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TESTO Commento su Giovanni 10,11-18

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IV Domenica di Pasqua (Anno B) (29/04/2012)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Marco Simeone

Questa è la quarta domenica, la terza dopo Pasqua, e domenica dopo domenica impariamo cosa significa la resurrezione e come si vive da risorti.

Io penso che la frase che colpisce e che dà un taglio è la frase di s. Pietro, che oggi tanti benpensanti bollerebbero come "gravemente scorretta politicamente", è: "in nessun altro c'è salvezza!" perché non c'è altro nome secondo cui possiamo essere salvati.

Questa è un'affermazione forte, "col botto", che scuote: qualcuno si alzerà e se ne andrà stizzito, oppure si rimane fermi in trepida attesa del resto, di questa famosa salvezza. Per completezza, alla fine del discorso di s. Pietro si dice che 3000 persone si fanno battezzare; vuoi vedere che a parlare chiaro, con la franchezza e la pace che viene dallo Spirito Santo, i cuori si smuovono?
Ma per tornare al nostro discorso, cosa significa la frase?

Prima di tutto la frase completa recita: "in nessun altro vi è salvezza: non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati". Il significato allora si sposta dal confronto con altri salvatori - siano essi religiosi, politici, economici e compagnia cantante - alla verità dell'uomo: Gesù risorto è Colui che mi salva perché Lui è il mio nuovo nome che il Padre mi ha dato. Significa che solo se guardo a Gesù risorto capisco chi è Dio e, allo stesso tempo, chi sono io e che ci sto a fare in questa vita. Questo significa uscire dal confronto tra chi discute sulla fede come se si parlasse di squadre di pallone (di chi sei, che colori difendi...), ed entrare nella verità di Dio (ma ancora potrebbe essere un discorso scivoloso) e soprattutto nella verità su di me (questa la so bene!). La verità su Dio è che, come recita la colletta, Dio pone la sua gloria nel vedere l'uomo, suo capolavoro, risanato e pienamente vivente; allora Dio è un Padre buono, è Colui che vive in eterno, capace di comunicare la Sua stessa vita agli uomini, gli stessi che lo hanno rifiutato 2000 anni fa e che con i loro peccati continuano a sfiduciarlo e a preferirgli "cisterne screpolate"; proprio a quegli uomini manifesta la grandezza del Suo amore perché non solo li perdona ma gli ricostruisce "l'integrità" della vita, come nell'episodio dell'uomo guarito alla porta del tempio. È Colui che addirittura ci ha reso, nel Battesimo, e che ci rende ogni volta che glielo permettiamo, figli: ci fa simili a sé.

Allora adesso il discorso del vangelo sull'immagine di Gesù buon pastore è molto più chiara: non è solo un'immagine bucolica, che richiama antichi sapori, macché! Lasciamole alla pubblicità le immagini patinate... qui si parla di vita vera.

Come il pastore raduna col semplice suono della voce il suo gregge, così allora Gesù con la sua parola raduna il suo gregge (ricordate domenica scorsa che apriva la mente all'intelligenza delle scritture agli apostoli?) composto da coloro che lo conoscono (cioè che lo amano perché lo hanno conosciuto nella sua bontà) e che allo stesso tempo hanno imparato ad uscire dalla superficialità dell'esistenza, chi non è più una barchetta sballottata qua e là ad ogni vento, chi non sta lì imbambolato a sentire i soliti incantatori di serpenti che menano il can per l'aia. Il vangelo li chiama mercenari: tutti quelli che non si prendono cura di me, ma si prendono cura di loro stessi attraverso di me; quelli che non mi "conoscono", quelli che addirittura non hanno un nome loro, tutti quelli che si guardano bene dallo stare nella verità e preferiscono la menzogna; per questo il nome di Gesù risorto è il mio nuovo nome (identità) che sono chiamato a far mio ogni giorno, è la verità ultima del mio essere.

Ora il nome di Gesù significa che io sono chiamato a vivere una vita nuova che è iniziata da un atto d'amore (ha dato la propria vita), quindi per esservi fedele anch'io devo scoprire che sono chiamato a continuare in me l'opera di Gesù, cioè donare la mia vita agli altri; è vero che questo si realizza in modo non violento - per fortuna a me nessuno vuole far male - ma non per questo in modo meno totalizzante. Per questo io posso essere Suo gregge e un giorno scoprirmi diventato simile a Lui: perché avrò imparato ad amare come Lui.

Per questo non c'è un altro che mi possa salvare, perché non c'è nessuno capace di amare così.

La comunità cristiana, la chiesa, è l'insieme di tutti quelli che amano così, che quindi possono fregiarsi di questo nome, e che col loro amore segnano la strada ai fratelli: questa è l'umanità nuova riconciliata nell'amore. È roba seria!

Questa domenica il Signore ti chiama per nome: a quale nome risponderai? Risponderai?
Lui tifa per te.

 

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