TESTO Fate tacere il povero
don Cristiano Mauri La bottega del vasaio
V domenica dopo l'Epifania (Anno B) (05/02/2012)
Vangelo: Mt 15,21-28

21Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
"Quel povero va fatto tacere. Subito. «Dalle retta, non vedi come ci grida dietro?»
Il suo urlo nelle orecchie è insopportabile e indecente. Rabbonitelo, calmatelo, dissuadetelo.
Accontentatelo se non c'è altro modo, dategli tutto quel che chiede.
Qualunque sia la sua povertà: malato, miserabile, immigrato, disabile, anziano, piccolo, folle, morente, nascituro, vagabondo, drogato, depravato... Senza distinzioni, un povero è un povero.
Fatelo tacere, senza indugio. Non si può vivere con uno che grida tra i piedi.
Come si fa a concentrarsi sulla propria vita? Non è più possibile.
Non c'è più verso di metter in fila un discorso, finire un lavoro o godersi una chiacchierata.
Con quello che grida, non è più vita! Non è più la mia vita.
Bisogna intervenire e senza andare troppo per il sottile. Questo problema dei poveri va risolto, una volta per tutte, alla radice. Anzi, sai che ti dico: non basta farlo tacere. I suoi occhi sono anche peggio. E l'odore, vogliamo parlare dell'odore?
Via, via, via il più lontano possibile. Ecco così, allontanatelo, mandatelo via.
Sono disposto anche a pagare di tasca mia purché non mi stia più così vicino.
La sua presenza mi urta, mi inquieta. Dai diciamolo: il povero inquieta. Anzi no: fa proprio male.
Dai, organizziamoci! Paghiamo qualcuno che si occupi del povero.
Li prendiamo e li portiamo tutti in un bel posto dove saranno curati, accuditi, lavati, nutriti.
Ci sarà pur qualcuno disponibile a fare un lavoro del genere, no?
Di più, di più ancora! Costituiamo un'associazione, magari più di una. Poi una bella fondazione. Cerchiamo dei finanziamenti, mettiamo giù un bel progetto, una cosa fatta bene. E poi delle strutture - all'avanguardia, certamente - dove possiamo piazzarli.
Sarebbe perfetto. Così quelli che proprio ce li hanno a cuore possono pure andare trovarli in tutta tranquillità, in un posto protetto, pulito, caldo.
Facciamo una cosa definitiva e duratura però, non da essere lì tutti i momenti a pensare ancora al problema del povero. Suvvia siamo nel terzo millennio ormai! E' ora di non doverci pensare più.
Un momento però, chiariamo le cose. Non che i poveri non mi interessino.
Io sono un buon cristiano, so che bisogna fare del bene, occuparsi dei bisognosi, essere generosi.
Ci tengo a loro, ci tengo tantissimo. Anzi ti dirò che mi fanno anche un po' di tenerezza.
Ma mica posso mettermi io a far tutto! Sono forse io responsabile di tutto il male del mondo?
Anche perché se ti metti a curarne qualcuno, poi non te ne liberi più. Finisci con uno ed eccone un altro. Sembra che ti inseguano, che si passino parola. Vengano a scovarti anche quando pensi di esserti perfettamente nascosto. Il povero è una persecuzione.
Oltretutto io ho già un sacco di altre cose di cui occuparmi. D'altronde, o tutti o nessuno, giusto? E mica si potrà passare la vita a curarsi del Povero! Poi parliamoci chiaro: mi sono sbattuto per costruirmi una vita, non ho forse il diritto di godermela? E come si fa se ce li hai sempre tra i piedi? Ripeto: sono persino disponibile a pagare di tasca mia, ma che non mi urlino più nelle orecchie, non lo posso sopportare, è più forte di me.
Chissà perché mi urtano così, in effetti non me lo spiego. Però ogni volta che li sento gridare è come se mi strappassero da me stesso, mi portassero in un terreno che non conosco, mi costringessero a lasciare il mio spazio naturale. A dir la verità tutto è nato da quella volta che lavai e vestii un senzatetto. Dopo la doccia non sembrava più lui. Sembrava... Sembrava me. Non mi aspettavo che la distanza tra me e un povero fosse lo spazio di una doccia. Un povero non può essere così vicino. Non voglio essere così vicino alla povertà. Non voglio essere povero. Voglio poter continuare a credere di non essere povero!
Fatelo tacere, il Povero. Mandatelo via. Ne va della mia vita."
Sì il povero fa male, veramente male.
Ti strappa a te stesso costringendoti a rimanere in esodo dal sè che ti sei costruito.
Il povero fa male perché ti sbatte in faccia chi sei, come sei, al netto di una doccia, di un po' di soldi, di un po' di salute, dell'età, dell'intelligenza... Di tutto ciò che, prima o dopo, si può sempre perdere.
Li avremo sempre con noi, grazie a Dio. Ed è proprio il caso di dirlo.
Li avremo sempre con noi a strapparci da noi stessi e a ricordarci chi siamo.
Questa è la prova più vera che il Povero è "presenza reale" di Cristo.
Eppure si può correre il rischio di passare una vita provando a liberarci del povero proprio col prendercene cura. Perché c'è un occuparsi dei poveri che si trucca di Carità ma è solo un modo elegante per liberarsene o per farli tacere. C'è un lavorare per i deboli che è solo un sottile modo, perbenista e di maniera, per dire di no alla propria natura povera.
Occorre vigilare che tutta la Carità strutturata che la Chiesa organizza non abbia in sè questa radice.
E che non ci capiti di passare la vita provando, sottilmente, a sbarazzarci del povero, finiremmo stoltamente per privarci di Lui.