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TESTO Commento su Geremia 25,1-13; Romani 11,25-32; Matteo 10,5-15

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

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XII domenica dopo Pentecoste (Anno B) (19/08/2012)

Vangelo: Mt 10,5-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,5-15

5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.

11In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. 12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. 14Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.

Lettura del profeta Geremia 25,1-13

Geremia è uno dei profeti più grandi d'Israele e, innamorato della bellezza e della bontà del Signore, tenta di riportare alla fedeltà il suo popolo, garantendo la pace. Ma la storia travolge uomini, regni e persone e la parola di Geremia cade nel vuoto. Anzi viene considerato un disfattista, un annunciatore di sventure e rischia molte volte la vita. La storia è raccontata da Geremia stesso nel suo libro autobiografico.

Geremia, il profeta, è un sacerdote del villaggio di Anatoth nel territorio di Beniamino (1,1), vissuto durante il regno degli ultimi re di Giuda: Giosia (640 a.C.-609 a.C.), Ioacaz (609), Joiakim (609-598 a.C.), Ioiachin (598-597), e Sedechia (597 a.C.-586).

Il contesto della profezia di Geremia è la lunga lotta dei Giudei contro i culti idolatri delle divinità dei paesi circostanti, provenienti da Tiro e da altre città della costa fenicia, profondamente radicati fin dal tempo di Manasseh (696-642). Giosia è un grande re e fa sperare in una conversione di cuore di tutto il popolo, poiché cerca di ristabilire il culto legittimo ad un unico Dio, nell'ambito delle sue riforme (2 Re 22,23). La riforma inizia nel 628 a.C. (2 Cr. 34,3) e viene ad essa dato un rinnovato impeto con la riscoperta del Libro della Legge nel 621 a.C. (2 Re 22,8).

La vocazione di Geremia avviene nel 626 a.C. (1,2). Uomo solitario a causa del suo messaggio impopolare (15,17) che deve portare, desidera sposarsi con Giuditta, ma Dio stesso gli proibisce di sposarsi (16,2). Si trova anche in contrapposizione con le autorità del paese e di ogni ceto sociale (26,8). Per questo, la sua vita stessa corre seri pericoli (11,18-23; 18,18; 26,8; 36,19; 38,6). Il suo messaggio tocca temi scottanti e dolenti della vita nazionale. Soprattutto il re Sedechia lo perseguita perché viene considerato un disfattista, che mina il morale della nazione. Geremia annuncia la prossima invasione dei babilonesi (37,3.17), contro i quali non ci si può opporre, ma bisogna arrendersi e pagare a loro le tasse.

Il testo di oggi fa riferimento al 605 a.C. e la minaccia è l'invasione di popoli dal Nord, talvolta indicata genericamente, più spesso identificata chiaramente con i babilonesi, guidati da Nabucodonosor. Il regno di Giuda è vinto per mano del re conquistatore nel 597 a.C. e porta in esilio a Babilonia la maggior parte degli intellettuali e degli attigiani della Giudea. Ma poiché i rimasti in Israele hanno intentato un nuova ribellione, nel 586 a.C, Nabucodonosor ritorna e, questa volta, la distruzione di Gerusalemme è totale: distrutto e bruciato il tempio, spodestata la dinastia davidica, deportati tutti gli israeliti, salvo pochi poveri contadini e pastori della zona montagnosa. Inizia così la cosiddetta "cattività babilonese". Geremia è risparmiato e lasciato vivere tra le rovine di Gerusalemme, dove continua a predicare. Poi, catturato dai suoi denigratori e portato in Egitto (dopo l'anno 586 a.C.), vi muore, secondo un'antica tradizione cristiana, lapidato dai suoi connazionali, esasperati dai suoi rimproveri.

Il testo di oggi conclude, tuttavia, con uno spiraglio di speranza, avendo il profeta predetto che, dopo 70 anni, anche i babilonesi subiranno, a loro volta, la distruzione. Il numero 70 è un numero simbolico.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11,25-32

L'infedeltà e il rifiuto d'Israele sono parziali mentre la fedeltà e la Parola di Dio sono fedeli sempre. Abbiamo già incontrato questi interrogativi e questa sofferenza nel brano letto domenica scorsa nella lettera ai Romani (11,1-15). E infatti questo testo ne è il seguito. Ci viene posto il significato del "mistero d'Israele" (v 25). La certezza di una soluzione positiva non avviene per una garanzia razionale e non ci sono prove che garantiscano questa soluzione.

Ma il messaggio nasce dalla fiducia in Dio come per una profezia. Essa garantisce, attraverso la Scrittura, che Dio mantiene la sua parola. Viene posta, allora, la lettura e la interpretazione teologica della storia. L'apostolo formula una previsione: l'ostinazione di una parte d'Israele è in atto, fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato.

Israele è "nemico del vangelo", ma solo temporaneamente, poiché non ha riconosciuto Gesù.

Il versetto centrale regge tutto l'impianto di speranza, anche se si rimanda alla conclusione della storia: "Ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! (vv28-29)". Quanto alla scelta di Dio, che è stata la scelta gratuita del Padre, Dio non dimentica le sue promesse". La colpa di Israele è, soprattutto, l'aver voluto raggiungere, con una pratica formale della Legge e con le proprie forze, quella giustizia che può ottenersi solo con la fede (10,1-21).

