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TESTO Stupìti dal bambino

don Elio Dotto  

IV Domenica di Avvento (Anno C) (21/12/2003)

Vangelo: Lc 1,39-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,39-45

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

«Natale è la festa dei bambini».

Forse lo abbiamo pensato tutti in questi giorni: perché è vero, dove non ci sono bambini la festa di Natale appare un po' spenta ed attenuata. Sì, certo, si fanno anche i regali: ma essi non riescono a suscitare quella gioia genuina della quale sembra siano capaci soltanto i bambini. Natale è la festa dei bambini, e senza di loro sembra davvero più difficile fare festa.

Così pensiamo tutti: ed abbiamo ragione, perché questa è l'esperienza che ripetiamo ogni anno. Ma c'è anche una certa tristezza in questa comune esperienza: c'è la velata tristezza di chi non è più bambino, e in fondo rimpiange gli anni dell'infanzia; li rimpiange come il tempo della gioia ormai passato, come un tempo lontano, trascorso, che rivive soltanto nella memoria e non più nel presente. «Natale è la festa dei bambini», diciamo; e intanto sentiamo la nostalgia impossibile di quando anche noi eravamo bambini.
Ma davvero è una nostalgia impossibile?

In quel tempo sembrava impossibile che si avverasse la promessa del profeta Michea: «E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele...» (Mic 5,1-4). Eppure quel piccolo villaggio della Giudea – che già aveva dato i natali al grande re Davide – sarebbe diventato noto a tutto il mondo dopo la nascita di Gesù: al punto che il nome di Betlemme ha attraversato la storia fino ad oggi, nonostante sembrasse impossibile.

Ugualmente impossibile pareva a Maria di Nazareth che la cugina Elisabetta, sterile e ormai anziana, aspettasse un bambino. Eppure la giovane Maria – anche lei incinta in modo inatteso – corre «in fretta» dalla cugina (Lc 1,39-48), credendo che davvero «nulla è impossibile a Dio», come le aveva detto l'angelo del Signore. «E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».

Con Maria anche noi, oggi, in questo Natale, abbiamo la possibilità di credere alla promessa di Dio. Una promessa che ha il volto di un bambino, il piccolo Gesù, che nasce a Betlemme; una promessa di gioia, che oggi ha pure il volto dei nostri bambini, raggianti in attesa del Natale. Una promessa che ha il volto del bambino, ma che non rimane racchiusa nel tempo dell'infanzia. Perché il bambino di Betlemme, Gesù, ci parla di una vita che può essere davvero buona, genuina: e non solo quando si è piccoli, ma sempre, fino alla morte; anzi, addirittura oltre la morte. E così, allo stesso modo, i nostri bambini, con la loro gioia e la loro freschezza, ci parlano di una vita che, nonostante tutto, ha speranza: e non si tratta di una speranza passeggera o ingenua, come a volte noi pensiamo, ma di una speranza sicura, al di là di ogni male possibile.

A questa promessa di Dio, che ha il volto inatteso di un bambino, anche noi possiamo credere. Forse basta essere un po' più semplici e determinati, come Maria, mettendo da parte le nostre paure e i nostri calcoli: essere semplici e determinati come i bambini, che in questi giorni gioiscono davanti alle luci e ai colori della festa.

 

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