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TESTO Commento su Marco 6,30-34

Omelie.org - autori vari  

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/07/2012)

Vangelo: Mc 6,30-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Mons. Remo Bonola

Introduzione. Una categoria quella dei Pastori della Chiesa, dalla quale dipende la salvezza, non solo dei singoli, ma il prestigio morale stesso della Chiesa e la salvaguardia persino dell'ordine sociale della convivenza umana.

1. Una categoria dunque "Sui generis", cioè particolare, quella dei pastori della Chiesa. La loro missione risulta finalizzata, tanto dal Vecchio, quanto dal Nuovo Testamento biblico:

1. Alla salvezza dei singoli: "Guai ai pastori, che fanno perire e disperdono il gregge del suo pascolo" (Gen. 23,1- 1ª lettura).

Dunque la salvezza dei singoli esseri umani, sempre nel rispetto però della loro libertà, dipende dalle capacità e dall'impegno che i pastori della Chiesa, a imitazione del modo di agire del Pastore dei pastori: Cristo Gesù:

1. Sappiano non disperdere, ma radunare il gregge dell'umanità.
2. Lo nutrano con pascoli sani e non avvelenati.
3. Lo istruiscano con insegnamenti sostanziosi e veritieri.

Riflessione. Una comunità civile e più ancora cristiana è tale in quanto si lascia:

a. Radunare, col superamento di tutte le divisioni, le discordie e le incomprensioni reciproche.

b. Nutrire, con il cibo sostanzioso della Parola di Dio, accolta e vissuta, non come parola di uomini, ma esclusivamente quale Parola di Dio.

c. Istruire, secondo gli orientamenti morali e spirituali che scaturiscono dagli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa.

Dunque lasciarsi radunare, nutrire e istruire, tre belle direttrici di marcia. Ma l'individualismo e lo spirito anarchico che covano in molti di noi, riusciranno ad assecondare il difficile compito dei pastori della Chiesa?

1. Al prestigio morale della Chiesa dinanzi al mondo: "In quel tempo gli Apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto ed insegnato. Ed Egli disse loro: < Venite in disparte voi soli, in un luogo solitario>". (3ª lettura)

Da questa preziosa testimonianza di S. Marco, emergono le doti essenziali, che dovrebbero caratterizzare i pastori della Chiesa; questa sarà tanto più incisiva nel mondo, soprattutto dal punto di vista morale e religioso, nella misura che i suoi pastori siano:

1. Uniti come gli Apostoli, a Cristo Gesù e tra di loro. Infatti una Chiesa divisa, sarà sempre motivo di scandalo per tutti, credenti e non credenti;

2. Instancabili operai del Vangelo, in ogni loro iniziativa pastorale, Clemenceau, capo del governo francese nel 1918, non credeva a niente, ma amava conversare con il monaco Chautard suo amico. Questi gli aveva dato da leggere la vita di S. Francesco di Jorgensen. Chautard commentò: . Ma c'è di più: è compito dei pastori della Chiesa iniettare con la loro vita, non solo quella di S. Francesco, ma soprattutto una stilla del Sangue di Cristo nel cuore di ogni uomo.

3. Convinti uomini di preghiera e di robusta vita interiore. Nel secolo XIX in Francia, presso l'opinione corrente spesso ricorreva questo apprezzamento: . In altre parole, dai pastori della Chiesa, il mondo pretende più santità, che capacità manageriali.

Riflessione. Però c'è anche un fatto che salvo poche eccezioni, nonostante i buoni pastori, le Chiese si svuotano. Perché? Un pensatore francese Alain Benoist ha scritto un saggio intitolato "Come si può essere pagani", nel quale afferma che: . A pensarci bene purtroppo, sta avvenendo proprio così, a causa di una secolarizzazione che, con le sue mille sfaccettature ideologiche, sta creando una società post-cristiana anestetizzata dal neo-paganesimo.

Infatti dall'estraneità di Dio dalla vita dell'uomo e dalla sua società, nasce il crollo e la scomparsa dei valori religiosi, morali e sociali, che il Cardinale Ugo Poletti denunciava come presidente della C.E.I. il 19/5/1987 davanti a tutti i vescovi italiani.

