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TESTO Pastori che offrono l'amore di Cristo, buon Pastore

don Roberto Rossi  

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IV Domenica di Pasqua (Anno B) (29/04/2012)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Gesù Cristo ha dato la propria vita per l'umanità e ha dimostrato di quale amore Dio ci ama. Oggi si celebra la Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni. Scrive il S. Padre: "L'amore verso Dio e quello verso il prossimo, soprattutto verso i più bisognosi e sofferenti, è la spinta decisiva che fa del sacerdote e della persona consacrata un suscitatore di comunione tra la gente e un seminatore di speranza. Cari fratelli, presbiteri, consacrati e consacrate, catechisti, operatori pastorali e voi tutti impegnati nel campo dell'educazione delle nuove generazioni, vi esorto con viva sollecitudine a porvi in attento ascolto di quanti all'interno delle comunità parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti avvertono il manifestarsi dei segni di una chiamata al sacerdozio o ad una speciale consacrazione. È importante che nella Chiesa si creino le condizioni favorevoli affinché possano sbocciare tanti "sì", quali generose risposte alla chiamata di amore di Dio.

Sarà compito della pastorale vocazionale offrire i punti di orientamento per un fruttuoso percorso. Elemento centrale sarà l'amore alla Parola di Dio, coltivando una familiarità crescente con la Sacra Scrittura e una preghiera personale e comunitaria attenta e costante, per essere capaci di sentire la chiamata divina in mezzo a tante voci che riempiono la vita quotidiana. Ma soprattutto l'Eucaristia sia il "centro vitale" di ogni cammino vocazionale: è qui che l'amore di Dio ci tocca nel sacrificio di Cristo, espressione perfetta di amore, ed è qui che impariamo sempre di nuovo a vivere la "misura alta" dell'amore di Dio. Parola, preghiera ed Eucaristia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno.

Auspico che le Chiese locali, nelle loro varie componenti, si facciano "luogo" di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale, offrendo ai giovani e alle giovani un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale. In questo modo la comunità cristiana diventa essa stessa manifestazione della Carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata. Tale dinamica, che risponde alle istanze del comandamento nuovo di Gesù, può trovare eloquente e singolare attuazione nelle famiglie cristiane, il cui amore è espressione dell'amore di Cristo che ha dato se stesso per la sua Chiesa (cfr Ef 5,32). Nelle famiglie, «comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes, 48), le nuove generazioni possono fare mirabile esperienza di questo amore oblativo. Esse, infatti, non solo sono il luogo privilegiato della formazione umana e cristiana, ma possono rappresentare «il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 53), facendo riscoprire, proprio all'interno della famiglia, la bellezza e l'importanza del sacerdozio e della vita consacrata. I Pastori e tutti i fedeli laici sappiano sempre collaborare affinché nella Chiesa si moltiplichino queste «case e scuole di comunione» sul modello della Santa Famiglia di Nazareth, riflesso armonico sulla terra della vita della Santissima Trinità.

Ecco un'esperienza di questi giorni.

Fra' GIUSEPPE AMANTE, sacerdote

"Quella del sacerdozio è un tipo di realtà che si comprende vivendola. Come la mia professione, quella di frate. Diciamo che ho risposto. Tutta la nostra vita è una risposta a una vocazione.

Avevo 28 anni, ottimi amici, una ragazza con cui avevo un bel rapporto affettivo. E davanti, magari, una carriera da avvocato o magistrato. Però io non ho risposto a nessuno di questi appelli. Ho cominciato a pensare che il problema era mio. Le persone, le cose che avevo erano talmente belle. Ero della parrocchia Regina Pacis dove avevo fatto lo scout per cinque anni ma non frequentavo la chiesa assiduamente: non andavo né a confessarmi, né a comunicarmi». «Poi i miei ogni tanto mi invitavano ad andare con loro a Montepaolo. E mi sono accorto che in quel luogo, in mezzo alla natura, mi sentivo bene. Il resto non mi soddisfaceva. Ho interrotto gli studi, quando sono andato fuori corso. Ho fatto pure un'esperienza di servizio civile».

Ho provato a riprendere a studiare. Ho deciso, visto che ci stavo bene, di chiedere ai frati di Montepaolo di ospitarmi per una settimana per preparare un esame. Il libro non l'ho mai aperto e sono rimasto lì un anno. Poi ho cominciato il percorso verso la professione di frate.

Io collaboro con preti e vescovi. Mi chiamano quando hanno bisogno nelle parrocchie. La nostra giornata si divide tra preghiere e impegni. Soprattutto incontriamo e ascoltiamo tante persone.

Con l'ordinazione sacerdotale potrò confessare, celebrare Messa e dare la comunione. Potrò dare una mano ai sacerdoti di cui c'è tanto bisogno».

 

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