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TESTO Gesù cominciò a mandarli

mons. Gianfranco Poma

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/07/2012)

Vangelo: Mc 6,7-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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7Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Che l'educazione dei discepoli alla fede sia al centro della preoccupazione del Vangelo di Marco è confermato da questo brano che la Liturgia ci fa leggere nella domenica XV del tempo ordinario (Mc.6,7-13), solo apparentemente semplice ma la cui complessa forza provocatoria ci appare tutta se lo collochiamo nel contesto dello svolgimento del pensiero di Marco.

Dopo essersi meravigliato per l'incredulità dei suoi, Gesù non si ferma ma allarga l'orizzonte del suo insegnamento ai villaggi circostanti: non è il successo personale che lo muove ma la coscienza del valore di ciò che egli insegna, che, anzi, come egli andrà rivelando sempre più chiaramente, richiede la spogliazione e l'apparente fallimento. Ancora una volta Marco dice che Gesù insegna senza precisare il contenuto dell'insegnamento: forse ciò che vuole far capire è che Gesù stesso, la sua persona, è l'insegnamento.

Segue il racconto particolareggiato dell'invio in missione dei Dodici. Il loro ritorno e la reazione di Gesù all'esito della missione, sarà riportato solo dal v.30: tra l'inizio e il ritorno, Marco, come è la sua tecnica di costruzione narrativa, intercala il racconto dell'uccisione di Giovanni Battista. Il verbo "insegnare", detto nel v.6 per Gesù e ripreso nel v.30 per i discepoli, fa da inclusione a tutto il brano, nel quale, anche il martirio di Giovanni, il suo fallimento testimoniante, è "insegnamento".

"Chiamò a sé i Dodici e cominciò a mandarli...": ancora una volta ritorna questo verbo "cominciare" che significa l'inizio di una novità che continuerà a rinnovarsi dentro la storia.

L'invio in missione è il seguito logico della istituzione dei Dodici da parte di Gesù nel cap.3,13-19. Egli li aveva scelti perché stessero con lui (3,14): infatti lo hanno costantemente accompagnato ascoltando il suo insegnamento e vedendolo agire. Ma egli li aveva pure chiamati per inviarli ad annunciare con l'autorità di scacciare i demoni (3,14-15): gli stessi termini sono ripresi nel cap.6,7.12-13 per descrivere la realizzazione di questa missione.

Dopo Mc.1,16-20, la chiamata dei discepoli e Mc.3,13-19, l'istituzione dei "Dodici", l'invio in missione costituisce il punto culminante della presentazione positiva dei discepoli: essere chiamati per stare con lui e per essere inviati, sono elementi che costituiscono l'identità del discepolo. La missione non è per portare agli altri una dottrina o una morale, ma per attualizzare una presenza: essere con lui ("rimanere in lui") è elemento costitutivo della missione che è l'annuncio di lui per renderlo visibile nell'oggi continuo della storia.

In modo narrativo, Marco dice che i Dodici sono inviati per una missione che è quella stessa che essi hanno visto compiersi in Gesù: l'insegnamento che egli dà loro, costituisce il fondamento della loro missione. Ciò che essi dovranno capire, e il cammino è solo agli inizi, è che la missione richiede l'identificazione con lui, il coraggio di non scandalizzarsi della croce, anzi, di abbracciarla ogni giorno, perché solo la croce è la testimonianza di un amore senza limite.

"...E cominciò a mandarli a due a due...": la missione che Gesù affida ai suoi discepoli non è un fatto individuale, è sempre ecclesiale, è una esperienza di comunione, perché nessuno pensi di poter ridurre alla propria visione personale la testimonianza che gli è affidata, perché sempre possano confrontarsi fra loro, confortarsi, consolarsi...

"...E dava loro il potere sugli spiriti immondi." La lotta contro le forze del male è centrale nell'attività di Gesù in Marco: è logico quindi che all' "inizio" sia ricordato il dono fatto da lui ai suoi discepoli perché essi pure vincano il male.Va però sottolineato che la frase greca che normalmente interpretiamo in questo modo, letteralmente suona così: "diede loro il potere degli spiriti immondi", quasi ad indicare che i discepoli hanno ricevuto un'autorità forte come quella degli spiriti immondi tanto da poterli combattere, ma che talvolta può fare in modo che essi si comportino come gli spiriti immondi facendo le stesse cose, che pure avendone l'apparenza, sono agli antipodi della verità. Marco comincia a mettere in guardia i discepoli che tutto ciò che è "potere", forza, contiene ambiguità: del resto l'evangelista ha già introdotto allusioni alla loro incapacità di comprendere la missione e le parole di Gesù (1,36; 4,13; 4,40; 5,31)

Seguono le raccomandazioni concrete rivolte agli inviati: le raccomandazioni per il viaggio (8-9) e poi le istruzioni per il soggiorno (10-11). Tutte queste raccomandazioni, estremamente esigenti, sono chiaramente finalizzate a mettere in evidenza che l'esito della missione non dipende dai mezzi di cui i discepoli sono dotati, dalle strategie che essi sanno mettere in atto, non è condizionato dagli equipaggiamenti di cui essi possono essere provvisti. E sono pure finalizzate a far sì che i discepoli non facciano della missione una "cosa loro": la missione è un dono di cui essi godono e che non possono trattenere per sé. La libertà dall'ansia di riuscire, di arrivare dappertutto, la libertà dalla paura di fallimento, dalla preoccupazione di perdita di prestigio o di qualche vantaggio di potere o economico, tutto è finalizzato a mettere in luce l'unica cosa che conta: lui, che è con i discepoli che lo annunciano.

Il successo della missione è sottolineato dal ricordo dei numerosi demoni espulsi e dei numerosi malati guariti: colpisce in modo particolare l'espressione "guarì molti malati" in contrasto con il fatto che nella sua patria Gesù "aveva potuto guarirne soltanto pochi", per sottolineare che il rifiuto di Gesù da parte dei suoi non ostacola il cammino della missione presso gli altri.

A ben guardare, tuttavia, la realizzazione della missione dei Dodici è chiara solo in apparenza: forse c'è pure una sottile ironia nel racconto di Marco nel mettere a confronto il fallimento di Gesù (poche guarigioni) e il successo dei Dodici (molte guarigioni), mentre nulla è detto circa il loro insegnamento, l'oggetto della conversione, i criteri per ottenere la guarigione dei malati.

Si deve concludere che la missione di cui Gesù incarica i Dodici rimane ancora oscura: c'è ancora un lungo cammino da compiere. Ancora non è esplicitato verso chi i Dodici sono mandati, e neppure l'oggetto della conversione e le sue conseguenze, né il modo in cui le raccomandazioni ricevute possano essere messe in pratica.

Se i Dodici hanno avuto successo come esorcisti e come guaritori ("il potere degli spiriti immondi"), non è detto niente del successo dell'annuncio e del suo effetto sulla conversione: noi siamo avvertiti di ciò che apparirà in seguito, a partire da 6,45-52, cioè l'incomprensione dei discepoli.

Marco parla a noi, oggi: la missione dei Dodici, oggi, è per noi. Ma come i Dodici, noi oggi, siamo esposti al rischio di una comprensione prematura, solo entusiastica, di una missione la cui comprensione richiede ancora un ascolto ben più attento di ciò che vuole il loro Maestro.

 

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