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TESTO Posti riservati

don Cristiano Mauri  

VI domenica T. Pasqua (Anno B) (13/05/2012)

Vangelo: Gv 15,26–16,4 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto.

Non ve l’ho detto dal principio, perché ero con voi.

Saranno uccisi da qualcuno che facendolo crederà di rendere culto a Dio. Saranno uccisi da chi, convinto di avere Dio tra le mani, non avrà invece mai conosciuto né il Padre né il Figlio chiudendo così la porta allo Spirito. Saranno i rappresentanti della Fede a farlo. Coloro che sono i depositari della Tradizione e i custodi dell'Istituzione. Quelli che han fatto del credo in Jahve una forma idolatrica di culto delle istituzioni. La Legge, il Tempio, la Sinagoga. Dovevano condurre a Dio. Ne hanno oscurato il volto. Anzi ne hanno sfigurato il volto facendone un Dio che gode della morte dell'uomo.
Guide cieche. Pastori dal cuore indurito.

Il Dio in cui credono non è il vero Dio. E' il "loro" Dio, vitello d'oro costruito a loro misura, con le loro capacità e le loro conoscenze, fatto dalle loro mani e dalle loro ricchezze. Costoro adorano "un Dio che non può salvare" (Is 45), perché non è il Dio di Gesù Cristo, Padre della vita.

Il compito dei discepoli è quello di liberare da queste idolatrie per annunciare il Dio della vita e della libertà nello Spirito. Lo spirito rivelerà il volto del Padre testimoniando a favore di Gesù nella vita dei discepoli. In quest'opera l'orizzonte si allargherà: verranno giorni in cui chiunque darà la morte ai suoi discepoli crederà di rendere culto a Dio.

Ci sistemiamo sempre dalla parte giusta, noi, quando ascoltiamo Vangeli come questo.

Dalla parte dei perseguitati, ovvio. Posti riservati.

Ma stavolta m'è corso un brivido lungo la schiena: "Sono forse io Signore?".

Tra quegli uomini di cui parli accennando alle persecuzioni, ci sono forse anch'io?

Quell'uomo che uccide credendo di rendere culto a te, sono forse io?

Lo abbiamo già fatto, noi custodi del Vangelo. E' opportuno non dimenticarlo mai.
Come lo abbiamo fatto, così possiamo ancora ripeterlo.

Perché? Non è forse un pericolo reale di questa Chiesa, di questo tempo, mettersi a difesa delle proprie istituzioni materiali e dottrinali? Non è forse un rischio vero quello di proclamare anatemi e sentenze di morte per coloro che intendono mettere in discussione i nostri culti prima ancora che il nostro Dio? Non è forse all'orizzonte in alcuni ambiti di questa Chiesa il livore violento e persecutorio contro le voci che al suo interno si levano cantando fuori dal coro?

Tutto in nome di Dio. Ovviamente.

E mentre ci si sente "sotto attacco", come realmente può essere, siamo così sicuri di non replicare poi a nostra volta in forma moderna la figura delle lobby di potere giudaico?

Perché ci viene sempre così automatico porci, quasi per diritto acquisito, dalla parte dei giusti?

Che cosa ci spinge all'arroganza di non crederci mai a rischio di idolatria, seguaci di un Dio costruito a nostra immagine e somiglianza?

Siamo davvero sicuri che non stiamo legando fardelli insopportabili sulle spalle della gente, facendo passare l'idea di un'osservanza bovina alla forma della regola?

Per quale motivo tutto ciò che facciamo, pensiamo, diciamo è considerato per sé rivelazione del Dio della vita, della libertà, dell'amore?

E' possibile ritenerci depositari e interpreti autentici se non unici dello Spirito, quasi per diritto ereditario?

Non esistono automatismi nel Vangelo.
C'è la libertà che fa da snodo esistenziale.

Anche quella Chiesa che è comunità radunata ed edificata dallo Spirito deve giocare con e nella propria libertà la vocazione a cui è chiamata. Una libertà che è fallace e perciò esposta al tradimento.

Considerarsi, anche solo inconsciamente, fuori dalla drammatica della libertà è il modo per soffocare lo Spirito ponendo tutte le premesse del tradimento. Da questo atteggiamento erroneo nasce lo stile di forte opposizione Chiesa-mondo caratterizzato dal "noi" e "loro", con quel piglio autoritario e quasi settario che non manca nei nostri ambienti.

Stile opposto a questo è quello invece di una Chiesa che mette fine alle logiche di contrapposizione, che si sente pienamente parte del mondo e solidale con esso nel lasciarsi interpellare dal Vangelo a scovare idolatrie e falsi dei, ovunque siano; intenta ad assecondare lo Spirito della Vita, della Libertà, dell'Amore, ovunque soffi nella Sua testimonianza a favore di Cristo.

 

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