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TESTO Lo vedremo

don Luciano Cantini  

Tutti i Santi (01/11/2012)

Vangelo: 1Gv 3,1-3 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,1-12

In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Figli di Dio

Siamo figli di Dio... perché? la prima risposta, semplice è che siamo sue creature: egli ci ha fatti e noi siamo suoi (Sal 100,3). Il racconto della creazione fa iniziare la storia da un solo uomo, perché chiara fosse la vocazione all'unità e non soltanto della coppia. Dal racconto biblico emerge questa universalità che non esclude nessun uomo. Allora ne è consequenziale la visione apocalittica: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua (Ap 7,9). Ma per Giovanni siamo figli di Dio non per naturale creaturalità, ma per il fatto che siamo inondati dall'amore di Dio. Perché Dio è amore (1Gv 4,16).

Ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato

Ecco il mistero della vita, quella che viviamo ogni giorno, che ogni giorno, nel suo dipanarsi rivela se stessa. Ogni presente è rivelazione del successivo futuro, il nostro sguardo è breve e per quanto possiamo organizzare, programmare e prevedere, il nostro futuro rimane nella oscurità. Ogni tanto i fatti della vita, certi accadimenti, ci ricordano il senso della provvisorietà del nostro essere, il limite dello svolgersi del tempo. La non conoscenza del futuro, non è un limite, anzi è stimolo a vivere il presente con intensità e impegno a leggere i segni dei tempi.

Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

Non è possibile, però, leggere i segni del nostro tempo, quelli che coinvolgono la mia persona e quelli che coinvolgono più significatamente il mondo che mi circonda e la società in cui vivo, senza una prospettiva. L'autore di questa lettera intravede nel racconto dell'atto creativo dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, la prospettiva ultima: il compimento di quanto iniziato. L'uomo con il peccato ha perso la capacità di guardare negli occhi di Dio - «tu non puoi vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare in vita» (Es 33,20) - ma questo dono rimane nella prospettiva delle cose ultime.

Al termine della storia quel rapporto incerto - a volte infantile - che lega il mio io al tu di Dio supererà ogni limite, l'esperienza della relazione con la Persona di Dio, vissuta oggi nel dubbio e nella debolezza umana, e la comprensione piena del suo amore mi trasformerà.

Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso

La dialettica fra rivelazione e nascondimento ha fondamento nella visibilità di Dio nell'umanità di Gesù. «Chi vede me vede il Padre» (Gv 14,9) La volontà del Padre è che chi vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna (6,40).

Questa certezza alimenta la speranza e la fede; «Ora vediamo come in uno specchio» (1Cor 13,12), dice san Paolo, ma la nostra relazione con Gesù, il nostro sguardo su di lui, l'ascolto attento della sua Parola, la conversione quotidiana ai suoi insegnamenti, ci prepara alla visione finale di quella gloria il cui bagliore intravediamo nel volto di Cristo.

 

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