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TESTO Il manifesto programmatico di Gesù

don Mario Campisi  

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/02/2004)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

La pagina del Vangelo di questa domenica potrebbe, a buon diritto, essere intitolata: "il manifesto di Gesù di Nazaret"; si potrebbe persino parlare, secondo un certo linguaggio, di vero "programma politico", intendendo per "politico" ciò che riguarda l'edificazione della "città dell'uomo", naturalmente secondo Dio.

Di fatto in questa pagina è annunciato l'oggi della salvezza. Oggi non domani. È garantita una salvezza globale: tutto l'uomo, non solo l'anima. Una salvezza che va in direzione di tutti gli oppressi e degli emarginati a qualunque titolo. Una salvezza che è legata alla venuta di Gesù come misura e direzione.

Questa è la ragione per cui, mentre alla prima parte del programma viene data una risposta entusiastica, alla seconda parte fa riscontro un rifiuto perentorio. Gesù aveva già respinto la tentazione dell'uso politico della sua potenza messianica; qui colloca la sua azione messianica sotto il segno dei miracoli di Elia e di Eliseo, ma in favore di due persone pagane, una vedova di un villaggio vicino a Sidone e addirittura un generale siriano lebbroso.

Il programma di Gesù, e del Dio di Gesù, è la salvezza universale, e non il privilegio per alcuni. Tutto considerato, il ragionamento sottinteso dai nazaretani è più o meno il seguente: se Gesù è un taumaturgo, si ricordi bene che noi siamo i suoi compaesani e quindi, prima di tutto, guarisca i nostri. È il tentativo di sempre: accaparrarsi il potere di Dio per il proprio interesse.

Luca fa in qualche modo presentire quello che avverrà nella successiva storia della Chiesa, in particolare nei riguardi dell'accoglienza dei pagani che si convertono. La tentazione è sempre possibile, ieri come oggi, negli atteggiamenti e comportamenti comunitari e in quelli personali.

Gesù resta una opzione: "segno di contraddizione", "caduta e risurrezione" ( Luca 2, 34).

Alla luce di Elia e di Eliseo, è possibile chiarire chi siano quei "poveri". Certamente non si tratta soltanto e neppure anzitutto dei poveri in senso economico, quanto piuttosto di chiunque sia emarginato.

"Poveri" sono i pagani, che non appartengono al popolo eletto, come la vedova di Zarepta, come il generale siriano; i pubblicani esattori di tasse e collaborazionisti con Roma, economicamente ricchi ma bollati come impuri; e, ancora, le donne, i bambini, i lebbrosi, soprattutto i peccatori. E peccatori si è tutti.

Ciò che Gesù è stato inviato a far finire è precisamente l'emarginazione, a qualunque titolo si cerchi di legittimarla, tanto più quando si tentasse di giustificarla con ragioni di ordine religioso, come facevano "scribi e farisei", e come oggi ancora non si è terminato di fare.

Questa chiara presa di posizione di Gesù non deriva da un'analisi sociologica in base alla quale egli, da buon politico, avrebbe fiutato che la forza traente della storia sarebbe stata la classe sociale degli oppressi e su di essa avrebbe quindi puntato tutto per assicurarsi il successo.

Gesù guarda al Padre e, in ascolto obbediente di Lui, si muove verso tutti. A questo punto si capisce ancor meglio perché Luca collochi questa manifestazione di Gesù nel suo paese, da lui trasformata in portale d'ingresso a tutto il ministero pubblico. Con Gesù arriva la "novità di Dio". In questa "novità" siamo entrati e secondo questa "novità" siamo chiamati ad operare.

"Ma Gesù, passando in mezzo a loro, se ne andava". Con questa frase conclusiva del suo racconto Luca intende far intuire al lettore l'esito finale della missione messianica di Gesù. I "suoi" tentano di eliminare "dalla città" il loro "compaesano", ma egli "passa oltre".

In questo modo viene ricamato, pagina dopo pagina, il tema di Gesù "viandante". A partire da questo libro toccherà agli apostoli, a Pietro e a Paolo soprattutto, essere i "viandanti", in nome di Gesù e con la forza dello Spirito Santo, "fino ai confini del mondo".

Gesù è "il cammino", la Chiesa lo continua adesso. I cristiani sono "i viandanti", ancora oggi fino ai confini del mondo, perché tutti, nessuno escluso, possano conoscere la "via" che è Gesù. Allora si è cercato di bloccare quel "viandante". Ma egli è "passato".

 

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