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TESTO La Chiesa delle relazioni

don Luigi Trapelli

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (29/04/2012)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,11-18

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

La quarta domenica di Pasqua è la domenica del Buon Pastore ed è la giornata mondiale delle vocazioni.

Gesù ha appena guarito il cieco nato per far comprendere la cecità dei capi dei giudei verso il popolo.

Nel capitolo seguente, Giovanni pone un doppio paragone: quello della porta e del pastore, ossa il brano di oggi.

Gesù è il buon pastore, poiché ha un rapporto di intimità, di fiducia, di conoscenza personale con le sue pecore.
Il mercenario, invece, è l'esatto opposto.

Alla prima occasione scappa, perché mette al centro non il servizio, ma i soldi, l'interesse.

Gesù per il suo popolo è disposto a dare la vita ed è chiaro il riferimento alla sua passione e morte.

Con la sua passione, morte e resurrezione, Gesù fa nascere il nuovo popolo di Dio, la Chiesa.

Nella Chiesa tutti sono invitati, anche chi non era di quest'ovile, i pagani, per formare un solo gregge sotto la guida di Gesù.

Il progetto di Gesù si realizza nella piena libertà fino a dare la vita, per riprenderla di nuovo nell'obbedienza al Padre.
Due sono i temi che emergono da tale testo.

Il giudizio contro i cattivi pastori e un salvezza donata a tutti, frutto della volontà del Padre ora offerta al Figlio.

Emerge un'immagine di Chiesa dinamica, missionaria, in cui al centro ci sono le relazioni, l'amore per le persone, l'attenzione verso l'altro anche se la pensa in modo diverso.

Emerge la profonda umanità di Dio che diventa umanità di Chiesa: una Chiesa che gioca il suo essere nel rapporto con Cristo e con i fratelli.

Una Chiesa esperta in umanità, che apre il proprio recinto, va in cerca della pecora perduta.

Si pone in ascolto dei segni dei tempi, della storia delle persone che vivono in comunità, siano essi credenti o meno.

Una Chiesa che si fa dialogo, presa di coscienza delle fatiche del nostro tempo.

Denuncia certi modi di gestire il potere o la cosa pubblica o certi modi di agire mascherati con lo spirito di servizio.

Una Chiesa apportatrice di gioia e di speranza, anche a chi non frequenta.

Una Chiesa non passiva, ma il luogo dell'annuncio coraggioso sotto la guida dei preti, ma soprattutto di Gesù unico e vero Maestro.

Il Signore ci rende protagonisti della nostra vita, non pecore che seguono una massa, che smettono di pensare per indossare gli abiti e la mente di chi propina certe idee.

Sviluppando un percorso di accoglienza verso le persone, poiché non è il fare che conta, ma il mio modo di relazionarmi con gli altri.

Non ha senso tenere bene in ordine una casa, quando nessuno vi entra poiché non ho amici!!

Da tale immagine di Chiesa si gioca il futuro delle nostre comunità.

Non possiamo proseguire nella conservazione, ma siamo chiamati ad una spinta missionaria per coinvolgere altre persone.

Creando un percorso da condividere insieme in una Chiesa che è, prima di tutto, comunione di persone.

 

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