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TESTO Commento su Giovanni 6,24-35

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (05/08/2012)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Marco Simeone

Nell'anno liturgico B durante l'estate ci capita il brano bellissimo di Gv 6 che è il brano in cui nel quarto vangelo si spiega l'eucarestia. È un brano che è scritto avendo davanti agli occhi una comunità che ascoltava la parola, che si impegnava, ma che faceva i conti con la piccolezza (che cosa è questo per tanta gente) e la fatica di vivere la propria fede nella quotidianità e nella condivisione; questo ovviamente aggiunto alla necessita di capire l'eucarestia che celebrava. Questo brano è costruito come una scala: domenica scorsa il primo piolo: condivisione (il ragazzo con i 5 pani) e la generosità che ci apre alla fruizione dell'amore di Dio. Oggi (secondo piolo) Gesù inizia a far capire che quello che era accaduto doveva essere solo un segno di una realtà molto più importante.

1 - Dinamica della mormorazione: è più facile morire che vivere, più facile essere schiavi e vicino alla pentola della carne che vivere liberi e responsabili e cercare il cibo vero senza accontentarsi. La prima lettura esplora la fatica di essere liberi, c'è un salmo che tristemente dice che i nostri occhi sono stanchi di guardare in alto. Questa difficoltà la sperimentiamo anche noi: tante volte preferiamo una realtà imperfetta, scombinata, che non ci riempie, semplicemente perché temiamo che la realtà giusta non sia per noi, quasi che non la meritassimo: poi i motivi si trovano, perché tanto siamo peccatori, perché abbiamo perso le occasioni giuste, etc. La prima opera di Dio è quella di far scoprire all'uomo quanto sia importante perché destinatario del Suo amore e fatto a sua immagine. Senza questo passaggio Dio ci salva ma noi rimaniamo schiavi dentro (guardate che questo è il motivo della persistenza di tanti peccati che non riusciamo a vincere: non siamo ancora convinti della grandezza dell'amore di Dio e della sua chiamata). Per questo motivo si mormora, addirittura si pensa con nostalgia alle cipolle e al pane e ci si priva della carne.

2 - Essere pagani vuol dire perdersi dietro pensieri vani: che non danno vita/sostentamento. Allo stesso modo, se l'azione di Dio è di far capire all'uomo la sua grandezza, diventa vanità e cibo avariato tutto ciò che ci riduce ai nostri bisogni, alla logica del "perché no?", del fare della nostra vita un sacco vuoto da riempire con tutto il possibile, giusto o sbagliato, logico o illogico. Dio ci insegna, al contrario, a chiederci "perché si?". Vuol dire ad avere un'idea di noi stessi e della nostra vita, a costruirci sapendo che c'è una logica, un senso, che siamo chiamati alla vita eterna (come quantità e come qualità).

3.1 - Percorso del brano: moltiplicazione - allontanamento di Gesù - ricerca e ritrovamento - istruzione

3.2 - Voi mi cercate perché avete mangiato e non per il segno compreso: comunque si parla di fame, cioè alcune esperienze umane (misteriosamente è più facile con quelle negative che con quelle positive) sono come le molliche di Pollicino per cercare la strada (cfr. Il fratello giovane). Allora Gesù dovrà partire da una fame "bassa" per educare a sentire una fame "alta" (cfr. La samaritana). Loro pensavano di essersi saziati, ovviamente era vero in quel momento ma non poteva essere la sazietà per tutta al vita, neanche assicurandosi la presenza di Gesù per tutta la vita. Essere sazi (quindi cercare il pane che sazia per sempre) vuol dire agganciarsi a Dio che comporta imparare che Dio non ci farà mai mancare la Sua grazia e capire che la nostra vita è sazia/piena/realizzata quando diventa capace di ospitare il Signore (S. Paolo dice che Cristo vive in lui). Allora siamo svincolati dai nostri desideri che vorrebbero tanto essere i nostri idoli, rimangono ma al giusto posto: cioè canalizzati da in progetto più grande, dal progetto che Dio ha su di noi.

3.3 - L'opera da fare è un non fare: è credere e credere in una persona. Perché un discorso così strano? Perché credere è dono di Dio ma anche opera dell'uomo. Allora quello che dobbiamo/possiamo fare è affidarci completamente alla sua grazia e credere che non ci lascia mai, anche se tutto l'universo ci dovesse dire il contrario, Lui è l' Emmanuele colui che è con noi sempre (Io sono colui che sono). Allora ritroviamo la vera grandezza dell'essere umano: il catechismo lo chiama essere capaci di Dio, a me piace molto di più Amici di Dio, che lo conoscono e sanno di poter contare su di Lui come anche poter dire "Signore puoi contare su di me, sono felice di fare la tua volontà".

3.4 - Quali segni ci fai?: è strano che questa domanda venga dopo la moltiplicazione dei pani, probabilmente è l'inizio della chiusura del cuore, perché se tutto veniva dai bisogni, in un certo senso veniva da qualcuno che stava pensando a se stesso pi ù che cercare la verità. Dio non ci molla, non getta la spugna quando si parla di purificare il nostro cuore, e allora ci chiede:"per quale motivo mi cerchi?" dobbiamo fare verità dentro di noi sempre, con Dio nel cammino spirituale e con i fratelli nelle nostre relazioni, e questa domanda ruvida, che vorremmo evitare, è quella che, facendoci rientrare in noi stessi, ci fa capire e accogliere la salvezza di Gesù. Altrimenti sarò sempre schiavo dei miei desideri e ancor più dei miei limiti, correrò a destra e sinistra, in continua agitazione, sempre senza tempo e, allo stesso tempo, cosciente di sprecare la vita, non prendendola sul serio.

3.5 - "dal cielo" si può intendere come proveniente da o come di qualità celeste/divina; quale fame sento? Quale mi guida? Cosa sono disposto a fare? La salvezza inizia quando accolgo l'invito: "alzatevi e levate i l capo perché la vostra liberazione è vicina". Cercare il pane del cielo vuol dire che in qualsiasi problema la via è cercare Dio e prima di tutto stare con Lui, poi agire con Lui e come vuole Lui. Il senso dei problemi che viviamo è aiutarci a scoprire che la tentazione dell'autosufficienza è la più deleteria, è ricominciare a vivere da schiavi, non di altri ma di noi stessi. Allora ogni fame è fame di Dio; hai voglia a saziare lo stomaco! Se mi prendo sul serio lo so e smetto di correre a vuoto e inizio a fare il mio bene. Questo implica anche faticare, anche diventare vulnerabili alle cattiverie, ma questo è cercare sul serio.

3.6 - La persona di Gesù è cibo vero: parola/insegnamento e gesto/amore: cosa ha detto e cosa ha fatto.

 

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