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TESTO Commento Luca 3,10-18

Comunità Missionaria Villaregia (giovani)  

III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (14/12/2003)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

"Che cosa dobbiamo fare?" Chissà quante volte abbiamo iniziato la nostra giornata con questa domanda: "Che cosa devo fare?" Dinanzi a decisioni piccole o grandi, un pranzo da preparare, l'università da scegliere, la prospettiva di un nuovo lavoro, spesso ci chiediamo: "Che cosa devo fare?" Questa domanda la ritroviamo per tre volte nel Vangelo di questa domenica; una domanda rivolta a Giovanni Battista che proponeva, sulle rive del Giordano, un cambio di vita. E' una domanda che gli viene rivolta dalle differenti categorie di persone: le folle, i pubblicani, i soldati, quasi a sottolineare che è la domanda dell'uomo; è l'interrogativo umano dinanzi all'esistenza stessa. E' l'interrogativo che spesso dovremmo porci dinanzi agli squilibri dell'umanità: Che cosa dobbiamo fare dinanzi alla violenza che impera ovunque? Che cosa dobbiamo fare dinanzi a un miliardo e 150 milioni di esseri umani che vivono con meno di un dollaro al giorno? Che cosa dobbiamo fare dinanzi ai 40 milioni di ammalati di AIDS? Che cosa dobbiamo fare dinanzi al patrimonio dei 10 maggiori miliardari che posseggono complessivamente più di una volta e mezza il reddito complessivo di tutti i paesi meno avanzati? Che cosa dobbiamo fare dinanzi al 75% del commercio mondiale controllato dalle multinazionali, di cui le 200 maggiori possiedono il 28% del prodotto lordo globale, impegnando meno dell'1% della manodopera? Che cosa dobbiamo fare per migliorare le condizioni di vita dei popoli del sud del mondo?..."

Potremmo sintetizzare queste domande dicendo: "Che cosa dobbiamo fare dinnanzi all'ingiustizia, alla guerra, alla mancanza equa della distribuzione delle risorse?"

E' a questa domanda che Giovanni Battista risponde in questa terza domenica di Avvento:

"Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto."
"Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato."
"Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno..."

Giovanni Battista fa una proposta che è al tempo stesso una denuncia di atteggiamenti e comportamenti ingiusti. Il mio di più, toglie all'altro; il mio di più in beni, mette l'altro nella miseria; il mio di più in libertà, mette l'altro in schiavitù; il mio di più si rivela un meno nel fratello. La proposta di Giovanni Battista è una conversione a un nuovo stile di vita, a un cambio di mentalità. Siamo abituati a cambiare continuamente tante cose: i vestiti, la televisione, la macchina, la casa... Il cambio di mentalità è un invito alla sobrietà.

La sobrietà è uno stile di vita che sa distinguere tra i bisogni reali e quelli imposti dalla società attraverso la pubblicità. La sobrietà, ossia:

* badare all'essenziale. Nella cultura dei Navajos erano noti solo 236 oggetti e il tempo era loro abbondante. Nella società come la nostra nella quale ogni casa dispone in media di 10 mila oggetti, domina per forza la scarsità di tempo: gli oggetti vanno infatti scelti, acquistati, collocati, utilizzati, riordinati, spolverati, riposti, ripuliti, smaltiti.

* Non sprecare le riserve: buttiamo via troppi avanzi alimentari, accumuliamo troppi vestiti nuovi, usiamo l'automobile anche quando potremmo andare a piedi o in bicicletta... Solo in Europa il traffico comporta ogni anno perdite per 500 mila miliardi di lire in seguito a inorghi stradali, incidenti, danni alla salute e all'ambiente. Si è calcolato che un italiano dedica mediamente, contando il tempo che passa in auto e le ore di lavoro necessarie per pagarsi l'auto, il carburante e le spese, un totale di 1200 ore all'anno con una percorrenza media di 10 mila km. Ciò significa che è necessario mediamente 1 ora di tempo per percorrere otto km. Per distanze entro gli otto km... la bicicletta arriva prima dei mezzi motorizzati.

