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TESTO Commento su Atti 3,13-15.17-19; Salmo 4; Prima Giovanni 2,1-5; Luca 24,35-48

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

III Domenica di Pasqua (Anno B) (22/04/2012)

Vangelo: At 3,13-15.17-19; Sal 4; I Gv 2,1-5; Lc 24,35-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,35-48

35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni.

Signore, so che potrà apparire strana, addirittura un poco autoreferenziale, l'idea di mettere a disposizione di un pubblico vasto - ma che so comunque composto di amici - la preghiera che ti rivolgo, ma tu solo sai quanto essa sgorghi sincera dal più profondo del cuore, nel quale la tua presenza non può che convocare altre presenze che mi interpellano; ed esse, se davvero fossi sempre attento alle innumerevoli occasioni di incontro che tu netti sulla mia strada, non dovrebbero mai lasciarmi tranquillo. E poi, è pur vero che la meditazione della tua parola - quella stessa che tu hai rivelato ai piccoli e ai poveri, nascondendola ai sapienti, ai potenti e ai prepotenti - deve farsi preghiera, proprio come quella di un bimbo che s'affida all'adulto quando scopre la sua debolezza e la sua fragilità.
Ti chiedo dunque, Signore, di fare anche con me un tratto di strada, proprio come hai fatto con i due discepoli (amo pensare che fossero una coppia...), là sul cammino di Emmaus, quando, dopo aver ascoltato il loro lamento, le loro paure, il crollo delle loro illusioni, hai pazientemente spiegato loro le Scritture. Sì, Signore, apri anche a me e a tutti quelli che leggono questa mia preghiera l'intelligenza della Scritture, aprila a tutta la Chiesa, a tutta la nostra comunità, spesso sconcertata e portata fuori strada da altre parole troppo umane, forse anche troppo intelligenti. Aprici a questa tua intelligenza. Lo sappiamo: non lo fai dall'alto di un pulpito o in una conferenza pubblica, non lo fai su una spianata o all'interno di una basilica sgargiante di luci e di colori, ma per strada, in una sorta di pellegrinaggio in cui, nel tu per tu della confidenza reciproca, il cuore si apre all'ascolto di ogni fratello che ha un'anima di verità da proporci. Facci dunque comprendere, cioè interiorizzare nel profondo, quella tua espressione che l'evangelista Luca riporta e che oggi meditiamo: "Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni".
Davvero, Signore, non ci hai dato un compito facile quando ci hai chiesto di essere coloro che danno testimonianza della tua sofferenza, della tua morte e della tua risurrezione. Mi rattrista, Signore, il pensiero che noi, i cosiddetti cristiani, ci dividiamo proprio sull'annuncio del tuo messaggio, che è un messaggio pasquale. Sulla necessità di testimoniarti siamo, a pensarci con calma, tutti abbastanza d'accordo, ma sono i modi concreti di realizzare questo impegno che ci dividono. A dire il vero, Signore, questo problema è incominciato ad emergere assai presto nella tua Chiesa. E il dissidio sorto all'interno della primitiva comunità cristiana tra Pietro e Paolo mi sembra riproporsi ossessivamente ancora oggi, a venti secoli di distanza. Lo scontro tra chi vorrebbe che la Chiesa si orientasse verso una sorta di protezionismo spirituale e chi invece sostiene la necessità di un rinnovamento attraverso il contatto con i "gentili", che poi altro non significa se non l'attenzione ai "segni dei tempi", non è ancora stato composto. Lo vediamo bene quando si tratta di affrontare i temi di una famiglia sempre più fragile, che fa sempre più fatica, nella quale il provvisorio sociale in cui vive si riversa sulla sua stessa struttura, vanificando i suoi progetti di fedeltà per tutta la vita. Non sempre la comunità cristiana è capace di accoglienza nei confronti di queste situazioni, più spesso la sua è una risposta moralistica.
