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TESTO Una parola che scuote

Paolo Curtaz  

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XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (18/08/2002)

Vangelo: Mt 15,21-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Gesù si è rifugiato nel sud dell'attuale Libano, la regione di Tiro e Sidone, per fuggire la tensione che cresce intorno a lui, e qui è ambientato il durissimo Vangelo di oggi.

Una donna - sofferente per la figlia ammalata - chiede un miracolo al Figlio di Davide il quale, letteralmente, non le rivolge neppure la parola... Una durezza confermata dal giudizio dato agli apostoli preoccupati dalla sceneggiata fatta dalla donna; l'insistenza però è vincente: la donna si butta ai piedi di Gesùe chiede aiuto. La frase di Gesù è raggelante: "non è bene gettare il cibo dei figli in pasto ai cani".

Un Gesù maleducato, quello che oggi ci presenta Matteo? Un Gesù razzista che pensa - come i suoi contemporanei - che i non-ebrei siano "cani"? No, amici, leggete bene, ve ne prego. Come altrove nel Vangelo (Simone il Fariseo, la Samaritana...) Gesù sta per darci una magistrale lezione di come far crescere le persone. Leggete meglio: la cananea si avvicina a Gesù sbraitando, invocando una guarigone: non gli importa nulla di chi sia veramente Gesù, non è sua discepola, solo vuole il miracolo del guru di turno.

Il Maestro non le rivolge neppure la parola, la sua ostinazione - però - è voluta. La donna insiste, alla fine, esausta, si mette ai piedi del Signore e chiede solo più aiuto... non impone più al Signore i termini dell'intervento (voglio che accada questo) ma un generico e più autentico bisogno di aiuto. La frase del Signore - durissima - è uno schiaffo in pieno volto: "Bel cane che sei, non ti interessi di me, non segui la mia Parola, solo vuoi un miracolo.

Io, prima, devo occuparmi dei miei discepoli"; non è forse, troppe volte, la nostra situazione? Ci avviciniamo a Dio, che regolarmente ignoriamo, quando qualcosa non funziona, quando abbiamo dei bisogni. Lasciamo la nostra fede in uno stato di penosa sopravvivenza poi, quando la vita ci chiede un qualche conto, ecco i ceri che si accendono e le devozioni che si moltiplicano. Quando non i ricatti: "Dio se esisti fa' che succeda questo..." E Dio tace, non ci rivolge neppure la parola.

Se però insistiamo, attenti, potremmo sentirci dire la stessa frase: "Bella faccia che hai, te ne freghi di me e ora invochi un miracolo!" Touché. Come avremmo reagito noi al posto della cananea? Io mi sarei offeso e me ne sarei andato. La donna cananea no, riflette, la guancia ancora le fa male, mette da parte il suo amor proprio e confessa: "Hai ragione Signore, hai ragione; sono proprio un cane, vengo da te solo ora che ne ho bisogno.

Però, ti prego, fai qualcosa" Me lo vedo il volto duro di Gesù che si scioglie in un accogliente sorriso: "risposta giusta, questa volta, la tua fede ora produce miracoli". Che bello, amici, che bello! Non sempre chi ti accarezza ti ama, non sempre chi ti fa dei complimenti desidera il tuo bene. Alle volte, il Vangelo di oggi lo dimostra, anche uno schiaffo ci richiama a verità.

La Parola si apre ad un'ulteriore prospettiva di accoglienza universale dei "diversi", degli stranieri. Isaia ricorda a Israele che ogni uomo è straniero, perché la terra è di Dio. Perciò Israele è chiamato ad essere ambasciatore di Dio presso l'umanità, perché ogni uomo sia colmato di gioia nella casa di preghiera. E Paolo ricorda ai romani, pagani di origine, di avere grande affetto verso Israele perché la chiamata di Dio è irrevocabile.

Un Parola che ci guarisce dalle derive xenofobe che aleggiano nella nostra Europa; problema non facile da affrontare, certo, quello dell'immigrazione, ma che va comunque dibattuto dal punto di vista della Scrittura: tutti siamo stranieri davanti a Dio. E chi sa che la nostra testimonianza, come lo è Israele, come lo è Gesù, non diventi per il fratello non credente stimolo alla riflessione e all'accoglienza del Rabbì.

Libri di Paolo Curtaz

 

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