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TESTO Pane e sapienza

padre Gian Franco Scarpitta  

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/08/2012)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Il Pane vivo disceso dal cielo, se da una parte è apportatore di benefici e di garanzie quali quelle che abbiamo enumerato abbondantemente nelle domeniche precedenti, dall'altra comporta che da parte nostra vi sia una corrispondenza di rettitudine e di responsabilità, per mezzo di una vita integerrima e irreprensibile.

Così il libro dei Proverbi delinea quella prerogativa divina che viene concessa in dono all'uomo, per la quale egli diviene capace di agire non secondo le proprie presunte capacità, non secondo tracotanza o superbia, ma in ragione della sola volontà di Dio, e per ciò stesso della saggezza e della rettitudine. Tale virtù è la Sapienza, di cui Dio ci si fa dispensatore tutte le volte che gliela chiediamo con fede e senza tentennamenti (Gc 1, 5). Comportarsi conformemente alla volontà del Signore corrisponde a procacciare il proprio bene e a perseguire i propri reali interessi di salvezza, ecco perché i doni che più di tutti gli altri occorre chiedere nella preghiera sono due, fra l'altro corrispettivi e complementari fra di loro: lo Spirito Santo e la Sapienza. L'uno e l'altra riguardano la presenza di Dio nell'animo dell'uomo, il dono di lume e di discernimento atto a realizzare la nostra vita sotto la costante direzione del Signore che è il nostro orientamento, in modo da evitare errori, confusione e dispersione nelle nostre scelte.

Sempre lo Spirito Santo ci rende edotti che per noi la Sapienza Incarnata è Cristo, Verbo fatto carne per la nostra salvezza. Cristo è "Sapienza, giustificazione e redenzione" (1Cor 1, 23. 30) che è ben distante dalla sapienza concepita negli schemi terreni e che è prefigurata sin dall'antico Testamento come valido supporto divino per l'uomo.

Oggi la liturgia ci presenta il Cristo pane vivo disceso dal Cielo come la Sapienza della quale vivere e nella quale dover perseverare.

Siamo tutti invitati a consumare il banchetto che egli imbandisce per noi di se stesso, a nutrirci in senso spirituale e nel senso reale pieno di Lui che è alimento di vita, contrassegnato come il nostro sostegno: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo, chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell' ultimo giorno." Nella mentalità dell'Antico Testamento mangiare la carne e bere il sangue poteva avere sentore di antropofagia o corrispondere a una sorta di cannibalismo ed è per questo che un simile modo di rivolgersi da parte di Gesù desta subito scalpore e disorientamento. Eppure Gesù si mostra molto esplicito e risolutivo quando associa la sua carne con il pane e il suo sangue (sia pure in un secondo momento) con il vino: questo sono io dirà nella famosa Cena a Gerusalemme prima dell'arresto e chi mangia di me vivrà di me. In queste parole, come pure nel messaggio di cui al Vangelo di oggi, siamo invitati ancora una volta a nutrirci del Pane e alimento che è il Signore stesso, questa volta qualificantesi come Sapienza e reale criterio di vita, ma oltre che a consumare di lui siamo chiamati anche a testimoniarlo costantemente nella vita per esserne dispensatori agli altri. Vivere del Signore nella nostra vita di tutti i giorni, comunicare a tutti la gioia di appartenere a lui e testimoniarla per mezzo della carità concreta vuol dire esaltare l'Eucarestia stessa e dare valore al Pane di vita che è Gesù Cristo.

Infatti assumere il Cristo nell'Eucarestia non è sufficiente quando si ometta di recarlo ai fratelli per mezzo di una degna condotta di vita e il mangiare di questo Pane divino non produce alcun effetto benefico quando lo si trasgredisce in una condotta non conforme alla sua dignità e grandezza. Chi mangia del Pane eucaristico assume come propria la Sapienza che si è fatta carne, la assimila e si predispone anche ad incarnarla nel proprio vissuto ed è quindi pertinente che, forti della grazia che essa apporta, ci sui sforzi tutti di vivere sapientemente, cioè ricercando e attuando in ogni ambito la volontà del Signore. L'amore al prossimo, la carità, la gioia e la mitezza sono doni dello Spirito Santo che vengono accresciuti e acquistano significato nel Sacramento del pane e del vino nel quale vengono assunti e in forza del quale vengono poi comunicati agli altri.

Il pane di vita ci esorta quindi alla sapienza e alla coerenza della vita. Se ci nutriamo di lui di lui occorre anche che viviamo senza riserve e senza nulla omettere affinché anche altri si entusiasmino di questo cibo e pertanto è importante la testimonianza fattiva della fede e della carità che diventa certa e indubbia quando si esprime in concreti atti di amore e di misericordia.

 

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