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TESTO Gesù condanna, senza mezzi termini, un'ipocrisia diffusa

mons. Antonio Riboldi

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/09/2012)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Tutti, credo, sappiamo come l'ipocrisia altro non sia che un voler mostrare ciò che non si è o, addirittura, fame una maschera della vita.

Il fatto che il Vangelo di oggi ci offre mostra la durezza di Gesù contro questa mistificazione:

"In quel tempo si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde - cioè non lavate, i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati le mani fino al gomito, attenendosi alle tradizioni degli antichi e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature dei bicchieri, stoviglie e oggetti di rame - quei farisei e scribi lo interrogarono: 'Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?'

Ed egli rispose loro: 'Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: 'Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate le tradizioni degli uomini'.

Chiamata di nuovo la folla, Gesù diceva loro: 'Ascoltatemi tutti ed intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo. Dal di dentro, infatti, dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: prostituzioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnie, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo". (Mt. 7,1-23)

Il vivere uno vicino all'altro dovrebbe essere l'occasione per una coscienza reciproca improntata alla chiarezza, ossia mostrarci per quello che siamo, senza inutili trasformismi, che sanno di ipocrisia - anche fisicamente!

Così, dialogando, non dovremmo nasconderci dietro parole senza senso o contrarie a quello che veramente pensiamo. È bello sapere che chi ci è vicino non è una 'mascherà, ma una persona sincera a cui possiamo parlare ed affidarci con fiducia.

Purtroppo spesso vi è invece tanta ipocrisia, che non può assolutamente aprire la strada alla vera conoscenza e quindi all'amicizia e alla stima.

Spesso, nonostante abbiamo, penso, tutti, nel profondo, un grande desiderio di mostrarci per quello che siamo, aiutandoci a vicenda nel correggerci, siamo forse ormai abituati a dare troppa importanza e a fermarci a ciò che appare, che non ha senso se non è ispirato all'essere profondo di ognuno.

Quante volte siamo assordati e confusi da tante parole, che alla fine si rivelano come solo rumore o siamo attratti da un modo di presentarsi, magari anche elegante e raffinato, per poi essere profondamente delusi dai comportamenti...

Nessuno condanna la cura del corpo o del vestito. Tutti abbiamo bisogno di stima, ma questa non si compra con la moda o l'estetica. La stima è un grande bene, che viene dalla sincerità, correttezza e rispetto che viviamo verso noi stessi e gli altri.

Ho incontrato tante, ma tante, persone, anche di grande prestigio, come Madre Teresa di Calcutta. Ho avuto l'opportunità di essere con lei in incontri con i giovani. Mi ha sempre colpito quel suo presentarsi discreto, per poi scomparire, senza farsi travolgere dagli applausi... come a difendere ciò che veramente sentiva di essere. E così era con il Santo Padre, Giovanni Paolo II. Colloquiando con lui era possibile come intravedere il suo cuore semplice, capace di ascoltare, amare e stupirsi. L'augurio è che nessuno di noi si presti all'ipocrisia, che è ingannare chi ci incontra, ma soprattutto se stessi. È importante imparare a vivere nella sincerità e nella libertà, senza mai avere paura di fare 'brutta figurà. Dobbiamo accettarci e presentarci agli altri per quel che siamo davanti a Dio: è il più bel dono che possiamo offrire a chi ci è vicino.

Soprattutto la sincerità delle parole, non solo fa tanto bene, ma mostra la bellezza della verità, che apre il cuore all'amicizia. Mai ipocriti, carissimi. Sempre con totale sincerità.

Siamo quello che siamo, 'vasi di cretà, sì, ma anche 'tempio dello Spirito'. Lasciamo che sia Lui ad operare in noi: è questa la via per essere ed avere amici, il cui amore e la cui sincerità la vedi negli occhi. Ci aiuti Maria, specchio di sincerità, puro riflesso della Divina Presenza.

All'inizio dell'anno scolastico: un augurio e una preghiera

Sento il dovere e la gioia di fare un grande augurio alla Scuola, docenti ed alunni, dalle Materne all'Università. È il cammino per la conoscenza e quindi per dare il giusto senso alla vita.

