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TESTO L’uomo nuovo

don Fulvio Bertellini

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IV Domenica di Avvento (Anno C) (21/12/2003)

Vangelo: Lc 1,39-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,39-45

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

I protagonisti

L'incontro tra Maria ed Elisabetta nella presentazione dell'evangelista diventa annunzio di un'umanità nuova. Protagoniste, due donne, con i loro bambini non ancora nati. L'azione fondamentale che si compie è la lode e il ringraziamento. Esclusi sono gli uomini, soprattutto i potenti, coloro che si occupano di cose "importanti" e "serie". Ma che cosa è veramente importante nel mondo?

Il viaggio

Maria si mette in viaggio appena riceve l'annuncio dell'angelo. L'evangelista annota "in fretta". Sappiamo che Elisabetta è il "segno" che Dio ha garantito a Maria nell'annunciazione. Ma Maria non va a controllare: va a condividere. Il Cristo che ha concepito deve essere subito fatto conoscere. La cugina anziana deve essere aiutata. Le opere che Dio ha compiuto devono essere al più presto contemplate e accolte. Resta sempre sorprendente la densità simbolica di questo viaggio di Maria. In un unico gesto si mescolano attenzione e delicatezza umana, rispetto e attenzione per il progetto divino, legami di amicizia, legami di parentela, legami religiosi. Come avviene nei racconti della risurrezione, il primo effetto del contatto con Gesù è un mettersi in moto, un mettersi in viaggio.

Il riconoscimento

Ma anche Elisabetta deve muoversi, pur restando ferma. Il suo stesso bambino la precede, sussultando di gioia, e provoca il riconoscimento, la sorpresa, la riconoscenza: "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". Sembra poca cosa, il riconoscimento. E poco anche la riconoscenza. Ma il primo peccato era stato esattamente dettato dal non riconoscimento, e dalla non riconoscenza. E dal trascurare ciò che sembrava una pochezza. Siamo dunque al cuore della redenzione, e ci confrontiamo con gli atteggiamenti fondamentali della nostra salvezza. Riconoscere l'opera di Dio, essere riconoscenti, essere umili per accogliere il dono della presenza povera del Figlio di Dio: se non saremo anche noi come Elisabetta, la salvezza ci sfiorerà soltanto, senza toccarci; saremo incapaci di accoglierla.

La lode

La risposta di Maria è un canto, è la lode di Dio. "Ha guardato l'umiltà della sua serva": nel canto di Maria non c'è posto per l'autoesaltazione, ma solo per la glorificazione di Dio. La nostra mentalità efficientista e produttivista stenta a riconoscere le ragioni di tanta gioia: sono due madri che si incontrano, sono due bambini che nasceranno. Ma Dio ha cominciato a dare avvio ad un'umanità nuova proprio partendo da quelle madri e da quei bambini. Anche nella semplicità di un incontro, il suo Cristo è da subito segno di salvezza. Essere uomini e donne nuovi è inserirsi nella stessa corrente, nella stessa storia, gioire della stessa gioia. L'ostacolo è sempre la nostra mania di grandezza e protagonismo, da sempre il male dell'umanità, moltiplicato ora dalla manipolazione televisiva. Non che la televisione sia un male in sé, certamente no. Ma rischia di diventarlo la smania di apparire, la ricerca del risultato, del successo a tutti i costi. L'incontro tra Maria ed Elisabetta è la rivelazione di un modo di vivere diverso, in cui si gustano in profondità i valori e le gioie della vita. Ma noi per che cosa proviamo gioia? E quanto siamo riconoscenti, e sappiamo lodare Dio?


Flash sulla I lettura

Michea è profeta ostile al mondo urbano, dove si commettono ingiustizie e soprusi; la città è per lui il mondo del male. La rinascita della casa di Davide non parte quindi da Gerusalemme, città corrotta e complice del male, ma da Betlemme, la più piccola dei capoluoghi di Giuda, luogo di origine della dinastia davidica.

"colei che deve partorire partorirà": la fertilità è un importante segno di speranza per il popolo. La frase potrebbe avere un senso generico (=le madtri torneranno a fare figli) o un'applicazione specifica: si tratta di una donna che genera il nuovo re; e, nelle riletture dell'oracolo dopo l'esilio, della madre del Messia. Gli evangelisti lo applicano a Maria e Gesù.

"il resto dei tuoi fratelli / ritornerà ai figli di Israele": numerosi tratti dell'oracolo sembrano alludere ai tempi patriarcali; qui il ritorno da una situazione di esilio è presentato come una riunione di famiglia.

"pascerà con la forza del Signore": altro dettaglio che si riferisce a Davide, prima pastore e poi re. La prospettiva sembra essere quella di un ritorno alle origini; non tanto per un desiderio bucolico di vita agreste, ma per ritrovare le ragioni profonde della propria identità. I re spesso avevano dimenticato di essere pastori di un popolo, e avevano ricercato i propri interessi; inoltre si erano appoggiati alla propria forza militare o alle potenze straniere. Pascolare con la forza del Signore significa dunque ricominciare ad affidarsi e confidare in lui, e non in altri mezzi.

Flash sulla II lettura

Si tratta di una splendida rilettura del salmo 40, applicato a Cristo che entra nel mondo. L'autore della Lettera agli Ebrei lo recupera, soprattutto perché critica i sacrifici e le offerte, mostrando l'insufficienza dell'antico culto.

"un corpo invece mi hai preparato": è l'antica traduzione greca della Settanta, che consente all'autore di sviluppare il proprio pensiero. Pur non essendo sommo sacerdote, Gesù realizza un culto esistenziale.

"Non hai gradito né olocausti, né sacrifici per il peccato": il limite del culto antico, rilevato dall'autore di Ebrei, è che esso non consente un reale perdono delle colpe. Anzi, nella predicazione profetica si riscontrano frequenti interventi contro coloro che opprimono i poveri, e prentendono di cavarsela con i loro sacrifici. Il culto, staccato dalla solidarietà viva con i poveri, diventa un utile mezzo per purificarsi la coscienza.

"Ecco io vengo, per fare la tua volontà": in questa breve frase si racchiude tutto il mistero dell'incarnazione, ed essa diventa il modello da seguire per ogni cristiano. Ciò che Cristo ha detto e ha fatto, diventa regola di vita per i suoi discepoli.

 

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