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TESTO Parole franche del Signore

padre Gian Franco Scarpitta  

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (15/02/2004)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

L'amicizia è certamente una dimensione bellissima e conveniente da coltivarsi nella sincerità e nella reciproca stima e fiducia, specialmente nelle circostanze avverse nelle quali la parola confidenziale di un amico può recare molto sostegno e il semplice sfogo delle nostre apprensioni non può che aver possibilità piena di realizzazione nell'ascolto di una persona meritoria di fiducia.

Premesso tutto questo come verità effettiva e indiscutibile, occorre tener presente che non sono tuttavia mai da escludersi circostanze nelle quali un malinteso, una lite o un atto di infedeltà possa compromettere il buon andamento delle relazioni amicali: anche nelle relazioni più fidate e nei vincoli più stretti potrà sempre capitare che anche un solo disguido possa avvelenare i nostri legami di confidenza e come dice la Bibbia, "Anche l'amico in cui confidavo alza contro di me il proprio calcagno".

Ben nota poi è l'osservazione che Manzoni riporta in una determinata pagina de "I Promessi Sposi": quando si ha la certezza di riferire un segreto ad un amico fidato, avviene che questi abbia a sua volta un altro amico fidato, e questi a sua volta ne abbia un altro fra le sue conoscenze, sicché a furia di amici fidati la notizia che doveva restare riservata e oggetto di silenzio diventa ben presto arcinota, specialmente se si considera un paesino di pochissimi abitanti.

Anche se questa parentesi ha poca attinenza con il discorso che stiamo affrontando, ritengo che chi si rivolga al Confessore o al Direttore Spirituale per confidare le proprie angosce e i propri problemi ha una garanzia importante relativamente al sigillo sacramentale: è vero che questo riguarda in primo luogo il peccato grave, tuttavia chi si confessa ha sempre la certezza che nulla di quanto proferisce al sacerdote sarà diffuso in giro e pertanto può aprirsi con fiduciosa disinvoltura... Già sono tante le esperienze fatte su questo assunto, in soli cinque anni di sacerdozio!

In tutti i casi l'idea che si vuol comunicare anche alla luce della Liturgia di oggi è la seguente: seppure l'amicizia è una dimensione ricchissima e molto bella, essa resta tuttavia pur sempre un fattore meramente umano e pertanto suscettibile di imperfezioni...

Solo Dio rimane invece fedele. Già a proposito del sigillo confessionale accennavamo per implicito al fatto che solo Dio è attendibile e degno delle nostre confidenze (il sigillo si impone infatti perché il sacramento è qualcosa che appartiene esclusivamente a Lui e non a noi) e anche la stessa Scrittura afferma che chi ripone la propria fiducia in Dio ottiene il reale sostegno e la giusta ricompensa; e soprattutto quando si considera questo Dio come Verbo Incarnato per noi, Gesù Cristo venuto a comunicarci la salvezza: Egli solo rimane fedele ai nostri vincoli di amicizia poiché – parole di San Paolo a Timoteo- non può rinnegare se stesso, essendo Egli fedeltà assoluta.

Della parola di Gesù Cristo l'uomo può e deve fidarsi in quanto è Parola di provenienza divina per la realizzazione dell'uomo, ma soprattutto per il fatto che essa non viene dettata dal medesimo in modo esteriore e cattedratico, bensì dopo essere stata vissuta sulla propria pelle. In altri termini, Gesù nessun insegnamento proferisce agli uomini senza che di esso abbia prima esperito in prima persona il fardello e le difficoltà, il peso e il prezzo delle aspre persecuzioni con le conseguenti glorie e ricompense. In una parola, senza averne dato esempio pratico egli stesso.