Paolo, così, è convinto che Dio non ha rigettato il suo popolo. Il suo stesso ministero lo conferma. Egli infatti percepisce un legame misterioso tra la propria missione ai Gentili e la salvezza del suo popolo. Dovunque ha predicato, il rifiuto di Israele è stato causa di apertura della evangelizzazione ai pagani; e tale rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo. Ma Paolo va oltre. Se tali esiti ha dato la loro riprovazione, quali potranno essere mai i frutti positivi?

Davanti a Dio non valgono privilegi razziali, ma vale solo il riconoscersi racchiusi nella disobbedienza. Solo così si rivela verso tutti la misericordia del Signore.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 10, 5-15

Matteo sta organizzando il suo Vangelo sulla Parola di Dio, fondamentalmente, distribuendola in 5 grandi discorsi di Gesù, poiché 5 sono i libri della Legge e qui si sviluppa la nuova Parola di Dio che si fa legge. Così elenco qui, per comodità di ricerca, i discorsi di Gesù che diventano un caposaldo della nuova sapienza.

I: .L'annuncio del regno. Il discorso della montagna (5,1-7,29).

II: Il ministero in Galilea (8,1-11,1). Il discorso missionario (9,35-11,1).

III: Controversie e parabole (11,2- 13,52). Le parabole del Regno (13,1-52).

IV: La formazione dei discepoli (13,53-18,35). Il discorso ecclesiastico (18,1-35).

V: Giudea e Gerusalemme (19,1- 25,46). Il discorso sul tempo ultimo (escatologico) (24,1-
25,46).

Gesù ha iniziato la sua opera di evangelizzazione come un unico evangelizzatore, così almeno viene presentato da Matteo. Lo schema della prima parte del Vangelo tra la folla si sviluppa così.
- Il discorso delle beatitudini, (capp 5-7) ai discepoli.

- 10 miracoli (capp8-9) nelle diverse situazioni di malattia.

- Una verifica di Gesù sulla realtà che gli si presenta: "Vedendo le folle, "Gesù ne ebbe compassione" e disse; «La messe è molta ma gli operai sono pochi» (vv 9,36-37).

- Gesù sceglie i 12, li chiama, dà loro il potere di scacciare i demoni e di guarire ogni sorta di infermità (10,1).
- Li istruisce e li manda.

Il testo di oggi ricorda questa istruzione che è un insegnamento alla Chiesa nella storia. Esso risente del retroterra schematicamente ricordato, che ci aiuta a scoprire meglio il senso del messaggio, aprendo anche a noi orizzonti impensati come credenti.

C'è molto da fare poiché il male fisico e il male mentale, a cominciare dal disorientamento delle alienazioni (il corpo e la mente delle persone possedute da un altro), tradiscono le persone stesse, toglie loro la libertà e la capacità di operare con dignità e le incatenano. Gesù sente il bisogno di offrire una sapienza nuova e di liberare la mente e il corpo dal male. Ma c'è troppo da fare e non e possibile fare tutto da solo. "La messe è molta". La liberazione si costruisce mentre la si attua e la si trasmette, insieme, mentre si allargano gli orizzonti verso una nuova liberazione.

Allora Gesù chiama un popolo nuovo, a cui consegna i suoi stessi poteri di liberazione: vuole costituire un popolo. I 12 sono il nuovo popolo dei salvati, i nuovi annunciatori che si fidano di Gesù e quindi possono avere gli stessi suoi progetti. E' la nuova assemblea, è la Chiesa costituiti dai battezzati e non solo dai vescovi o dai pastori. Il 12 è l'insieme dei battezzati a cui spetta un impegno pastorale di vita (va approfondito il messaggio del Concilio Vaticano II).

- "Cominciate a visitare il popolo che ha atteso i doni dell'Alleanza, le pecore perdute della casa d'Israele".

- "Predicate lungo la strada, poiché questo messaggio non è un annuncio da tenere nel chiuso.

- Affrontate il male: ci sono 4 richiami impensabili: "Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni" (v 8). (Il 4 è il richiamo dell'orizzonte umano).

- "Fate tutto gratuitamente come gratuitamente avete ricevuto". Questo è l'elemento centrale che si unisce alla evangelizzazione: gratuità e Parola nuova di Dio.

- "Non procuratevi" e sono elencati "oro, argento, danaro, sacca da viaggio, tuniche, sandali e bastone" (e il numero 7 è il numero della pienezza: cielo e terra). Per Matteo il rifiuto del bastone è il rifiuto della violenza. E se si vuole curiosare nei tre Vangeli su questo elenco, si trovano interessanti differenze, date dall'orizzonte culturale diverso. Marco, che scrive per i romani, permette i sandali e il bastone ((Mc 6,8: il territorio è vasto e il bastone richiama l'autorità di Mosè). Luca invece mantiene le richieste di Matteo ma allunga l'elenco in due parti diverse: Lc 9,3 e Lc 10,4.

- Fidatevi della solidarietà degli altri, accettando di essere ospitati dal più degno, per non doversi sentire ricattati.

- "Portate sempre la pace": è il dono fondamentale del messianismo. Anche Gesù la offre ai suoi la sera di Pasqua (Gv 20,19-21).

- Le norme di comportamento sono inserite in due tempi: "entrare ed uscire" e in due spazi: "città e casa". Se vi rifiutano non reagite con vendetta o con maledizioni. Semplicemente dichiarate che non condividete le loro scelte e li considerate pagani". E il richiamo a luoghi contaminati sottolinea il carattere autorevole e conclusivo delle scelte.

 

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