* riutilizzare lo stesso oggetto finché è utilizzabile e riciclare tutto ciò che può essere rigenerato. Si ricicla poco: solo il 2% della carta, il 5% dei metalli... Siamo abituati a buttare le cose quando sono ancora utilizzabili solo perché non sono di moda o all'avanguardia tecnologica. Riciclare anche solo il 20% della carta, solo in Italia, significa salvare 5 milioni di alberi, risparmiare la costruzione di una centrale elettrica e lo spreco di 400 miliardi di litri di acqua.

* non gettare gli oggetti al primo danno. Oggi gli oggetti sono costruiti per essere sostituiti e non riparati. Nel sud del mondo riparare è una cosa normale.
* rispettare le cose degli altri e l'ambiente.

Mons. Attilio Nicora scriveva: "Frenare, riparare gli squilibri strutturali introdotti nel mondo da un cuore insaziabile di profitto e potere, è compito dell'uomo."
"Cosa dobbiamo fare, dunque?"

Questa storia può aiutarci a riflettere su quale atteggiamento assumere per impostare un nuovo stile di vita:

"Una volta c'erano due isolotti. Uno si chiamava Isola dell'Avidità e l'altro Isola della Solidarietà.

NELL'ISOLA DELL'AVIDITÀ, ognuno lavorava per conto proprio. Chi faceva il contadino, chi il pescatore, chi il falegname, chi il tessitore. Ognuno portava i suoi prodotti al mercato e se vendeva molto stava bene, se vendeva poco conduceva una vita di stenti. Purtroppo alcuni non avevano né un campo, né una bottega e facevano letteralmente la fame. Un prete, tuttavia, aveva fatto notare che non si poteva tollerare un simile scandalo ed aveva proposto di creare una cassa pubblica da utilizzare per assistere i più bisognosi. Dopo molte discussioni, la maggioranza aveva accolto la proposta e aveva deciso che tutti dovevano contribuire alla cassa pubblica pagando delle tasse in rapporto ai propri guadagni. Ma l'evasione era alta e la cassa pubblica era spesso in difficoltà. I momenti peggiori per i vecchi, i malati, le famiglie più bisognose veniva quando nell'isola gli affari andavano male. Allora c'era un vero e proprio rifiuto di pagare le tasse. Per questo si era creato un comitato di persone pie che tutti i giorni pregava Dio di far prosperare gli affari sull'isola, perché solo se le cose andavano bene, tutti pagavano senza troppi mugugni.

NELL'ISOLA DELLA SOLIDARIETÀ la gente aveva stabilito che il primo obiettivo era di garantire a tutti, giovani e vecchi, abili e inabili, il soddisfacimento dei bisogni fondamentali come cibo, alloggio, la scuola, l'assistenza sanitaria. Per questo si erano dati un'organizzazione tutta particolare. Ogni adulto doveva lavorare per alcune ore al servizio della collettività. C'era chi andava a pesca, chi a tagliare la legna, chi a fare scuola, chi ad assistere le persone anziane, chi a curare i malati, chi ad aggiustare le strade. In cambio ogni famiglia aveva diritto a ricevere il necessario per vivere e a godere di tutti i servizi offerti dalla collettività. Il tempo che ciascuno utilizzava nei servizi comuni non era tantissimo e ognuno poteva decidere cosa fare nel resto della giornata. Chi si accontentava di ciò che gli offriva la comunità, si dedicava alla famiglia, allo sport, all'arte, alla lettura. Chi invece voleva avere delle cose in più faceva un doppio lavoro per produrre, da solo o in cooperativa con altri, degli oggetti da mettere in vendita sul mercato. A volte nell'isola si abbattevano dei tifoni o sopravveniva la siccità ed erano tempi duri per tutti. Tutti tiravano la cinghia, ma lo spirito di coesione non faceva mancare mai a nessuno il minimo vitale.

Che cosa devo fare? Inizia da una cosa piccola, come ad esempio fare una scelta diversa per i regali di Natale di quest'anno. Un piccolo dono fatto da te, recuperando qualcosa che già hai in casa e donando quanto avresti speso per un regalo nuovo, per esempio per aiutare una famiglia povera a cui mancano i generi di prima necessità. Come dici? Questo provocherebbe un calo nelle vendite e ne risentirebbe tutta l'economia mondiale? Sì, probabilmente uno scossone ci sarà, però tranquillo meglio questo che la catastrofe certa che ci aspetta se non iniziamo a cambiare stile di vita! Coraggio!

 

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