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TESTO Fra miracoli e miracolismo

padre Gian Franco Scarpitta  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (01/07/2012)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Nei confronti della possibilità del miracolo vi sono due concezioni opposte ugualmente errate e inaccettabili, una per i suoi eccessi, l'altra per i suoi difetti.

La prima di esse, propria dell'ambiente popolare e devozionistico che non di rado sfocia nella superstizione, è la volontà di interpretare il miracolo alla stregua di incantesimo, magia o comunque di un intervento prodigioso atto a risolvere, immediatamente e senza alcuno sforzo personale, una determinata situazione difficile come una malattia fisica o psichica, uno stato di ansia, di preoccupazione o di debolezza. Non è affatto raro che vi siano persone che prendono d'assalto il sacerdote esorcista al primo sintomo di malessere psichico, confondendo un problema di salute mentale con una possessione diabolica, senza neppure previo consulto dei periti. C'è chi chiede al parroco la benedizione della casa con l'intento di allontanare momentanee difficoltà familiari, chi si rivolge alla Madonna di Lourdes per ottenere la pronta guarigione da un'infermità, tante volte trascurando opportuni ricorsi medici. Un capitolo a parte costituiscono poi le presunte apparizioni mariane e i vaticini di presunti profeti o sedicenti visionari che attirano a sé tantissima folla di popolo con rivelazioni in realtà illusorie e fittizie. C'è insomma confusione fra il miracolo, la superstizione e la magia.

La seconda interpretazione del miracolo, propria per lo più degli ambienti raffinati e benestanti, è quella della refrattarietà e della recalcitrazione: specialmente per la cultura illuminista, scettica e razionalista, qualsiasi rivelazione sovrannaturale è relegabile all'immaginario degli stolti e degli ignoranti e chiunque prenda in considerazione il miracolo vive di fanatismo e di autoesaltazione. E' la tendenza opposta alla precedente che scredita e svilisce in tutti i casi la possibilità di un intervento sovrannaturale, con un'ostilità a volte talmente ridicola da negare l'evidenza dei fatti. Essa, come si diceva all'inizio, esagera in senso opposto ed è riprovevole ed erronea alla pari della prima. Se da una parte il miracolo non va esagerato al massimo e ricercato a tutti i costi, dall'altra non va neppure svilito o vilipeso. Che il fatto miracoloso sia sempre entrato nella cultura e nella consapevolezza dell'uomo è prova della sua possibilità e non è affatto contrario alla ragione o al buon senso concepire che sia possibile, senza troppe pretese, il fenomeno soprannaturale.

Come scrivono gli storici, peraltro, la stessa medicina nelle sue origini era associata alla magia e all'esoterismo; solo in Egitto (XVII secolo) si giunse al trinomio scientifico diagnosi - prognosi - terapia. Oggigiorno non sono pochi gli ambiti intellettuali e di intenso sapere razionale nei quali si costituiscono movimenti settari che mettono in atto lo stesso binomio: medicina, magia e stregoneria. Dire quindi che il fattore miracolo appartenga alla sola sfera dell'ignoranza popolare è indice di affermato fanatismo in senso opposto.

Per chi ha fede, a Dio tutto è possibile, anche la possibilità di manifestarsi per mezzo di segni e prodigi straordinari che interrompano momentaneamente o in un certo qual modo il corso della natura; il miracolo è proprio della cultura umana anche prescindendo da ogni credo religioso e non è difforme dalla razionalità. A condizione tuttavia che lo si collochi nella giusta dimensione e che non lo si confonda con il "miracolismo", cioè con la tendenza ad assolutizzare il fenomeno miracoloso ad ogni costo.