È grande la responsabilità, trattandosi di formazione di ragazzi e giovani, che si apprestano ad affrontare il serio impegno che la vita esige.

La Scuola non è una 'formalità', ma se ben vissuta, da tutti gli operatori, può diventare il momento formativo fondante per una crescita, vissuta all'insegna della responsabilità, della solidarietà, basi portanti della maturità personale.

Mi piace offrire a tutti le parole del grande maestro di vita, che è stato Giovanni XXIII:

"La figura del maestro, quella che tutti chiudiamo in cuore come uno dei ricordi più cari della fanciullezza, è tutta in questa altissima funzione, che lo fa educatore di anime, con la parola, con gli esempi, con l'opera paziente svolta attraverso tante difficoltà e rinunce.

Con quali profonde parole, a voi ben note, san Giovanni Crisostomo tratteggia tale incomparabile missione: «Che cosa c'è di più grande che governare le anime, e plasmare i costumi degli adolescenti? Io giudico senza dubbio il più eccellente di tutti i pittori, di tutti gli scultori ed artisti, colui che ben conosce l'arte di modellare l'animo dei giovani». Quest'arte non si impara sui libri, non si acquista con la pratica, ma si ottiene dalla grazia di Dio, dalla preghiera e da un lungo tirocinio di profonda vita cristiana, fin dagli anni fecondi dello studio e della scuola.

La grandezza di questa missione educatrice si giudica anche dalla responsabilità che le è collegata: all'opera dei maestri sono affidate le sorti stesse del civile consorzio, perché essi formano gli uomini di domani, instillando nel loro cuore, ancora tenero e duttile, insegnamenti e impressioni che resteranno dominanti per tutta la vita".

Conservo un ricordo irrepetibile in un anno del mio liceo, a Torino, presso l'Istituto dei Padri Rosminiani. Eravamo 33 allievi. Erano i tempi difficili degli ultimi anni di guerra, con le contrapposizioni tra partigiani e fascisti repubblichini. Anche tra di noi si discuteva, e soprattutto vi erano posizioni diverse: chi simpatizzava per gli uni e chi per gli altri, cercando di motivare attraverso il confronto le proprie scelte. Ma ci accorgemmo che la tensione poteva diventare non controllabile e troppo difficile era un'analisi oggettiva della situazione reale: la storia ha bisogno di tempo per poter essere compresa, tanto più quando coinvolge gli ideali stessi degli uomini, che l'hanno vissuta. Noi vi eravamo troppo 'immersi' dentro, per poter essere lucidi ed equilibrati.

Con una maturità, che ancora oggi mi stupisce e commuove, facemmo una sorta di patto: finché avremmo frequentato l'anno scolastico, tutti, senza eccezioni, dovevamo essere amici e rispettarci, mettendo in disparte il nostro 'credo politicò, che non poteva che essere causa di divisione e tensioni. Questo ci permise, in alcuni casi, di essere uniti nel difendere da situazioni difficili l'uno o l'altro compagno, indipendentemente dalla 'parte' in cui stava: importante era la persona, al di là delle sue stesse convinzioni politiche.

Ritengo che questo sia davvero il frutto di una scuola che educa, capace di guardare all'uomo, per salvaguardarne i più elementari diritti, oltre ogni ideologia.

Auguro che la scuola aiuti a far acquisire più consapevolezza della necessità, attraverso la riflessione, la disciplina e l'autocontrollo, di un cammino di vera libertà, per maturare una personalità equilibrata e serena, capace di aprirsi con rispetto e fiducia verso ogni realtà.

La Scuola, attraverso i suoi 'maestri', deve interpellare la libertà dei giovani, aprendo li ad una visione di ampio respiro, oltre il proprio 'piccolo orticello'.

'Un respirò, che abbia le sue radici nella convinzione profonda del valore della coscienza e della libertà di pensiero, di espressione e di azione, come basi dell'eguaglianza degli uomini e garanzia per la salvaguardia dei diritti di tutti.

 

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