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TESTO Può finire la religione ma non Dio

don Giovanni Berti

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/11/2012)

Vangelo: Mc 13,24-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,24-32

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

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Dove Gesù pronuncia queste parole? Non è affatto secondario sapere il luogo di questo dialogo con i discepoli...

Siamo davanti al Tempio di Gerusalemme, il luogo che per gli ebrei è il più sacro e che domina la città. L'evangelista Marco indica esattamente da quale prospettiva Gesù sta guardando il Tempio con i suoi discepoli, è dal monte degli Ulivi. Da li si vede molto bene il maestoso terrapieno e la muraglia costruita da Erode il Grande che sorregge tutto lo spazio fatto di portici, portali, scalinate e cortili, e infine il tempio vero e proprio che sta nel mezzo della vastissima spianata. Quando sono stato con i giovani questa estate a Gerusalemme, la guida ci ha fatto fermare per osservare quel che rimane del tempio proprio dal monte degli Ulivi, al di la della valle del Cedron. Del favoloso e sacro Tempio ebraico non è rimasta che la spianata e parte dei contrafforti e mura che sorreggevano la parte superiore che è stata sostituita dalle grandi moschee islamiche. Guardando oggi viene proprio da dire che Gesù aveva ragione quando all'inizio di questo capitolo 13 del Vangelo di Marco, mentre tutti guardano al Tempio e sono affascinati dalla sua bellezza e grandezza, lui ne preannuncia la profanazione e completa distruzione.

Nelle parole del Vangelo di oggi Gesù continua annunciando la fine di ogni idolatria e potenza umana. Il sole e la luna che si spengono, le stelle che cadono e le potenze del cielo sconvolte, sono un riferimento a tutte le forme religiose idolatriche del suo tempo. Per Gesù tutto è destinato a spegnersi e cadere, a cominciare proprio dal centro della religione a cui lui stesso appartiene insieme ai suoi discepoli. E la precarietà e limite coinvolgono tutte le altre forme religiose e potenze umane.

A duemila anni di distanza e conoscendo un po' la storia, possiamo dire che Gesù aveva visto bene. Sono tanti gli sconvolgimenti religiosi e politici che hanno portato nel corso dei secoli al rovesciamento e alla fine di molte strutture e civiltà umane. E anche oggi abbiamo noi stessi la sensazione di una grande precarietà e limite della nostra stessa società e persino della nostra stessa religione.

La nostra tradizione cristiana la avvertiamo minacciata e in pericolo di estinzione: la pratica dei sacramenti diminuisce sempre più, calano le vocazioni sacerdotali e religiose, chiudono conventi e parrocchie, e i luoghi della fede che un tempo erano frequentati e pieni di vita religiosa sono ridotti a vuoti musei.

Abbiamo anche la sensazione che la nostra stessa vita di fede personale si riduca sempre più, e attorno a noi troviamo sempre meno aiuti e sostegni per evitare questo, perché anche gli altri sono in crisi come noi.

E' la fine di tutto? Dobbiamo avere paura e perdere la speranza? Come fuggire da tutto questo degrado e fine?

Le parole che Gesù pronuncia ai suoi discepoli davanti al Tempio di Gerusalemme, non sono affatto parole di pessimismo e paura. Sono tutto l'opposto. Gesù invita alla speranza e conseguentemente a non fuggire. Gesù chiaramente annuncia che mentre tutte le cose umane sono precarie e finiscono, il "Figlio dell'uomo", cioè Gesù, viene con potenza e gloria, e opera un grande raduno. Gesù non viene a distruggere e disperdere, ma a costruire e creare una nuova unità umana.

Non siamo abbandonati, e anche se le tradizioni e consuetudini religiose più radicate finiscono, non finisce la presenza di Dio nella storia umana. Tutto passa e finisce, potenze umane, religioni e tradizioni... ma non passano e finiscono le sue parole e la sua stessa presenza nel mondo.

In altre parole, non devo fermarmi a rimpiangere il passato e magari a una vita religiosa un tempo più forte e ricca di manifestazioni. Non devo aver paura se chiudono parrocchie e conventi e non si fanno più le processioni e le tante messe di una volta. Non devo temere se la società cambia e sembra avere sempre meno riferimenti espliciti alla fede cristiana... Tutto passa e cambia, ma non la presenza di Dio e l'azione di Gesù con la potenza dello Spirito!

Gesù mi invita alla speranza anche quando le stesse certezze di vita concreta sono precarie e in pericolo. Penso alle difficoltà economiche personali e collettive di questo periodo che evidenziano il crollo di un sistema di benessere che credevamo inarrestabile (proprio come gli ebrei credevano incrollabile il loro magnifico Tempio). Anche in questo caso, pur vivendo per molti nella sofferenza e preoccupazione immediata, Gesù invita a non avere paura e a credere nella sua presenza che rinnova il mondo.

Tra cristiani allora abbiamo il compito di aiutarci a non dimenticare le sue parole e a sostenerci nella precarietà di vita. E la nostra missione nel mondo non è quella di difenderci ma di annunciare con nostre parole e gesti la sua presenza e le sue parole.

Gesù ci invita ad aguzzare la vista spirituale e a guardare i piccoli segni che il mondo, pur nella sofferenza e limite, non è finito, ma è destinato ad una eterna primavera. I segni che Dio è presente a volte sono piccoli come le piccole gemme sui rametti degli alberi apparentemente morti con il gelo dell'inverno... Le gemme ci dicono che la primavera e l'estate sono vicini. E allora, anche se immersi nel freddo, vedendo questi piccoli segni, riprendiamo calore interiore e speranza.

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