1. Alla salvaguardia dello stesso ordine sociale della convivenza umana. "Fratelli! Cristo Gesù ... è la nostra pace, Colui, che di due, ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva ... per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo>. (2ª lettura)

L' autore della lettera agli Ebrei attribuisce a Cristo Gesù un ruolo determinante, sia nella Chiesa da Lui fondata, che nel mondo da Lui creato.

1. Quanto alla Chiesa il Signore Gesù è l'artefice di "quell'uomo nuovo" di cui si parla nella lettera e cioè di quel modo nuovo di essere, non più popolo di Israele, ma popolo di Dio, costituito dai singoli fedeli battezzati, salvati dal suo sacrificio sulla Croce.

2. Quanto al mondo, il Signore Gesù è l'artefice di quella pace, che non nasce dai trattati dei grandi della terra, ma dal fatto che con la sua Redenzione, Egli una volta per tutte, ha abbattuto il muro di separazione, cioè il peccato che teneva l'umanità lontana da Dio.

Stando così le cose, se il Pastore dei pastori è l'autore di questi due strepitosi interventi a favore della sua Chiesa e del mondo stesso, anche i pastori, sono chiamati nella storia ad essere:

1. Capaci di avvicinare i lontani da Dio e dalla fede, combattendo soprattutto tre piaghe che oggi purtroppo avvelenano tanto l'umanità intera, quali:

2. Lo smarrimento ideologico, quello cioè della Babele del pensiero, per il quale, ciascuno pensa di essere l'arbitro assoluto della verità (Relativismo filosofico)

3. Il materialismo biologico, secondo cui il corpo viene idolatrato a tal punto da non avere alcuna aspirazione spirituale e trascendente (pansessualismo edonistico)

4. Il permissivismo a oltranza, dove tutto è lecito sia nel campo della morale, che in quello della libertà (scomparsa del senso del peccato).

5. Costruttori di pace, impegnati ad arginare i danni delle tre dinamiche, che nella nostra società insidiano più di ogni altra la pacifica convivenza civile, quali sono:

6. La brama di possesso, con il culto e l'ossessione del denaro
7. La fame di edonismo, con l'idolatria del piacere

8. La sede di dominio, con l'aspirazione ossessiva del potere.
9.

Riflessione. Con questi tre tarli micidiali, che consistenza e quale futuro, soprattutto per le giovani generazioni, potrà assicurare la nostra società?

In una lettera ad un suo amico il narratore statunitense Howard Phillips Lovecraft, considerato un precursore della fantascienza scrisse: .

Effettivamente le cose stanno proprio così in una società che non ha la consistenza del granito dei valori, ma piuttosto la friabilità della neve, se esposta ad ogni vento caldo di guerre e di ingiustizie.

Conclusione. In un film, non ricordo quale, dominava la battuta:< Non sparate sul pianista!> nel nostro caso, trattandosi delle guide della Chiesa, potremmo dire: . con una maggiore dose di corresponsabilità da parte di ciascuno, senza dubbio la loro difficile missione sarà certamente più efficace e benefica per tutti.


SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Eduard Patrascu

"Avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati!"

È una domenica pesante questa! E non tanto perché si avvicina il periodo ormai classico delle vacanze (magari per qualcuno le vacanze sono iniziate da un po', per altri non verranno proprio..). Ed è pesante perché la Parola di Dio (che è come una spada a doppio taglio: Eb 4) scava nella piaga, dice senza peli sulla lingua ciò che avviene spesso, troppo spesso nella vita dei credenti. A cosa mi riferisco? Ebbene, al fatto che le letture di quest'oggi provocano ad un serio esame di coscienza riguardante la collaborazione al disegno di Dio, disegno che ha come punto centrale la realizzazione di un unico gregge sotto la guida di un unico pastore. Dice il vangelo, ad un certo punto, che "Gesù ha visto una folla numerosa ed ebbe compassione di loro perché erano come pecore senza pastore".

Ma è pesante soprattutto per noi, sacerdoti, chiamati pastori (da chi? da noi? dagli altri? dalla Chiesa?). Ebbene, sentite come si rivolge Dio ai pastori, vale a dire a coloro che hanno un ruolo di guida nella comunità, tra cui sicuramente ci siamo noi preti: "guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo ... avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io mi occuperò di voi e della malvagità delle vostre azioni".

