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padre Gian Franco Scarpitta  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/02/2004)

Vangelo: Lc 6,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Non soltanto gli risparmia la vita, ma lo considera addirittura un "consacrato del Signore". Stiamo parlando di Davide nella contestualità della prima Lettura di oggi: perseguitato dal re Saul che gli aveva appena scatenato dietro una vera turba militare di 3000 uomini, questi si trovava adesso in condizioni vantaggiose tali da poter uccidere il monarca colpendolo alle spalle e senza correre il rischio di essere individuato; tuttavia non approfitta di questa opportunità, appunto perché riconosce il carattere sacrale della persona di Saul e si dispone quindi al perdono.

Ma c'è di più: Davide confida nella giustizia di Dio, affermando che "Sarà il Signore a colpirlo".

Nella vita di questo personaggio che percorre quasi per intero i due Libri di Samuele, si evincono un'umanità e una grandezza di spirito dalla portata non indifferente che suggeriscono come cosa certa ed inoppugnabile il fatto che dalla sua stirpe sorgerà il Messia Gesù Cristo: non soltanto in questa circostanza, ma anche in altre occasioni episodiche quali il pianto per la morte del figlio Assalonne che lo stava perseguitando, il pentimento sincero dopo il suo peccato con Betzabea e altro ancora si evincono la bontà effettiva e grandiosa che accomunano Davide a Gesù Cristo (pur essendo questi molto più perfetto) in tutto, e in particolar modo in una pedagogia difficile quanto importante: l'amore verso i nemici.

Su questo tema torna anche Gesù, con la sottolineatura che tale atteggiamento è condizione essenziale per essere graditi a Dio e Suoi discepoli: "Se amate infatti i vostri amici che merito ne avrete? Anche i pagani fanno così"; e ancora una volta vi afferma per implicito la caratteristica di "sacralità" delle persone da rendersi da parte nostra oggetto d'amore: i nostri nemici sono persone poste in essere in virtù dell'amore di Dio che si mostra provvidente anche nei loro confronti; come si afferma in altro testo evangelico "Dio manda il sole e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti", il che vuol dire che verso tutti nutre il medesimo amore e la medesima predilezione. Se tale è l'atteggiamento di Dio, tale dovrebbe essere il comportamento dell'uomo nei riguardi dei suoi simili: nella logica del cristianesimo "l'altro" potrà anche essere considerato un "avversario", ma nulla ci giustifica a trattarlo come un "nemico" ossia come l'oggetto del nostro odio e della nostra inimicizia. Nulla giustifica il nostro rancore e il desiderio di vendetta nei confronti degli altri, per quanto male possano averci fatto. Anzi, se ben ci facciamo caso, fin quando noi non si estingue il desiderio interiore di manifestare acredine e cattiveria, finché si coveranno sentimenti di odio e di vendetta verso chi ci ha fatto del male questi medesimi non potranno che mostrarsi origine di malessere per noi stessi e risultare perniciosi per la nostra tranquillità spirituale, senza contare il fatto che marcheranno una pessima impronta nella nostre relazioni con gli altri.

Chi nutre dell'astio e del rancore non potrà mai affermare infatti di trovarsi in pace con se stesso. Con assoluta certezza sfogherà la propria ira anche su persone del tutto estranee al motivo della sua collera, ritrovandosi quindi ad essere visto con sospetto dal proprio ambiente, e in tutti i casi sarà vittima di interiori malanimi e instabilità che non gli consentiranno un sonno tranquillo.

Dimenticare il torto ricevuto ed essere disposti al perdono e alla riconciliazione equivale invece ad accettare gli altri così come sono anche nei loro limiti e nelle defezioni, ad acquisire costanza e paziente fiducia di fronte alle prove inflitteci da terzi considerando che chi ci fa' del male prima o poi sarà vittima del suo stesso atteggiamento secondo la logica del "Chi la fa' l'aspetti" o del "Chi di spada ferisce, di spada perisce." Certezze queste ultime di cui non solo troviamo episodi esemplari nella Bibbia, ma che la vita stessa ci manifesta per veritiere.

Ma se stiamo sottolineando tutti questi aspetti come realtà indispensabili per un retto criterio di convivenza, ciò non ci sta inducendo a considerare che l'amore verso i nemici sia cosa semplice e di attuazione immediata... Non è facile amare il prossimo nostro "nemico", specialmente in un contesto mondano nel quale ora in campo professionale, ora in campo studentesco, ora in tutte le altre dimensioni del vissuto ci si trova a dover interagire con persone che approfittano della tua bontà e della tua disponibilità e/o ti ricambiano con atti di scortesia, che pretendono da te a volte l'impossibile senza essere disposti a dare e con la sfacciataggine di pretendere da te ancora di più; per non parlare di quanti ingiustamente spettegolano alle tue spalle rendendoti oggetto di derisioni e di cattiverie altrui. Quante volte ci capita di esserei osservati con invidia e cattiveria solo perché il nostro senso cristiano di responsabilità ci induce ad essere e ad agire qualitativamente meglio? Quante volte poi si fa' del bene o si mostra dell'impegno che non viene mai preso in considerazione o che non viene ricompensato nel modo adeguato? Com'è difficile poi quel verso del Vangelo odierno "Porgi l'altra guancia"! Sembra che questo debba escludere da parte nostra ogni sorta di tutela e autodifesa.

Invece il Vangelo non esclude affatto la legittima difesa, se questa non viene interpretata nei termini di vendetta e non rischia di trasdormarsi in un pretesto per fomentare la violenza e legittimare l'astio e il rancore nei riguardi del prossimo (giustizia e tutela, non vendetta); così come non esclude la possibilità che con gli altri si possa adottare un tratto diplomatico: lo stesso Gesù, mentre ci qualifica come "agnelli in mezzo ai lupi" ci offre anche un preciso criterio comportamentale: "Siate semplici come le colombe, ma astuti come i serpenti". Occorre cioè molta prudenza e discrezione nelle confidenze ed è risaputo che non tutti io posso trattare con lo stesso metro di fiducia e di apertura; il carattere e l'atteggiamento altrui va' molte volte vagliato e ponderato ed chiaro che ci si deve premunire da eventuali ingiustizie. Tutto questo comunque non legittima l'odio nei confronti del nemico, né sentimenti di inutili e deleterie vendette e cattiverie, tanto più che in fondo chi ci ha fatto del male non è altro che una persona sfortunata. Si, ho detto proprio così: è sfortunato, giacché non ha avuto il privilegio di una formazione sufficientemente umana e atta a considerare gli altri come suoi simili degni di rispetto.... Insomma è carente di cristianesimo e di virtù. Ecco perché occorre pregare per lui.


LA PAROLA SI FA' VITA
-Spunti per la riflessione-

--Mi è capitata qualche delusione o tradimento nelle mie amicizie? Come ho reagito?

--Come reagisco quando mi accorgo che qualche amico mi spettegola o abusa della mia bontà?

--Da parte mia sono solito usare trasparenza e sincerità nelle mie amicizie, senza nascondere nulla a nessuno?

--Come vorrei che si instaurasse una relazione di amicizia? Cosa mia aspetto dagli amici?

--Sono solito sorvolare sulle offese ricevute? Come tratto le persone che mi hanno lenito o fatto un torto in passato?

--Come mi comporto nel trattare una persona che so già con certezza potrebbe mancarmi di fedeltà o parlare male di me?

--In che senso, secondo me, solo Cristo è fedele?

 

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