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TESTO Siate misercordiosi come è misericordioso il Padre Vostro

don Romeo Maggioni  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/02/2004)

Vangelo: Lc 6,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Oggi ci viene proposto ciò che è più specificamente cristiano nel rapporto con gli altri, quell'amore capace di tolleranza, di liberalità, di misericordia fino all'amore ai nemici. Cose che sorprendono e urtano un poco la nostra sensibilità e ce le fanno credere quasi impossibili, o belle utopie per iniziati.

Proprio questa lontananza dai nostri gusti mette in discussione seria la nostra fede: vuol dire cioè che la nostra integrazione come credenti è ancora agli inizi, che cioè non abbiamo ancora iniziato a sentire anche psicologicamente quella novità di vita che Gesù è venuto a portare, e che ha costituiti noi, già dal battesimo, "figli dell'Altissimo".

Vale la pena di fermarci un momento, prima di sentire lo stile della carità cristiana, a scoprirne le motivazioni e soprattutto la fondazione, convinti come siamo che l'agire deve sempre essere conseguenza dell'essere.

1) LA FONDAZIONE

Oggi - anche tra "cristiani" - si pensa che sia già molto giungere ad "essere uomini", a "umanizzare la storia", dimenticando che ben altro è il nostro destino, anzi la nostra già iniziale struttura, quella di essere uomini divinizzati, cioè chiamati a vivere da figli di Dio per divenirne eredi. Quando Dio decise di creare l'uomo, subito lo volle suo figlio proprio, a immagine del suo Figlio Unigenito, che da allora è divenuto primogenito di molti fratelli, modello quindi e stampo sul quale ognuno di noi è stato creato. Non esiste una natura umana astratta o ipotetica, ma esistono solo uomini che sono partecipi della natura divina, impastati di divino, chiamati per dono gratuito a divenire niente di meno che "simili a Lui", a Dio! Creati appunto - dice la Bibbia - a immagine e somiglianza di Dio. Erroneamente quindi pensiamo che la nostra misura propria sia quella di "uomini e basta", e non piuttosto quella di "cristiani".

E' capitato che questo progetto divino, affidato alla nostra libertà, sia stato come scompigliato, o rifiutato: fatti a immagine somigliante a Dio, abbiamo perso questa somiglianza, e siamo una immagine sfuocata. Sta qui la percezione parziale e distorta di noi, quasi fossimo solo "terrestri" o "carnali" come usa dire san Paolo - quasi cioè potessimo fare a meno di Dio. E' l'eredità del peccato che non ci fa più cogliere la nostra più profonda natura. Ed è qui la causa di tanta frustrazione e insoddisfazione, come di chi fatto per vivere da gran signore si accontenta o rassegna a vivere in miseria. Si tratta di riscoprire il fondo più vero di noi, di riappropriarsi quella somiglianza. San Paolo ci parla oggi - nella seconda lettura - di un cammino da fare dalla condizione puramente naturale (quella del primo Adamo ribelle) a quella "spirituale", cioè divina (del secondo Adamo cresciuto secondo lo Spirito santo): "Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo della terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste".

Ne consegue che se siamo figli di Dio, se in noi è ridata col battesimo la condizione e la forza di vivere da Dio, la norma della nostra vita non è soltanto umana, ma divina, cioè quella di vivere nello stile di Dio, perché ormai solo questa è la legge che esprime la nostra più autentica natura. La carità, la gratuità, l'amore - essendo lo stile divino e quindi lo stile più autenticamente umano - prima che precetti sono una esigenza di onore di famiglia, sono l'espressione della nuova qualità di vita cui apparteniamo. Il Concilio dice che l'uomo si realizza nell'amore, col donarsi sinceramente agli altri (cfr. GS 24,4). E, naturalmente, ce ne è data la capacità, ben al di là della nostra buona volontà, perché è la presenza dello Spirito santo con i suoi articolati impulsi a rendere intelligenza, volontà e cuore in grado di agire "da Dio", da figli di Dio. Abbiate un cuore grande - ci dice Gesù - come quello di vostro Padre "che è benevolo verso gli ingiusti e i malvagi". E' per sintonia col cuore di Dio che noi siamo chiamati ad essere misericordiosi come Lui.

2) SIATE MISERICORDIOSI

Se la nostra identità è quella di figli di Dio, la nostra regola deve essere quella dell'agire stesso di Dio: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48). E poiché la perfezione di Dio è l'amore gratuito, fedele e misericordioso, ecco la versione di Luca: "Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro". Più precisamente però, Dio ha voluto incarnare in una concreta vicenda umana questo suo amore, e lo ha fatto in Gesù di Nazaret, il Dio dal cuore di uomo, un uomo che traduce in forma umana l'amore - o lo stile d'amore - di Dio. Lui, Gesù, è il modello dell'amore che siamo chiamati a vivere; e Gesù riformulerà la norma suprema dell'amore quando dirà: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv 15,12). Quell'amore capace di dare la vita per i propri amici fino alla morte di croce; quell'amore che sa amare e perdonare i propri crocifissori, è niente di meno che lo stesso amore che Gesù ci ha consegnato da vivere anche noi tra di noi.

In particolare il primo elemento specifico è il rispetto reciproco, la tolleranza, la larghezza di cuore che sa perdonare agli altri quello che vorremmo gli altri perdonassero a noi. "Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro". Così è del giudicare, "perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio". Del resto Gesù la porta come condizione anche per un retto rapporto nostro con Dio: "Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe" (Mt 6,14-15).

Ma la magnanimità di Dio va oltre: ci ha amati, dice san Paolo, quando noi eravamo suoi nemici! Ecco allora l'invito ad andare oltre, a usare mitezza anche coi nemici, cioè non rispondere male per male, ma al contrario fare come ha fatto Gesù nella sua passione, "maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca: era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori" (Is 53,7); fino anzi a volere il bene dei propri nemici, a vincere il male col bene (Rm 12,21). "Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.

E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Amate invece i vostri nemici". L'amore è dono, non guarda in faccia al merito; trova la sua motivazione alla sorgente; e l'amore cristiano nasce e si radica nell'amore a Dio, ne diviene sua incarnazione presso il prossimo e va oltre il suo volto per vedere quello di Cristo: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). In questo senso Gesù oggi ci dice: "e il vostro premio sarà grande".

Davide, giunto ad avere a portata di mano il suo nemico, si trattiene dall'ucciderlo, affidando a Dio la sua giustizia: "Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà".

Ecco, quando perdoniamo, quando abbiamo il cuore largo e vinciamo il male col bene, non rinunciamo alla giustizia, non menomiamo un nostro diritto; lo affidiamo a Dio questo diritto, che vede e giudica con più profondità e verità il cuore anche di chi ci fa del male. "Essendo giusto - afferma il libro della Sapienza - governi tutto con giustizia. La tua forza infatti è principio di giustizia. Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza e reprimi l'insolenza in coloro che la conoscono" (Sap 12,16-17).

 

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