Non so se nelle vostra esperienza (per alcuni lunga) di vita avete mai sentito una predica così come la sentirete oggi; ma come si fa a non farsi un esame di coscienza anche davanti ai propri fedeli questa domenica quando la parola di invita a questo? Perché fare i salti mortali pur di evitare questo rimprovero del Signore rivolto a noi preti? Credo che bisogna che questa domenica noi preti, insieme a voi, ci facciamo un bell'esame di coscienza sul come "pasciamo il gregge di Dio", se per caso, non lo disperdiamo, lo sviamo, o addirittura ci capita di allontanare quelle persone tanto attirate dal Signore nel profondo del loro cuore.

Eh sì; si può fare tanto bene facendo il prete; ma si può fare anche parecchio male se non abbiamo il coraggio di vigilare su ciò che diciamo, sul come ci atteggiamo davanti alla gente (e la storia, anche quella recente, lo dimostra ampiamente). Mi piace tanto il versetto di un salmo che recita così: "a causa mia non resti confuso nessuno, Signore, tra coloro che ti cercano" (Sal 69,7). Sì, quante volte possiamo, posso confondere con le mie leggerezze, magari con la mia superficialità quelle persone semplici che cercano a tentoni di fare esperienza di Dio!

Magari addirittura non volendolo, ma neppure vigilando troppo su ciò che dico, su ciò che consiglio o sul come magari celebro la confessione o la Messa! Spero che con ciò che dico oggi nessuno si confondi se affermo che anche noi, preti, rischiamo di far male alla gente che si confida con noi. Spero altrettanto che nessuno si scoraggi di rivolgersi per essere se non consigliati competentemente, quantomeno ascoltati e consolati dal nostro voler bene a voi. Quando sono diventato prete ho pregato insistentemente il Signore che mi aiutasse a non fare troppi danni: è un pensiero rubato da Giovanni XXIII; l'ho ripreso perché mi rendo conto di questo rischio.

Se ricordate, due domeniche fa meditavamo insieme sul fatto che il Signore ci permette la debolezza per insegnarci a mettere tutte le nostre speranze in lui; addirittura il Signore diceva che la nostra debolezza è necessaria per poter rivelare la sua potenza. Ebbene, oggi lo stesso Signore ci invita a riflettere anche sul fatto che se la debolezza nella nostra vita c'è, - eccome se c'è! - il fatto che lui manifesta la sua potenza nella nostra debolezza non deve diventare un motivo per non essere vigilanti verso i nostri difetti e quindi di non darci da fare per eliminarli.

Ebbene, l'invito del Signore è molto chiaro: bisogna lottare con tutte le forze contro i propri peccati. Soprattutto noi preti abbiamo il dovere di darvi l'esempio in questa lotta (bella la lettera indirizzata quest'anno ai preti dal prefetto della congregazione per il clero). La consolazione del Signore rimane e la sua grazia "supplisce" (meno male!) la nostra debolezza (non so se avviene lo stesso per la cattiveria e l'ignoranza colpevole a volte presente persino nei pastori), ma quante volte la nostra debolezza, quella dei preti e delle persone consacrate, quante volte i propri peccati confondono la gente e la allontanano dal Signore! Ne sapete anche voi qualcosa: basta pensare semplicemente alle tante persone che non vengono in chiesa, che non cercano Dio in maniera concreta: qualcosa c'entriamo anche noi preti!

Vi chiedo oggi scusa, a nome mio e di tutti i preti che sono stati prima tra voi, per tutte le mancanze che hanno prodotto in voi confusione; soprattutto la scusa è rivolta a quelle persone che si sono allontanate dal Signore per causa nostra. D'altra parte, vi chiedo con insistenza di pregare per tutti noi affinché in tutto ciò che facciamo possiamo sempre testimoniare la bellezza della fede, la gioia di essere cristiani e la felicità di essere alla ricerca di Dio.

Ricordatevi che anche se siamo pastori, anche noi siamo "pecore" (addirittura nere, non tanto per la talare!) e che anche noi, come voi, siamo alla ricerca di Dio. Anche per noi vale il ritornello del salmo "il signore è il mio pastore". Preghiamo insieme gli uni per gli altri perché in tutto ciò che facciamo ci aiutiamo vicendevolmente a trovare Dio. Grazie per le vostre preghiere e per la comprensione della nostra debolezza... e per il coraggio di farcele notare nella carità!

 

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