Il Cristo patirà..., così spiegavi ai tuoi discepoli. Perché proprio tu, il figlio di Dio, dovevi patire? Non basta forse la nostra sofferenza, non bastano i nostri patimenti? Non basta il male nel mondo, e il male del mondo? Tu sei venuto per salvare il mondo. Per questo hai condiviso la condizione umana. Se vogliamo intercettare te e il tuo messaggio dobbiamo dunque cercarlo non in una teologia astratta, e neppure nella sociologia che sta bene al sistema dei vincenti, ma all'interno della situazione esistenziale di ogni persona. Nel cuore stesso di un'etica che è la ricerca dell'autenticamente umano e di cui la cura delle persone, in particolare dei perdenti, è il culmine.
Si tratta, tu lo sai Signore, di una condizione sofferente. Il 20% della popolazione mondiale ha in mano l'83% delle ricchezze disponibili sul pianeta; il 20% dei più poveri deve accontentarsi dell'1.4% delle risorse; 14 milioni di bambini muoiono prima di arrivare ai cinque anni di età; la globalizzazione sta rapidamente erodendo, grazie ad una rete mediatica sempre più invasiva, le culture locali originarie; si fa rapidamente strada una "società del rischio" che implica la distribuzione dei mali piuttosto che dei beni della società, e ne è un esempio tra i tanti la "deterritorializzazione" dei rischi derivanti dalle radiazioni nucleari non più confinabili entro uno spazio specifico né entro un segmento di tempo; file di profughi si ingrossano ogni giorno per attraversare gli immensi continenti dell'Africa e dell'Asia e trovare improbabile lavoro e pane nei paesi ricchi. Sì, dicevi, il Cristo dovrà patire. Tu, Gesù, soffri con tutti i sofferenti generati da tali situazioni, assumi la forma dolorosa dell'esistenza di questo mondo, stando però non dalla parte di coloro che trionfano e opprimono, ma da quella di coloro - gli empobrecidos e i crocifissi della storia - che sono rifiutati. Hai accettato questa vita, questa debolezza, questa morte. Hai accettato le nostre famiglie spesso così sgangherate, ma testimoni del patire. È un bel rischio, il tuo! Con la tua scelta rischiosa, stando con loro, le vittime e gli ultimi - e sappiamo che scegliere gli ultimi della fila non è facile - hai dimostrato per sempre che Dio è presenza d'amore.
...E risorgerà dai morti il terzo giorno... Perché, Signore, questa è la novità. Se tu non fossi risuscitato non saprei davvero che farmene del tuo messaggio. Ce ne sono già tanti... basta entrare in Internet, iscriversi a Facebook... E anche belli come messaggi. Ma proprio perché dovevi salvare il mondo, tu sei risuscitato. La tua risurrezione segna la fine di ogni alienazione, perché non ha portato solo una salvezza "spirituale", e tu non hai stabilito che l'esito finale dell'immane storia di sofferenze umane si limiti ad essere l'immortalità dell'anima e una pacificazione ultraterrena: questo sarebbe davvero alienante. Tu non hai neppure cauzionato il trionfo dei potenti, dei prepotenti e degli oppressori, dei vincitori delle guerre, quasi che la storia umana fosse il luogo di una "selezione naturale", ma hai testimoniato che Dio accoglie i respinti, coloro che soccombono, coloro che vivono nei sotterranei della storia, i senza potere e i senza terra. Li abbraccia con tenerezza. Da questo i cristiani, anagrafici o no, comprendono che tu sei risorto, scoprendo la risurrezione nella storia che si dipana sotto i loro occhi e che è una storia sacra perché è una storia di progressiva liberazione. Queste sono le cose che si imparano alla tua sequela, alla storia della vita, alla tua storia, alla scuola dei poveri e non certo alla Bocconi.
E nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e...Per cogliere questo messaggio (che è tutt'altro che consolatorio) occorre un cambiamento radicale di mentalità (la conversione). Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati (At 3,19).
