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TESTO Oltre la paura

don Maurizio Prandi

Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno B) (07/04/2012)

Vangelo: Mc 16,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 16,1-8

1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. 2Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. 3Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». 4Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. 5Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. 7Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». 8Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.

Nella veglia di quest'anno la prima suggestione che ho vissuto è stata alla benedizione del fuoco. E' cambiato da poco l'orario qui a Cuba e accendere il fuoco nuovo è stato come illuminare un poco la notte, come in quella notte della creazione quando, prima dell'intervento di Dio, tutto era (mi immagino io...), oscurità e tenebra. In principio... comincia così la Liturgia della Parola della veglia di questa notte e comincia con una lettera dell'alfabeto ebraico, la bet, che non è chiusa come una nostra "O", ma è aperta in avanti, come una nostra "C" per dirci da subito che il libro sacro è aperto al futuro, che lì comincia la storia più bella ed appassionante, la storia dell'amicizia tra Dio e gli uomini. E quando sento questa parola, "principio" mi viene in mente la comunità di Punta Felipe, il giorno in cui per la prima volta hanno vissuto un tempo di adorazione di fronte al Santissimo Sacramento: Padre, questo vuol dire che oggi comincia un cammino per noi, siamo felici! Mi hanno fatto tenerezza perché dopo quindici anni che il sacerdote visita la loro comunità queste persone si sentono al principio. (Che bello!, lo devo dire io...).

Ma la prima lettura prosegue: Dio creò il cielo e la terra. E nei volti delle persone che la bontà di Dio mi ha affidato, leggo il desiderio di essere ponte, di essere tramite, di essere filo, corda che lega il cielo e la terra; quella terra che sono loro e quel cielo che da sempre è il luogo pensato dagli uomini come il luogo della dimora di Dio non devono essere due realtà separate, ma unite. Loro desiderano essere questa unione. Questa terra cubana, questa terra che sono i cubani, questa terra che sono io... è una terra ancora informe e deserta come dice il testo, o informe e non lavorata come riporta la versione dei LXX, una terra radunata intorno al fuoco dello Spirito, in attesa di Qualcosa che le dia forma, che la lavori.

Dio disse... ecco il dono che aspettavamo tutti insieme, con lo sguardo rivolto prima al fuoco e poi al cero pasquale: il dono della Parola di Dio, dalla quale vogliamo lasciarci fare, costruire perché solo quella parola può mettere un po' di ordine nella nostra vita.

Un ricordo dagli studi di S. Scrittura: il concetto di informe e deserta, (tohu wabohu in ebraico) gli ebrei lo applicavano alle cose prive di armonia e agli idoli, cioè a qualcosa di sgradevole e privo di consistenza. Non in armonia con la creazione è l'uomo, quando fa di se stesso un idolo e pensa al suo benessere, al suo emergere: qui non c'è nessuna consistenza. Questa notte, che mi dice che anche Dio si è dato dei tempi, mi scopro parte di un cammino. Dio non avrebbe potuto fare tutto in un colpo solo? Certo! Avrebbe potuto, ma invece ci ha voluto insegnare che è sempre necessario un cammino.

Credo che la liturgia di questa notte ci fa vivere anche "qualcosa" del primo intervento di Dio, quando tutta la chiesa da tenebra diventa luce, quando si accendono le candele e le luci. E' la luce di una Nuova Creazione, è la luce della Resurrezione di Gesù. In Gesù rinasciamo, in Gesù siamo creati nuovamente, in Gesù ricominciamo confermati nel cammino del vangelo perché se Resurrezione è una sola parola, quella parola è formata da altre parole che Gesù ha vissuto: povertà, umiltà, condivisione, disponibilità, servizio, dono, misericordia, bontà, umanità. Mi accorgo che alla fine ho bisogno di tornare sempre lì, all'umanità, e il vangelo della notte di Pasqua che quest'anno leggiamo (Marco), mi conferma in una ordinarietà faticosa. La Risurrezione non è una soluzione. La Risurrezione non è una risposta, ma piuttosto un'ulteriore domanda, perché se dovessi stabilire quale emozione prevale nel brano che abbiamo ascoltato, questa non è certamente la gioia o l'entusiasmo o la sicurezza di sé. Marco ci parla di timore, di spavento e, per due volte, di paura. Una cosa che mi affascina è questa: il vangelo di Marco originariamente si concludeva qui, come lo abbiamo ascoltato in questa notte (la versione spagnola grazie a Dio arriva fino al v 8!) perché i versetti dal 9 al 20 sono una aggiunta posteriore (una nota della Bibbia dice: un supplemento aggiunto in seguito per riassumere rapidamente le apparizioni), e sotto un certo punto di vista un po' mi spiace, perché l'idea che l'evangelista, ispirato da Dio abbia terminato il suo vangelo con una emozione così umana, la trovo di una bellezza sconvolgente. Ancora una volta Dio va al di là (anche questo è uno significati della parola Pasqua: andare oltre) delle nostre debolezze e fragilità: chi lo avrebbe mai detto leggendo di un pugno di donne impaurite e "possedute" (è l'autentico significato) da spavento e da timore che quel giorno sarebbe stato l'inizio di una vicenda tutta nuova per la creazione e per la storia umana. Ancora una volta la nostra piccolezza, il nostro essere terra informe e deserta diventa il luogo dell'operare incessante dell'amore e della misericordia divina, diventa voce che annuncia al mondo la salvezza operata da Dio nel suo figlio Gesù, il Crocifisso Risorto.

 

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