contro di voi, lasciate l'offerta e prima andate a fare pace".

In altre parole Gesù vuole che il nostro cuore non abbia alcuna chiusura, o peggio, verso alcuno. Il cuore deve conoscere solo ciò che gli spetta, l'amore, fino al perdono, che è la sola cura della ferita ricevuta.

Dalla croce, dove davvero avevano trovato posto tutte le più incredibili offese a Dio, offese talmente tante e gravi, da ritenere piccolo l'inferno per contenere chi offende, se la giustizia divina fosse vendicativa come la nostra, Gesù guarda all'umanità e dice le stupende parole che sono poi l'eredità lasciata a chi crede di essere con Lui, "Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno". Ed insegnerà nel Padre nostro: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori".

In altre parole o si ha il cuore veramente libero da ogni rancore o vendetta e si è degni di sedersi al banchetto dell'amore, che è l'Eucarestia, perché non si può barare: lì è il luogo dell'amore a tutto campo; o non è "puro" da odio o altro, ed allora si rischia di essere cacciati, perché, dice Gesù in altra parabola, non si ha l'abito di nozze.

Viene da chiedersi: "Se davvero è così, conoscendo come è facile avere il cuore "impuro", ossia macchiato da qualche odio o divisione, quanti possono sedersi a quella Mensa dell'amore? Quanti hanno davvero l'abito di nozze?"

Può sembrare follia di Dio il perdono sempre, ma è la sola medicina per vivere o tornare a vivere, dopo avere offesa la carità.

Ho frequentato a lungo le carceri italiane, al tempo dei terroristi, che si dicevano dissociati dal barbaro terrore, che è barbarie sempre, anche oggi. Quando, attraverso anche le parole di Paolo VI, dopo il sequestro Moro, e ancora di più dopo l'uccisione di Moro, capirono che la loro non era una guerra per aprire la strada alla giustizia - come vorrebbero farci credere ancora oggi - ma era criminalità, capirono che erano caduti nell'abisso della colpa, quella di essere criminali, una colpa che li emarginava dalla comunità per sempre; come sepolti vivi senza speranza. "Forse è meglio la morte" dicevano. Fu il figlio di Bachelet, in occasione dei funerali del padre, ucciso dai brigatisti, a pronunciare la divina parola: "perdono". E per i brigatisti, anche se avrebbero dovuto scontare la pena, si aprì il cuore alla speranza, quella che veniva dal sapere che la società non negava il posto al perdono e quindi ad essere amati, nonostante tutto.

Ricordo molto bene il difficile cammino di questi uomini e donne verso la speranza, pure scontando la pena dovuta. Sapendo che la società aveva aperto le braccia come quelle del Padre, anche la pena aveva altro significato, quello del cammino verso la resurrezione. E tanti si sono inseriti nella società e nella chiesa, convinti di vivere liberi, ma considerando la vita come una continua riparazione al male fatto.

Non si riesce a conoscere la serenità quando il cuore è malato o per essere stato ferito dal male o ha la voglia di fare piegare il male. Non è serenità quella di molti che vivono il rapporto con altri dicendo: "Me la sono legata al dito e me la pagherà!"

Si rischia di avere le mani legate e non conoscere la gioia delle braccia aperte.

E non è conoscere la dolcezza cristiana, di vivere uno accanto all'altro, che è frutto della comunione di Cristo, considerare chi ci ha offeso come "morto". Quante volte si sente: "Perdono chi mi ha fatto del male, ma per me è come se non esistesse più; l'ho cancellato dalla mia vita". Questa non è la serenità del Vangelo.

Ci ha colpito, come uno squarcio di cielo, quando la sposa del soldato ucciso con altri, a Nassiriya, in Irak, disse: "Non odio chi ha ucciso mio marito: prego per i suoi nemici". Una frase che avrà scandalizzato tanti, che vorrebbero che ogni male venisse ripagato, qui e subito, magari con la guerra.

Ma una frase, tanto simile a quella di Gesù in croce, che mette in fuga le nubi dell'odio, per fare posto al sereno del perdono, che è la sola via per costruire la pace.

Come suonano dolci e necessarie le parole di Gesù oggi: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra, a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede: e a chi ti prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Lc. 6, 27-38).

Qui davvero il Vangelo si fa dolcissima porta di paradiso, che i santi seppero varcare. E noi? Che sia questa purificazione del cuore la nostra Quaresima, se vogliamo anche noi mettere una piccola pietra alla cattedrale della pace, e rendere più umano questo nostro mondo, che a volte disprezza l'amore.

 

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