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TESTO Commento su Giovanni 6,60-69

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XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/08/2012)

Vangelo: Gv 6,60-69 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,60-69

60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di don Giampaolo Perugini

Quando il pane diventa duro come pietra

"Questa parola è dura!". Il vangelo ci dice che, prima o poi, arriva per tutti noi che siamo discepoli di Gesù, un momento duro, di crisi, di forte confronto con Gesù; un momento così duro che mette in discussione perfino la nostra relazione con Lui.

Viene un momento in cui il nostro amore per Gesù, fatto di stima, di ammirazione, di affetto, "mormora". Un momento in cui perfino la nostra fede vacilla e viene meno [«tra voi vi sono alcuni che non credono»]. Viene o verrà un momento, una circostanza, in cui la nostra speranza potrebbe rivolgersi altrove, andarsene per i fatti suoi e non andare più con Gesù [ «da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con Lui»].

Sembra molto strano questo comportamento dopo aver seguito Gesù per tanto tempo, e ci appare senz'altro sproporzionato rispetto alla causa (un semplice discorso che Gesù sta facendo circa la propria identità). Ma il Vangelo ce lo propone come se questo momento duro fosse per certi versi inevitabile e normale. Sembra quasi che sia Gesù stesso a procurare la situazione d'incomprensione: da un lato non preoccupandosi affatto di spiegare meglio le sue parole (come invece altre volte aveva fatto ai suoi discepoli), dall'altra col suo atteggiamento quasi di sfida, di provocazione, di distacco, facendo sembrare una cosa del tutto normale anche il fatto di tirarsi indietro e andarsene.

Questa "durezza" della Parola di Gesù è pietra angolare se l'accogliamo per ciò che è, Parola dell'unico vero Dio che ci ama e vuole salvarci. È invece pietra d'inciampo che "scandalizza" se la rifiutiamo anche solo riducendone il significato e la portata.

La dura verità della scelta

Qual è questo momento così "duro"? Di cosa si tratta se lo riferiamo alla nostra vita? Ne parleremo tra poco. Intanto dobbiamo notare una parola "chiave", importante, alla quale esso è legato. Una parola che troviamo sia nella prima lettura sotto forma di esclamazione o imperativo, sia nel vangelo sotto forma di domanda o interrogativo.

Nella prima lettura c'è tutto il popolo riunito in assemblea a Sichem (proprio come noi oggi siamo tutti riuniti qui in chiesa) e Giosuè impone al popolo una decisione da prendere: «Sceglietevi oggi chi servire».

Nel Vangelo ci sono tutti i discepoli riuniti intorno a Gesù e quando molti di loro decidono di andarsene e non seguirlo più, Gesù domanda a quei dodici che si era scelto personalmente: «Volete andarvene anche voi?».

Si tratta dunque di "scelta". È questa la parola "chiave". Arriva un momento nella nostra vita di cristiani, di discepoli di Cristo, in cui dobbiamo prendere una difficile decisione, dobbiamo fare una scelta costosa, rischiosa, "dura". È come se si arrivasse a un bivio, e si fosse costretti a scegliere se andare avanti oppure tornare indietro. Non è forse così anche nella relazione coniugale? (cfr. seconda lettura).

La dura scelta della verità

Non è poi tanto strano dunque. Si può fare una scelta convinta, si può investire molte energie e molto tempo della propria vita, ma poi succede qualcosa che ti fa venire il dubbio di aver sbagliato tutto, che non ti fa avere più fiducia in quel progetto e in quella persona. Non come l'avevi prima per lo meno, quando le tue aspettative erano realizzate e ti sentivi appagato. E tu devi scegliere se andare avanti col dubbio, magari centrando l'obiettivo o rischiando il fallimento completo, oppure tornare indietro salvando il salvabile di cui almeno sei sicuro. Forse cercando di dimenticare il passato che tuttavia ti porti sulle spalle come conseguenza delle scelte fatte fino a quel punto (perché quella non si può eliminare), o possibilmente cercando altrove e/o altro che in un futuro immediato - anche se per niente scontato - ti faccia tornare a sentire la gioia di vivere, durante il tempo che scorre ancora dentro la tua clessidra con meno sabbia e meno immaturità.

