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TESTO Sogno o son desto?

don Cristiano Mauri  

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II domenica T. Pasqua (15/04/2012)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

A volte sogno la mia Comunità.

Stavolta sono state le parole di Pietro e Giovanni negli Atti a farmi sognare: "Noi non possiamo tacere di quel che abbiamo visto e udito".

Ho sognato una piazza.

Tutti vi entravano provenendo da mille strade diverse. Alcuni venivano apposta, altri capitavano lì per caso. C'era di tutto: giovani, vecchi, bambini, poveri, ricchi, imprenditori, sfaccendati, peccatori, santi, credenti, dubbiosi. A nessuno era impedito di entrare, per nessun motivo. Gli sconosciuti venivano presi per mano e presentati agli abituè. Non c'erano strutture: uno spazio vuoto, solo uomini e donne. Non c'erano organizzazioni di sorta: Consigli, Commissioni, Gruppi. Nulla, e nessuno occupava un posto speciale nella piazza. Solo il centro era riservato ai piccoli, ai poveri, ai sofferenti. Il parroco c'era, sì. Stava proprio al centro, ma perché piccolo, povero e sofferente anche lui. Ognuno era libero di raccontare qualcosa e a ciascuno che lo desiderasse veniva data la parola. Tutti, proprio tutti, parlavano secondo il loro turno. Quel che il Risorto aveva compiuto nella loro storia e ciò che avevano ascoltato da Lui era l'unico argomento dei racconti. Nessuno faceva teorie. Fatti, esperienze, vita. Parlavano uomini colti e ignoranti, stupidi e intelligenti, buoni e cattivi. Della propria vita può parlare chiunque, a pieno titolo. Ogni racconto valeva quanto l'altro perché della vita non si fan classifiche. Nessuno commentava, tutti ascoltavano, curiosi di sentire in quali altri meravigliosi modi il Risorto era apparso e quali altre verità aveva insegnato. E un racconto dopo l'altro un Vangelo, nuovo, veniva scritto. E da un episodio all'altro la vita appariva interpretata dalla Presenza di Lui: ogni cosa al suo posto. Il parroco vigilava che i piccoli e i poveri capissero ogni cosa e quando era il momento, dopo aver fatto pregare un Padre nostro, congedava tutti: "Andate, anche voi fate lo stesso".

Ho sognato una piazza ed un bavaglio.

Era indispensabile. Lo avevano alcune donne, sparse nella piazza. Aveva scelto le donne il parroco perché - diceva lui - sono in confidenza col Risorto e sanno che la Verità ha tante sfumature e tanti nomi. Il bavaglio serviva perché nella piazza entrava anche chi non Lo avevano incontrato, visto, ascoltato; tutte le volte capitava, chissà perché, che qualcuno di questi prendesse la parola raccontando una storia inventata. Allora intervenivano le donne col bavaglio - che al volo annusavano la fandonia - perché solo chi aveva davvero visto e udito poteva raccontare. Chi non lo aveva ancora fatto doveva, anziché parlare, ascoltare le storie di chi il Risorto l'aveva conosciuto, così da imparare a vederne i segni e riconoscerne la presenza. Che nessuno di quelli che non Lo avevano davvero incontrato era autorizzato a parlarne, l'aveva deciso il parroco: i piccoli non andavano confusi e i falsi testimoni andavano fermati. Nessuno mai, però, veniva cacciato di costoro, solo invitato ad ascoltare e impedito di scandalizzare. Tutti potevano rimanere finché volevano e andarsene quando ritenevano opportuno. A volte qualcuno arrivava gridando insulti e bestemmie. A costoro nessuno però metteva il bavaglio, perché gli insulti non sono pericolosi come la menzogna, ma venivano lasciati sfogare per invitarli poi a rimanere e ascoltare.

Ho sognato una piazza, un bavaglio e un pallone.

A volte il succedersi dei racconti prendeva la forma di una discussione o di un mezzo dibattito. Si cominciava a cercar di trasformare le esperienze in teorie o, ancor peggio, in strategie. Qualcuno iniziava a dire che era necessario organizzarsi e strutturarsi. Altri sostenevano che non ci si poteva limitare ai racconti ma occorreva essere convincenti nel modo di esprimersi, che troppi avevano un dire troppo semplice e rozzo, che bisognava migliorare le espressioni. Alcune volte sorgeva l'idea di arricchire il messaggio che nel suo semplice narrarsi appariva debole ed esposto alla facile confutazione, perciò bisognava dotarsi di strumenti scientifici, studi, approfondimenti. Ancora, spesso usciva l'idea di fare studi statistici su quante volte il Risorto era apparso, a quali categorie di persone, in quali luoghi e perché: il fenomeno andava approfondito e inquadrato. Infine alcuni, tutte le sante volte, affermavano che forse certi racconti era meglio tacerli e non renderli pubblici, almeno fino a che il mondo non fosse stato pronto. A quel punto il parroco buttava il pallone in mezzo e, complici i più piccoli, partiva un "tutti contro tutti" che alla fine toglieva il fiato ad ogni altro discorso.

Una Chiesa che sta nel mondo nutrendosi solo di quel che il Risorto ha detto e dice, ha fatto e fa.

Una Chiesa che abita il mondo anzitutto per dire quel che ha visto e che ha udito, dal Risorto.

Il vero servizio della Chiesa al mondo è questo. Solo questo.

Un mondo che alla fine però, ricordiamocelo, va lasciato libero di sbatterci la porta in faccia.

Perché lo spazio che separa l'annuncio dall'accoglienza - quello della libertà - è il luogo in cui più potentemente soffia lo Spirito e chi vuol chiudere le intercapedini, ostacola proprio lo Spirito, magari in buona fede, sì proprio "fede".

 

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