E così quello che adesso sta proferendo ai suoi discepoli e di cui noi facciamo lettura nel Vangelo di oggi è un messaggio divino, sì, ma orientato a suggerire un determinato programma di vita svolgendo il quale si possiede la pienezza delle affermazioni personali e collettive, cioè un progetto di vita valido in concreto su questa terra. Di che cosa sta parlando infatti, Gesù, in questo discorso che comunemente viene inteso come il "Discorso della montagna", ma che in questa sede è più che altro il "Discorso della pianura (a differenza che in Matteo)"? Delle Beatitudini. Cioè di una serie di acclamazioni che riguardano ciascuna: 1) Il monito verso una particolare virtù o caratteristica di vita; 2) Il carattere di difficoltà che essa comporta nell'essere vissuta nel quotidiano; 3) la promessa di una ricompensa futura per chi si dispone a seguirla; 4) Il rendimento di grazie per una gioia che essa conferisce, già al presente, a chi la segue.

In altre parole, chi è povero, mite, perseguitato a causa della giustizia, ecc.. riceverà sì molte percosse ed umiliazioni, eccome! Tuttavia riscontrerà la propria gioia ed entusiasmo nel solo vivere codeste virtù in mezzo alla moltitudine e in futuro non gli mancheranno le giuste ricompense da parte di Dio. In questo senso è beato (makarios).

Di contro, chi vive nell'ottica delle proprie sicurezze umane e materiali, fondate sull'effimeratezza, la voluttà, i piaceri, i vizi, lo sfarzo, l'orgoglio e la presunzione ha ottenuto già la sua ricompensa, vale a dire l'autocondanna alla quale inevitabilmente un siffatto stile di vita conduce.

Gesù è quindi stato molto chiaro in questo suo insegnamento e occorre affermare che in tempi odierni vi è chi lo vive nella fattispecie della sopportazione e del dolore, come nel caso degli ammalati, come anche in quella della ristrettezza accettata, come nel caso di quanti pur non disponendo del necessario per una vita dignitosa si premurano di aiutare altri che versano in situazioni economiche molto più gravi: quanta gente vive infatti la logica delle beatitudini costretta ad una sedia o ad una carrozzella, molte volte impossibilitata a muovere gli arti, eppure mostra sintomi di rassegnazione e non solo, a volte anche sorriso, disponibilità e serenità d'animo? Quante persone, pur non avendo garantita la possibilità del pasto quotidiano aiutano economicamente chi sta peggio di loro, senza minimamente svolgere... "il mestiere di povero" (raccogliere denaro in elemosina per poi avere il conto in banca)?

Quante persone, nel silenzio e senza aspirare a riconoscimenti di sorta, si prodigano per il bene degli altri e per la giustizia, a volte anche rischiando la propria vita? Se ne potrebbe fare un elenco interminabile....

Vivere le beatitudini è molto costoso specialmente al giorno d'oggi e comporta non poche cattiverie da parte di altri, nonché derisioni e insinuazioni. Ma il fatto stesso che tanta gente vive codeste dimensioni nell'oggi, suggerisce che non è cosa impossibile....


LA PAROLA SI FA' VITA
-Spunti per la riflessione-

--Certamente vi sarà stata una circostanza nella quale ho sofferto per colpa di altri, chiedendo almeno un po' di giustizia? Come si è conclusa? Come l'ho trascorsa? Raccontiamo!

--Raccogliamo un attimo tutte le beatitudini gesuane, riportate in Matteo e in Luca, e mettiamole a raffronto con la nostra vita: quale è quella in cui maggiormente mi ritrovo?

--Adesso invece analizziamoci: quali sono le beatitudini che dovrei personalmente coltivare di più? Quali sono gli ostacoli che me ne impediscono la messa in atto?

--Quali sono le ricompense che io mi aspetto nel vivere questa o quella virtù? Quali quelle che ho già riscontrato?

--Circostanze, persone, esempi edificanti nella vita attuale... Tutte quelle di cui abbiamo fatto esperienza anche indiretta, raccontiamocele e mettiamole a rapporto con le beatitudini.

 

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