Considerando gli interventi prodigiosi di Gesù, ci sovviene allora un interrogativo: che concezione mostra del miracolo Colui che noi crediamo essere il Figlio di Dio, che esercita effettivi poteri straordinari con estrema autorità, senza neppure fare ricorso a Dio Padre (ad eccezione del solo caso della risurrezione di Lazzaro) e che abilita anche i suoi discepoli ad operare interventi prodigiosi a lui pari? Come si atteggia nei confronti di coloro che sono beneficiari del suo prodigioso intervento? I vangeli narrano di ben 27 interventi miracolosi di Gesù, di cui 14 riguardano le guarigioni; egli manifesta di disporre di un potere prodigioso che esterna sempre a favore degli altri e che beneficia specialmente i poveri e gli esclusi. Abbiamo già accennato con questo ad una risposta: per Gesù il miracolo non è che un segno. Il segno rimanda ad una realtà più profonda. In ogni atto miracoloso operato da Gesù si evince quindi non il carattere portentoso e sconvolgente di un taumaturgo o di un mago guaritore, non si vuole dare l'idea del miracolo come fine a se stesso o come fenomeno attuato da un saltimbanco esibizionista che ottiene il plauso della gente. Piuttosto qualsiasi intervento prodigioso di Gesù, non importa di che natura esso sia, proclama la realtà definitiva del Regno di Dio ed è - per l'appunto - un segno che mostra una realtà innovativa apportata da Dio nella vita dell'uomo. Come proclama lui stesso espressamente: "I ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti e ai poveri è annunciata la buona novella... "(Mt 11, 2 e ss) tutti segni dell'avvento del Regno. Nelle parole e nelle opere di Gesù, come pure in ogni suo atteggiamento nei confronti della gente con particolare predilezione dei poveri, degli afflitti e degli emarginati, Dio Padre ha apportato i mezzo agli uomini una nuova dimensione di vita che è giustizia, pace e amore. Essa interpella tutti gli uomini singolarmente nel loro intimo ed è atta ad instaurare una situazione generale di benessere collettivo. Ha Dio come protagonista, ma richiede anche la sensibilità di corrispondenza da parte dell'uomo, che cioè ciascun uomo reagisca esattamente come Dio, impostando la propria convivenza con gli altri nell'amore e nella pace. Questa dimensione è il Regno di Dio e di essa sono segno efficace gli insegnamenti del suo Figlio Gesù Cristo, le sue parabole, i logia e soprattutto i concreti atti di amore e di misericordia con cui le parole sono significate. Fra questi gli interventi di guarigione, gli esorcismi, il richiamo in vita dei defunti e qualsiasi altro miracolo. Nessuno degli interventi prodigiosi di Gesù è finalizzato a se stesso o effettuato con assoluta gratuità e spontaneità, ma annuncia sempre la novità del Regno, anche se con angolature differenti. Ciascun miracolo è segno della vita definitiva nel Risorto (la risurrezione di Lazzaro o della figlia di Giairo), del suo potere sulle forze del male e sul peccato (gli esorcismi e la guarigione del paralitico nel lettuccio), della sua forza sconvolgente sul male fisico e sull'infermità morale (le varie guarigioni), del passaggio dalla vecchia alla nuova economia salvifica attuato appunto dal Cristo (la tramutazione dell'acqua in vino a Cana) insomma della nuova radicalità del Regno apportato da Dio che tende ad incidere nella vita dell'uomo secondo parametri del tutto opposti da quelli comuni alla sua mentalità. Il miracolo è quindi legittimo ed esaltante, ha i suoi connotati di salvezza e di edificazione, ma solamente se considerato nell'ottica più generale del messaggio del Cristo. Al Regno di Dio non occorre prepararsi per mezzo di estenuanti corsi accademici di raffinatezza intellettuale e non servono esercitazioni fisiche rocambolesche o attente perquisizioni per sondarne la presenza. "Nessuno potrà dire infatti ‘eccolo lì' o ‘eccolo qui' perché il regno di Dio è già in mezzo a voi" (Lc 17, 21). Unica possibilità per cui possiamo avvertirne la presenza è affidarci ad Esso, accogliendo lo stesso Gesù Cristo come Signore, immedesimandoci in lui e percorrendo i suoi sentieri. Tutto questo vuol dire fede. Così avviene nei due episodi di cui al brano di Vangelo odierno, che sono solo un piccolo saggio della novità suddetta del Regno, che è la vera vocazione dell'uomo.

Osserviamo in prima istanza la donna emorroissa, gravata da tanti anni dal suo male: aveva confidato e ancora confidava nella scienza medica, nulla aveva trascurato nei confronti di se stessa, ma ora la sua fede la conduce di soppiatto a toccare un lembo del mantello di Gesù. Il che le procura la guarigione immediata e gli elogi dello stesso Signore: "La tua fede ti ha salvata". Gesù, seppure parla di una "forza" straordinaria da lui fuoriuscita, non si mostra nei suoi confronti un medico prodigioso o un esibizionista, ma semplicemente esalta la vera causa della guarigione di questa donna: la fede che ella ha mostrato nel Regno di cui lui è apportatore, quindi per ciò stesso nel Messia e Salvatore Gesù Cristo.

La figlia del capo della sinagoga Giairo è data per morta. Gesù, il Figlio di Dio, che vincerà la morte con la sua risurrezione dal sepolcro, non si arrende e banalizza addirittura la realtà del decesso di questa fanciulla parlando semplicemente di un suo "sonno". Il risveglio miracoloso della fanciulla sottende che in Lui c'è infatti la vita senza fine, che siamo destinati alla vita eterna. Osserviamo un altro particolare: cacciati fuori tutti gli astanti che deridono in un primo momento il commento di Gesù, oltre ai genitori, restano accanto a lui Pietro, Giacomo e Giovanni. Gli stessi discepoli che saranno testimoni della sua gloria al monte della Trasfigurazione e che riferiranno (soprattutto Pietro) la verità di Gesù Messia prefigurato dalla Legge e dai Profeti ottenendo la conversione alla vera fede da parte di parecchi Giudei.

La fede è la virtù caratteristica propria di chi riconosce il Signore in ogni circostanza della propria vita e si abbandona al suo volere, sottomettendo tutto se stesso con l' ossequio dell'intelligenza e della volontà, vivendo la sua Parola, senza porre limiti alla sua misericordia; essa è il dono che Dio stesso ci ha elargito e che noi coltiviamo che ci permette di individuare la sua presenza in tutte le circostanze della vita anche attraverso esperienze che ci sono ostili o avverse. Proprio la fede, cioè l'abbandono fiducioso, è la porta di ingresso alla novità del Regno e proprio questa fede, libera e incondizionata legittima il miracolo senza rischi di fanatismo sterile a astorico, poiché impegna radicalmente in un singolare progetto di vita che ci è stato donato da Dio nel suo Cristo.

 

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