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TESTO Bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato

Ileana Mortari - rito romano  

Esaltazione della Santa Croce (14/09/2012)

Vangelo: Gv 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,13-17

13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

L'evangelista Giovanni fu l'unico degli apostoli che rimase fino alla fine con Gesù, anche dopo il suo arresto, anche sotto la croce: quando con i suoi stessi occhi lo vide morire, capì, per dono dello Spirito Santo, che la salvezza degli uomini non poteva venire per altra via. Ecco perché nel brano di Nicodemo, da cui è tratto il vangelo odierno, troviamo: "bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna."(Giov.3,14b-15)

"Bisogna", in greco "dei" (= è necessario), è un termine senza equivalente semitico, che compare un centinaio di volte nel N.T. quasi sempre in riferimento al progetto di Dio, al Suo piano di salvezza universale inserito nella storia degli uomini. Ma perché mai "erano necessarie" la passione e la morte di Gesù? non c'era altro modo per salvare gli uomini? E, se così "doveva" succedere, dove sta la libertà di Gesù? E' il Cristo solo una "marionetta" nelle mani di Dio?

Per rispondere a tutte queste domande dobbiamo ripensare a quella che è la "storia della salvezza", cioè "l'ingresso di Dio nella storia, per condurre l'essere umano al suo fine ultimo - la piena realizzazione di sé - mediante l'offerta all'uomo della Sua alleanza".

Tale storia dimostra chiaramente qual è l'amore di Dio per la sua creatura: è un amore davvero eccezionale, che non si ferma davanti a nessun ostacolo.

Infatti, in una prima fase (Antica Alleanza o Primo Testamento) accade che, sia nel lontano periodo delle origini (Gen.1-11), che nelle vicende dei Patriarchi e poi nel periodo monarchico, esilico e post-esilico, l'ostinazione dell'uomo nel male e nel peccato sia più forte dei continui richiami di Dio (anche attraverso i profeti) al Suo amore portatore solo di bene.

E allora Dio decide di inviare il suo stesso Figlio, "in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, per condannare il peccato nella carne" (Romani 8,3)

Di qui il fatto storico dell'incarnazione del Verbo (2° persona della Trinità) e la Sua missione tra gli uomini: rivelare il volto di Dio, e dunque il Suo amore, e rivolgere loro l'ultima chiamata, l'estremo appello a ricambiarlo (Nuova Alleanza o Nuovo Testamento).

In questa sua missione Gesù si trovò a dover fronteggiare il terribile avversario del Male/Maligno, incontrando fin da subito incomprensioni, ostilità, persecuzioni. Egli però non esitò mai un momento a seguire la via indicatagli dal Padre; con totale libertà andò fino in fondo nel suo compito di testimoniare la Verità e rifiutò recisamente le vie alternative che di tanto in tanto gli si presentavano e lo tentavano: usare il suo potere per un successo facile, popolare e immediato, che gli avrebbe evitato la passione e morte (cfr. ad esempio Giov.6,15).

Invece, giorno dopo giorno, il Nazareno ha costantemente optato per l'obbedienza al Padre.

A un certo punto si è reso ben conto che le sue parole e i suoi comportamenti suscitavano nelle autorità religiose ebraiche un'ira e una collera tali da farlo considerare un sovversivo da eliminare; ma ancora una volta ha seguito con coerenza e coraggio la sua strada: non ha evitato di andare a Gerusalemme, sede del Sinedrio, non ha tentato la fuga, né opposto una resistenza armata insieme ai suoi; piuttosto è andato incontro ad una morte annunciata con sovrana libertà; si è lasciato arrestare, interrogare, flagellare, appendere alla croce.

"Perché mai - si domanderà l'uomo fino alla fine dei tempi - un Dio ha lasciato che si infierisse così su di Lui? Perché non è sceso dalla croce, come gli intimavano i suoi sbeffeggiatori, per mostrare la sua potenza?"

L'avrebbe potuto fare? Certamente, visto che in vita aveva guarito e resuscitato tante persone! Ma non l'ha fatto, perché - paradossalmente - proprio in questo non salvare se stesso ha salvato gli altri, gli uomini, tutti gli uomini, ciascuno di noi!

E come ci ha salvati? Compiendo la profezia di Isaia: "Egli è stato trafitto per i nostri delitti....Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui" (Is.53, 5)

Come in vita Gesù ha preferito soggiacere Lui, innocente, all'iniqua macchina giudiziaria giudaica, piuttosto che fare anche una sola vittima ricorrendo alla difesa armata, così ora, sulla croce, preferisce non salvare se stesso (pur potendolo fare!), ma offrire totalmente la sua esistenza per amore degli uomini.

E infatti proprio sulla croce è totale e perfetta la manifestazione dell'amore di Dio: "Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rom.5,8)

Gesù "ha dovuto" - e nello stesso tempo "ha voluto" - scendere nell'abisso del male, per distruggerlo alla radice con la sua libera conformità al piano del Padre e con il suo amore agli uomini. Immergendosi nella morte, conseguenza e "salario" del peccato, egli ha preso su di sé il peccato del mondo, cioè tutto il male della storia umana, e in tal modo lo ha svuotato dall'interno, cioè lo ha "tolto", e ha anche sradicato l'odio dal cuore dell'uomo.

Sublime mistero! Non decifrabile dalla nostra razionalità, ma forse un po' più comprensibile attraverso due immagini: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto"(Giov.12,24); il frutto è quella "vita eterna" (Giov.3,15) che prima abbiamo ricordato come conseguenza dell'innalzamento sulla croce del Figlio dell'uomo; e "vita eterna" in Giovanni significa la vita stessa di Dio in noi, vita che è salvezza, gioia e felicità.

Seconda immagine. In una gelida mattina d'inverno un nonno e il suo nipotino si trovarono a passeggiare lungo uno stagno ghiacciato; il piccolo volle provare a pattinarvi sopra, ma il ghiaccio non tenne ed egli cadde nell'acqua gelata; immediatamente il nonno staccò un ramo, lo porse al bambino e con uno sforzo immane riuscì ad estrarre il nipote dal crepaccio; egli però soffriva di cuore e nella notte un attacco cardiaco gli fu fatale. Il bambino volle recuperare quel pezzo di legno con cui il parente ad un tempo gli aveva salvato la vita ma aveva perso la sua, e lo pose su una parete come segno del grande amore del nonno per lui, il nipotino amato, che in quel tragico momento aveva potuto essere salvato solo in quel modo!

Ecco, credo che questo raccontino dica molto bene il significato e il valore della croce, strumento di cui si è servito l'Amore di Dio per salvarci (dal male, dal peccato, dalla morte spirituale e dal non senso), e dunque ben degna dell'onore tributatole nella odierna festa liturgica.

 

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