C'è un momento duro della vita in cui la verità ti sceglie e tu devi scegliere la verità, anche nel tuo rapporto con Dio. Viene un momento in cui ti giochi tutto, dove lasci o raddoppi. Perché la vita, così pure il rapporto con Dio, ti riserva sempre qualcosa di nuovo. Scelte sbagliate possono starci, come dei tagli sulla stoffa. Se con fatica scegli di fare verità, allora diventeranno ricami. Se invece scegli la via facile di mentire a te stesso, potranno solo esserci precari rattoppi. Lo squarcio allora diventerà sempre più grande, finché il tuo abito sarà completamente logoro e il tuo cuore, messo a nudo, completamente logorato.

Il confronto "a muso duro" con Dio

Siamo arrivati a dire di quale momento si tratta. Ma come vedremo dopo non è l'unico momento, e non è sempre così drammatico come lo espongo ora. Alcuni di voi però lo hanno già vissuto in questa forma o lo stanno vivendo proprio adesso.

Quando ti muore una persona cara, quando ti ritrovi improvvisamente senza lavoro o senza casa, quando ti capita un incidente stradale o una malattia grave, quando preghi tanto per ottenere una cosa buona e non succede proprio niente o magari accade perfino il contrario, quando sei deluso da ciò che consideravi l'elemento più importante per la tua vita, quando la vita stessa ti viene a noia perché è pesante e non ti gratifica...

Allora ti rivolgi a Dio che hai seguito e servito fino a quel momento e dentro di te il tuo cuore mormora, la tua intelligenza dubita, la tua anima si ribella. Dio per tutta risposta prima ti sfida col suo silenzio, poi ti dice parole che non capisci la cui sostanza è: «Io sono tutto ciò di cui hai bisogno. Io sono l'unico assoluto della vita. È lo Spirito che dà vita, la carne non giova a nulla».

Poi di fronte al tuo imbarazzo ti provoca a fare una scelta: «Allora? La realtà è questa. Che vuoi fare? Vuoi andartene per conto tuo, o vuoi seguirmi fino in fondo? Vuoi smettere di seguirmi perché non sono e non faccio quello che tu ti aspetti, oppure vuoi fidarti di me anche quando non mi capisci e vuoi seguirmi anche quando questo non è gratificante?»

La scelta della "carne" per vivere la vita

Ma anche quel pane eucaristico che stiamo per ricevere ancora oggi e abbiamo già mangiato in abbondanza, quel pane miracolosamente moltiplicato (domenica 29 luglio - XVII TO), pane fresco, morbido, fragrante, che ci è gustato mangiare oltre che averci sfamato, quello stesso pane che dovrebbe nutrire la quotidianità della nostra vita può diventare "duro" per i nostri denti se seguendo Gesù non diventiamo più spirituali e ogni domenica che passa più uomini celesti.

Troppa fame di vita carnale, infatti, è la nostra fame di pane. La nostra carne ha fame di vivere secondo il piacere che riceve, ed è davvero insaziabile nelle sue scelte di vita secondo il principio del godersela tutta. Il pane che mangiamo per riempirci la pancia di fatto non ci basta mai. Più mangiamo questo tipo di pane e più il giorno dopo abbiamo fame. Più soddisfiamo il bisogno così erroneamente detto "primario" e più abbiamo bisogno di qualcos'altro di accessorio o sostitutivo, mai comunque secondario.

Con il pane vogliamo burro e marmellata, magari la nutella, e questo a colazione. Poi ci serve un po' di prosciutto, o un po' di salame e formaggio, almeno pomodoro e mozzarella per il pane del pranzo o il panino della merenda. Per cena vogliamo pizza, perché sempre pane prima o poi ti stanca.. magari prendiamo un altro pezzetto di pane per intingerlo nel sughetto della carne o della pasta. Sì, ma ogni giorno la mia carne vuole qualcosa di diverso, qualcosa di più, qualcosa di meglio. E ad un certo punto non c'è più niente che mi giovi e mi faccia sentire sazio.

Questo è un vero problema: un problema di mercato diventa la mia vita, e problematica diventa anche la mia scelta di seguire Dio. Perché Dio Padre mi prospetta e mi propone in Gesù Cristo una vita ben diversa. Non la vita da conquistare ma da ricevere gratuitamente in dono. Non la vita da comprare a qualunque prezzo, costi quel che costi, ma da spendere e donare nel servizio.

La legge del mercato

La legge del mercato è quella della domanda e dell'offerta. E la vita come mercato somiglia molto a quello che tutti i giorni mi propone il mondo attraverso il suo vangelo predicato appositamente per la "carne che non giova a nulla".

Così la mia "domanda" di vita finisce per essere sempre materiale e sempre diversa, impossibile da soddisfare. "L'offerta" di Dio della Sua Vita, invece, è sempre la stessa e sempre unita al dono del Suo Spirito, al quale nulla è impossibile.

