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TESTO Commento su Gv 15,1-8

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V Domenica di Pasqua (Anno B) (06/05/2012)

Vangelo: Gv 15,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,1-8

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Per essere felici e far nascere cose buone, Gesù implora gli amici di fermarsi nel suo amore. "Rimanere in lui", un ritornello per sette volte. Gesù è la vite che porta grappoli succosi e, per questo, è il profeta definitivo atteso dagli ebrei. Da sempre la vite è stata simbolo del popolo d'Israele, divelta dall'Egitto per essere trapiantata in Palestina. Il Padre è l'agricoltore che coltiva la vite-Gesù: è il canto d'amore di Isaia dove il Signore è mostrato come il vignaiolo che cura la casa d'Israele. Per sperare di comprendere bisogna mettersi nell'orizzonte della grande storia d'amore tra Dio e il suo popolo. Il cuore segreto di tutta la storia, anche di quella lontana e assurda, è il rapporto di comunione, altissimo e fragile, continuamente contrastato e aggredito, ma sempre risanato dall'amore di Dio che eternamente si riprende la sposa.

Non tutti i tralci danno frutto. Dipende dal rapporto del discepolo con Gesù. La purificazione serve a dare una fecondità maggiore. La parola di Gesù purifica dal male e dal peccato. L'uomo separato non può nulla sul piano della fede e della grazia; non solo è sterile, ma subirà la condanna del giudizio finale. Invece chi resta unito vede esaurite anche le sue preghiere: fecondi nella vita e capaci di dare gloria al Padre.

L'immagine della vite e dei tralci è propria di Giovanni. Negli altri Vangeli si parla della vigna, ma con contenuti diversi. Qui si dice che la vita dell'uomo è nelle mani di Dio, che toglie e pota i tralci, ed è sottoposta al suo giudizio. Tutta l'etica si raccoglie in quel "restare uniti", la sola e vera responsabilità morale dell'uomo. Dio offre il dono che noi accogliamo restandogli uniti. Si "rimane" in Dio nella misura in cui le sue parole rimangono in noi. Memoria, affetto e lode delle parole del Signore nel nostro pensiero, nel nostro cuore e nelle nostre opere.

Anche la preghiera cambia; non è più un forzare Dio alle nostre istanze, ma volere quello che Dio vuole: "Quello che volete, chiedetelo". Se le sue parole restano in noi, sono esse a educare i nostri pensieri e le nostre implorazioni al Signore, e chiedendo quello che vogliamo, chiediamo dentro la sua volontà e pieni di vera gioia, perché vediamo ogni cosa nella luce di Dio.

Oggi si parla di tralci, di vite e di grappoli. Qualche pagina prima Gesù aveva fatto il paragone con il chicco di grano caduto a terra e che, proprio perché muore porta frutto. Parlava di sé. Oggi parla dei discepoli, ma la legge è la stessa perché, staccati da lui, non possiamo fare nulla.

commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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