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TESTO Il discorso della pianura

don Mario Campisi  

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VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (15/02/2004)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

La pagina delle beatitudini è forse una delle pagine più conosciute, anche dai non cristiani. Essa resta sconcertante ed enigmatica.

Se Matteo esprime una fondamentale preoccupazione etica, Luca, invece, esprime una preoccupazione evangelizzante. Il suo è un Vangelo, la buona notizia predicata ai pagani.

E sono i pagani dell'Asia minore e della Grecia, le chiese evangelizzate da Paolo, dove la maggioranza di quelli che si erano convertiti alla fede nel Gesù di Nazaret era fatta di poveri, di oppressi, di emarginati. Proprio fra le classi più basse della società, la novità del Vangelo faceva la più profonda impressione.

Oggi molti cristiani hanno perso il senso della radicale originalità del proprio modo di vita. Forse anche questo è un motivo per cui tante volte i cristiani non fanno più "scandalo".

Ma che cosa fonda e giustifica la verità delle beatitudini, così irragionevole secondo la logica mondana? Solo Gesù.

Con la beatitudine Gesù intende dichiarare che è arrivato il momento in cui poveri riceveranno una notizia bella, cioè che il regno di Dio appartiene al loro. Si vede bene come, soprattutto in San Luca, le beatitudini si ricolleghino alla dichiarazione di Gesù fatta a Nazaret: io sono il Messia "lo spirito del Signore è su di me e mi ha consacrato e mandato a predicare la lieta notizia ai poveri", "oggi questa parola si è realizzata in mezzo a voi che ascoltate". Gesù povero è la vivente beatitudine, perché rende di Dio presente nella storia.

Questa è anche l'interpretazione comune dei padri della Chiesa. Per essere poveri in senso evangelico non si dovrà perdere tempo a discutere sulla povertà, ma bisognerà avere voglia di entrare nella storia di Gesù, a fatti e non a parole, condividendo le esigenze, poiché, secondo la teologia di Luca, diventare discepoli di Gesù significa assumere la sua "forma".

Al fondo, le beatitudini, prima di esprimere un dovere, esprimono un fatto; questo fatto manifesta un giudizio di Dio e capovolge i giudizi mondani; questo giudizio fonda un nuovo comportamento. Si tratta piuttosto di un nuovo modo di pensare, nato dal fatto-Gesù, per cui ci si sente felici anche se poveri, perché il regno di Dio è nostro.

Ma quando uno ha questo nuovo modo di pensare, allora si comporta anche esternamente alla stessa maniera. Come può uno essere "povero di fatto" (Luca) o "povero in spirito" (Matteo) e poi far consistere la propria vita nell'aumentare le proprie ricchezze? Poveri e ricchi, economicamente parlando, possono essere ugualmente "poveri", esternamente parlando. Non è che Gesù non sia venuto a salvare ricchi, ma appunto li salva se essi accettano di lasciarsi convertire, cioè di cambiare cuore e vita a causa e sul modello del cuore e della vita di Gesù stesso.

Il desiderio della felicità è una delle componenti più profonde dell'essere e dell'agire umani. Ogni uomo cerca la salute, la soddisfazione, l'intelligenza, l'amore, l'amicizia, la gioia, insomma la pienezza. Ma qui il discorso sulla felicità si esprime in brucianti contrasti: beati i poveri, e gli affamati, i piangenti. Vuol dire che dietro le beatitudini si nasconde un misterioso capovolgimento, che consiste nel passare dall'avere all'essere, dall'essere al dare, dall'avere per sè all'essere per gli altri. Scoprendo la dinamica di questo passaggio, l'uomo raggiunge il segreto di Dio, che così diventa il segreto dell'uomo: essere-per-un-altro, donarsi.

Il dare felicità è una caratteristica comune dei veri santi, persone abbandonate al disegno di Dio, al suo mistero d'amore, al Vangelo delle beatitudini.

 

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