"La mia scelta" secondo il mercato della carne che non giova a nulla diventa un'implicita quanto assurda domanda di godere sempre e comunque della mia vita terrena. È la scelta di servire gli dei del paganesimo immanenti nel mio "io" edonista e narcisista. Una scelta che mi rende schiavo dell'ansia, per tutto quello che può accadere e non posso controllare, ma anche schiavo dei miei istinti e dei miei umori altalenanti che mi fanno scegliere d'emozione e d'impulso.

"La scelta di Dio", invece, è di offrirmi una vita eterna e beata insieme a Lui. Una scelta che mi offre la libertà di vivere in pace con me stesso e con gli altri già qui sulla terra. Una scelta di servizio, che non chiede niente in cambio, che mi fa essere signore dei miei sentimenti e della mia vita sebbene continui a non avere alcun controllo sugli eventi.

La mia domanda di vita è mangiare qualcosa che mi piace e mi riempie, almeno finché non l'ho digerita e mi viene di nuovo fame... La vita che mi offre Dio è di accogliere il sacrificio della Sua Vita e di sacrificare il mio gusto per diventare come Lui nutrimento d'amore, per la vita di altri.

La scelta di fede

Noi abbiamo scelto Gesù e lo seguiamo perché certamente crediamo che Egli è Dio, ma forse - magari inconsciamente - perché con i miracoli che solo Lui può farci e da Lui ci aspettiamo, speriamo di garantire la nostra vita circa la soddisfazione dei nostri bisogni materiali: salute, lavoro, soldi, soluzioni pronte ai nostri problemi, soddisfazioni contro frustrazioni, serenità contro preoccupazioni... Non preghiamo forse continuamente per una o l'altra di queste cose?

Noi forse seguiamo Gesù per avere la sicurezza di mangiare qualcosa che ci garantisca di sopravvivere alla nostra giornata quando usciamo dalle mura di casa, mentre ritengo che Gesù vorrebbe da noi che lo seguissimo perché, quando torneremo a casa, non siamo più uguali a prima e con gli stessi bisogni "primari" o le "priorità" che avevamo scelto per la nostra vita.

Noi forse seguiamo Gesù perché l'esperienza, o il buon senso, o qualcuno che ce lo ha insegnato ci dicono che ci conviene, ma noi dovremmo seguire Gesù solo perché Egli è l'unico in grado di dare un senso compiuto alla vita e alla speranza del vivere felici in eterno.

Noi seguiamo Gesù come forse seguiremmo chiunque altro facesse seguire alle parole e alle promesse dei fatti concreti, ma Pietro e i suoi compagni ci aiutano a capire che dovremmo seguirlo perché di fatto Egli è l'unico che ha «parole di vita eterna» e non delude mai anche solo con le parole che dice.

Seguire Gesù e credere in Lui fino in fondo, non vuol dire: non avere mai dubbi, non soffrire mai nulla, non rischiare mai niente, non sentirsi mai solo. Vuol dire invece lasciarci nutrire del suo Corpo e del suo Sangue finché Lui ci assimili totalmente. Vuol dire nutrire la nostra fede con la sua Parola in ogni circostanza della vita, senza mai presumere di noi stessi e senza mai scoraggiarci, soprattutto senza mai rassegnarci a scelte di vita dettate dalla concupiscienza della carne o cedere alle illusioni che la vita riuscita sia una pancia sempre piena o col perfetto peso forma sulla bilancia.

Gustate e vedete com'è buono il Signore (salmo resp.)

Gesù ci ha detto fin dall'inizio: "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Colui che è il "Pane vivo disceso dal cielo" ci ha chiamato e continuamente ci richiama al primato dello Spirito e ad affidarci totalmente alla Divina e Paterna Provvidenza.

E noi vogliamo fidarci, noi vogliamo seguirlo! Per questo siamo qui oggi a saziarci nuovamente di quei cinque insignificanti pani messi a disposizione da qualcuno, ancora una volta miracolati dalla sua Parola e trasformati dalle sue mani nel Pane della vita eterna (cfr. domenica scorsa).

Dio sa perfettamente che io voglio vivere e che ho sempre fame, e che la mia inclinazione è di credere e seguire soltanto quello che mi sento dentro. Anche io, però, so che il Pane che Dio mi offre è ciò che Lui vuole per il mio bene, e che per mangiare questo misterioso cibo spirituale talvolta ho bisogno di morire a me stesso e lasciarmi risuscitare da Lui.

 

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