Convertirsi significa accogliere una nuova visione di Dio, senza la quale è impossibile accogliere una nuova visione dell'uomo. Il peccato è il dominio dell'uomo sull'altro uomo: l'inganno, l'arricchimento indebito, l'emarginazione, la strumentalizzazione. Molti, anche nella nostra Chiesa, pensano che l'assoluzione cancelli il peccato del mondo. Ma tu ci hai insegnato, Signore, che di fronte a te gli automatismi non contano, hanno alcun valore, né alcun significato. Perché il peccato sia cancellato occorre convertirsi, cambiare vita. È solo una vita rinnovata che cancella, annulla il peccato.
Tutte le religioni cercano di far transitare l'essere umano dalla finitudine all'infinito, promettendo una vita oltre la morte e certo in questo senso sono religioni di salvezza. Ma tu hai inaugurato, con l'incarnazione, un nuovo modello religioso, un'alleanza tra Dio e l'uomo, così che non è più possibile separare il volto di Dio da quello della sua creatura. Se questo è il tuo Dio, la conversione è un processo che interessa tutti: i signori potenti e i poveri Lazzaro, coloro che cercano un compromesso tra una religione alienata e i privilegi di cui godono, e coloro che ogni giorno chiamano Dio in giudizio, come Giobbe, per le loro sofferenze. Le Chiese, oggi sempre più timide nell'accettare il cambiamento, sempre più disposte a barattare elemosina con giustizia, credono davvero, pur proponendola, a questa conversione radicale?
"Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto"(I Gv 2,3-5).
... e il perdono dei peccati.Il perdono, Signore, è un processo difficile, faticoso, che non rimuove il male compiuto e che dunque richiede talvolta una vita per poter essere realizzato. Quanto rancore deve superare! Lo sanno bene le coppie in crisi, le mogli e i mariti traditi dal coniuge. Richiede di saper superare la legge, la stessa giustizia, senza negarla. Richiede la disposizione di saper amare gli altri così come sono e non come vorremmo che fossero. Il perdono è l'atto più sublime che un uomo e una donna possono compiere, il motore della storia del singolo e dell'umanità. Non si improvvisa, non è un gesto emotivo, ma razionale. Solo tu e il Padre siete totalmente capace di perdono. Eppure la nostra conversione non può essere tale senza l'ispirazione a questo perdono totale, assoluto, di cui forse non saremo mai capaci, ma che va implorato ogni giorno. È questa tensione che, in ultima analisi, ci fa testimoni della tua risurrezione, Gesù. Ed è essa che ci conduce a poco a poco alla pace, una pace attiva, ad una coscienza serena pur nella sofferenza:
Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene"?
Risplenda su noi, Signore, la luce del tuo volto.
In pace mi corico e subito mi addormento:
tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare (Sal 4).
Ed è questa, Signore, la preghiera che anch'io ti rivolgo, col Salmista, in questa terza domenica della tua Pasqua..
Luigi Ghia
Direttore della rivista Famiglia Domani.
Traccia per la revisione di vita
1) Qual è il nostro atteggiamento nei confronti della Parola di Dio? Siamo disponibili che egli apra la nostra mente all'ascolto e alla comprensione ("l'intelligenza") di quanto egli ci vuole dire?

2) Nella nostra vita di coppia e di famiglia ci presentiamo a Dio con i nostri progetti, i nostri percorsi, i nostri desideri, con un contratto sotto il quale egli debba solo mettere la sua firma, oppure siamo disponibili ad accettare che sia lui a fare il progetto per noi?

3) Che posto occupano gli ultimi della fila nella nostra vita? L'ultimo o il primo posto?

4) Siamo disponibili ogni giorno alla conversione del cuore? A cambiare strada quando questa ci allontana dagli altri? A ricercare, nei nostri modelli etici, l'autenticamente umano e la disponibilità alla cura delle persone?

5) Il perdono, all'interno della nostra coppia, della nostra famiglia o della nostra comunità, è un atto formale oppure un gesto quotidiano che nasce dalla consapevolezza che Dio ci perdona e ci ama ogni istante della nostra vita?

 

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