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don Cristiano Mauri  

II domenica di Quaresima (Anno B) (04/03/2012)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Sobrietà ed essenzialità, temi tipicamente quaresimali, sono collegate con facilità all'ambito materiale, liquidandole in tutta fretta con qualche riduzione di consumo o di utilizzo. Meno spese, meno sprechi di tempo, meno concessioni a quelli che moralisticamente chiamiamo "vizi", perché il vizio, quello vero, è ben altra cosa. Sobrietà ed essenzialità si traducono pure spesso in generici inviti al silenzio e al digiuno - per carità, sacrosanti - finendo però con lo sminuire due discipline di altissima levatura spirituale, quali l'ordine dell'interiorità e l'ordine esteriore, cui silenzio e digiuno sarebbero in realtà indirizzati. Vivere nell'essenzialità significa invece anzitutto rimanere in ricerca dell'essenza delle cose, della vita per coglierla e gustarla. La sobrietà è perciò, allo stesso tempo, condizione ed esito di una vita essenziale, cioè che si alimenta dell'essenza delle cose.

L'ambito dei rapporti umani è uno di quelli che rimane più facilmente a margine nelle riflessioni attorno a queste tematiche. L'episodio del dialogo di Gesù con la Samaritana ce lo mette invece sotto gli occhi, aprendo alcuni orizzonti di riflessione.

La non convenzionalità e la conseguente inopportunità del dialogo al pozzo non impediscono l'incontro tra i due. Questa considerazione di partenza sgombra il campo da possibili derive moralistiche circa l'idea di sobrietà nella campo dei rapporti umani. Per intenderci, quelle che riducono il comportarsi sobriamente al non dare troppo scandalo e a non far troppo parlare di sé, la tipologia dei: «non è il caso di... evitiamo di creare voci inutili... ma non sta bene che...» e così via. Gesù, secondo il bon-ton del tempo, fa una cosa scandalosa. Più interessante però è il "come" la fa.

Lo stile con cui conduce l'incontro è quello di una reciprocità attiva. Assistiamo a un interscambio vero e proprio: Gesù chiede e si lascia interrogare, risponde e ascolta le repliche della donna, provoca e attende, si lascia stimolare e si concede; la donna fa altrettanto. Se è vero ed evidente che non c'è perfetta simmetria tra i due, è però altrettanto vero che si riconosce un'autentica reciprocità niente affatto subita, ma cercata, voluta ed effettivamente trovata da entrambi. Questa vicendevolezza di dono archivia alla svelta un'altra immagine distorta di sobrietà nei rapporti: quella che, motivandosi con l'imitazione della Croce di Gesù, intende eliminare il «ricevere» invitando a praticare solo il «dare», ottenendo l'effetto di mutilare gli affetti, ingigantire l'orgoglio e travisare pure la Passione di Cristo. Gesù attira la donna in un processo crescente di graduale coinvolgimento che procede con regole definite e in una direzione precisa, anche se non immediatamente chiara. Due sono le regole fondamentali che reggono il gioco e che vengono osservate da entrambi: il rispetto della altrui e propria libertà e la trasparenza nel dirsi.

Gesù si rivela nella sua identità piena ma senza travolgere la donna, piuttosto facendo in modo che la sua libertà e volontà vengano coinvolte in modo attivo e da protagonista in una dinamica quasi di seduzione. La donna chiede e si racconta conservando un margine di discrezione, senza rovesciarsi su Gesù e lasciando a Lui la libertà di porsi a suo modo. Trasparenza e libertà danno all'incontro una nota di asciuttezza liberandolo da affettazioni e fronzoli superflui, senza togliere nulla però in termini di intensità e di intimità. Parole, gesti, tempi, modi sono perfettamente adeguati ad un'autenticità e profondità di incontro la cui verità risplende nell'esito del confronto.

La direzione verso cui procede gradualmente l'incontro è stabilita da Gesù. Questa è l'asimmetria fondamentale. E' la medesima prospettiva con cui intraprende, in verità, ogni relazione personale: condurre l'altro all'incontro col Padre. Gesù è abitato da Dio e questa comunione di amore è sperimentata da Lui come l'unico orizzonte possibile della sua e di ogni vita umana autentica. L'amore del Padre è la sua dimora, il suo habitat e lì impara «l'amore sino alla fine»; da quel luogo e in quel luogo colloca i suoi incontri, vivendoli così già nella prospettiva della Croce: rimanere nell'amore del Padre divenendone rivelazione. La comunione con Dio è la molla della comunione fraterna; la prossimità all'altro in uno stile di «dedizione nella comunione» è un'altra occasione di unione col Padre. Ripieno del Padre, e dimorando in Lui, Gesù vive la naturalità delle relazioni umane conducendo l'altro a Dio, attraverso di sé. E' ciò che avviene con la Samaritana.

E' proprio questa l'essenza dei rapporti umani secondo il Vangelo: la comunione col Padre intesa come sorgente e al tempo stesso come esito dell'amare il prossimo «fino alla fine». Vivere le relazioni secondo uno stile di essenzialità evangelica significa dunque viverle in questa prospettiva, niente più. E, con un gioco di parole, si può dire che è proprio questo il motivo per cui nel Vangelo i rapporti umani sono essenziali.

La donna lascia Gesù e chiama altri perché siano coinvolti in quell'incontro con Gesù e con il Padre: questo allargamento e apertura ad altri sono il segno chiaro che l'incontro tra i due portava in sé il germe della comunione e dell'amore di Dio che ha in sé il carattere della diffusività.

L'incontro di Gesù con la donna di Samaria lascia intendere che vivere le relazioni secondo uno stile di essenzialità si tradurrà spesso, paradossalmente, in un incremento e non una diminuzione, un arricchimento piuttosto che una spoliazione, soprattutto dal punto di vista dell'intensità, della verità e, per certi versi, anche della quantità. Stando attenti però che l'autenticità non corrisponde banalmente a una mera esagerazione di toni, espressioni, gesti, parole, occasioni... Come va di moda in certi ambienti ecclesiali o in certe comunità cristiane in cui la possessività, l'indiscrezione e la violazione della libertà altrui la fanno da padrone in un cristianesimo viscido e appiccicoso.

Il dialogo al pozzo ci offre dei buoni indicatori per capire a che punto siamo e quanto c'è da lavorare: la reciprocità, il rispetto della libertà, la capacità di trasparenza, l'adeguatezza di modi e forme, la propensione al coinvolgimento di altri, la libertà interiore. Ma questi sono solo spie di segnalazione e non atteggiamenti da cercar di riprodurre scimmiottando Gesù. Ciò che occorre imitare anzitutto di Gesù è la comunione col Padre perché quella è la radice da cui sboccia lo stile che abbiamo contemplato. Si tratta perciò di porre la domanda fondamentale: la prospettiva da cui e in cui viviamo i rapporti umani è secondo quell'essenza che l'incontro di Gesù con la Samaritana ci ha descritto? Questo è un esercizio veramente radicale di messa in discussione di sé e che, se praticato senza sconti, costringe anche a scelte impegnative ma effettivamente arricchenti e liberanti.

Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.

 

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