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TESTO Il grido della pace

Comunità Missionaria Villaregia (giovani)  

II Domenica di Avvento (Anno C) (07/12/2003)

Vangelo: Lc 3,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,1-6

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

"Vieni Cristo, il Principe della pace! Prepararci al suo Natale significa risvegliare in noi e nel mondo intero la speranza della pace. La pace anzitutto nei cuori, che si costruisce deponendo le armi del rancore, della vendetta e di ogni forma di egoismo. Ha grande bisogno di questa pace il mondo!" (Giovanni Paolo II, Angelus del 30/11/03)

E' facile riconoscere in questo parole del Santo Padre la profezia del Profeta Isaia: "Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati."

E' anche facile identificare il deserto, luogo inospitale, pericoloso in cui è facile smarrirsi e perdere le tracce dei nostri passi, nella società di oggi, così anonima, così indifferente, dove è facile smarrire le tracce della nostra identità profonda: Chi siamo? Dove andiamo? Il deserto è però nella Bibbia anche il luogo dove Dio si rivela, dove Dio ha parlato a tanti amici, a tanti profeti. Allora, proprio nella nostra vita quotidiana, così anonima, così individualista... Dio continua a parlare con il Vangelo di questa Domenica.

Anche quest'anno, in questa seconda domenica di Avvento, troviamo la figura di Giovanni Battista che nel deserto grida la necessità di preparare la strada al Signore che viene. Luca parla di questo avvenimento con abbondanza di dettagli: "Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galileia e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa..." Più precisi di così! Perché questa lunga introduzione storica? Luca vuole identificare un momento ben preciso della storia in cui Dio entra nella storia degli uomini. Da sempre Dio ha partecipato della vita e della storia del suo popolo: l'ha fatto con grandi teofanie, attraverso i profeti, i re... Ora, però, è Dio stesso che entra nella storia degli uomini, ne vuole far parte a pieno titolo e a pieno diritto. Per questo sceglie un momento, un tempo ben precisi: in quel tempo e quel momento Dio entra nella storia degli uomini per trasformarla dal di dentro.

E' dunque realmente accaduta l'Incarnazione? Cioè, Dio davvero si è fatto carne degli uomini? Luca dice di sì, mostrando fin dai suoi primi capitoli le coordinate storiche per dire: "Non ci si può sbagliare!" E' in un contesto concreto che Dio viene, così come viene nell'esistenza concreta di ciascuno; viene nella storia personale di ciascuno, anche oggi.

Ma cosa avvenne? Con delicata finezza e con solennità Luca dice: "La parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto." E qui vorremmo porre la nostra attenzione perché oggi la Parola di Dio può scendere su di te, su di me, su di noi, come scese su Giovanni, come scese su Maria, tanto da farsi carne in lei. E' Dio che prende l'iniziativa di scendere (cioè di farsi uomo, storia, tempo). All'origine della missione di Giovanni non c'è l'idea pazza di un uomo strano, un po' matto che veste di pelli di cammello e mangia locuste, ma una Parola che viene da Dio e che diventa un compito ben preciso nella vita di un uomo; una Parola non magica, ma feconda; una Parola che domanda di essere accolta e realizzata.

La Parola di Dio scende oggi su Giovanni Paolo II come grido di Pace, ma scende anche su ciascuno di noi per portare la pace, si fa nel cuore di ciascuno grido di Pace. E come invita la Parola di questa domenica, bisogna preparare la strada della Pace: bisogna superare gli ostacoli dell'odio, delle discriminazioni sociali, della vendetta e del rancore; lenire le ferite causate in milenni di generazioni; gettare ponti di solidarietà e di amicizia; avere il coraggio di fare il primo passo per spianare la strada a chi cammina con noi; colmare con la tolleranza e la fiducia milenni di intolleranza e di sfiducia e soprattutto riempire i burroni della diffidenza e del disaccordo con il perdono.

Quella di Giovanni Battista è una Parola gridata nel deserto, come la Parola della pace è gridata in mezzo ad un altro deserto, quello moderno, quello dei rumori che soffocano la ricerca dei veri valori umani, il deserto dell'indifferenza e della cura dei propri interessi. E' proprio accogliendo il grido di pace lanciato da Giovanni Paolo II, in questa domenica di Avvento: "La pace anzitutto nei cuori, che si costruisce deponendo le armi del rancore, della vendetta e di ogni forma di egoismo. Ha grande bisogno di questa pace il mondo!" che vorremmo preparare la strada al Principe di Pace che viene. Le occasioni sono quelle semplici, quotidiane, che ci raggiungono nel deserto che stiamo percorrendo e dove non immaginiamo udirne il grido.

Nel buio di una stanza, la pace!

A contatto con i fratelli peruviani sto capendo in modo più chiaro quale grande dono sia la fede per riuscire a sopportare situazioni estreme di sofferenza.

Una sera con un gruppo di laici visitiamo alcune famiglie per portare la benedizione ed invitare le persone ad un incontro di preghiera.

Una donna sulla cinquantina ci fa entrare nella sua casa e dopo un po' ci accompagna in un'altra stanza. È un luogo buio, stretto, senza finestre, dove si trovano due letti. Nella penombra scorgiamo disteso sul letto un uomo che ci accoglie con un sorriso. È Miguel, un giovane di 27 anni. A 4 anni una poliomelite gli ha interrotto lo sviluppo, togliendogli la possibilità di camminare. La sua gioia per la nostra visita si esprime attraverso i movimenti disarticolati di tutto il corpo.

Miguel mi pone subito in un atteggiamento di fede e di umiltà di fronte al mistero della sofferenza e dell'abbandono, e mi dà il coraggio di entrare in relazione con lui, con la madre e con i suoi fratellini. Miguel vive quasi sempre chiuso in questa stanza, confortato e assistito dall'instancabile amore della madre. Intuisco che non sarebbe riuscito ad arrivare a questa età, in tali condizioni, senza l'intensa dedizione di qualcuno che lo ama veramente.

Invito tutti alla preghiera e, rivolgendomi alla madre, le dico che servire e amare suo figlio è servire e amare Gesù crocifisso presente in lui. Mentre comunico questa verità, mi accorgo che le lacrime scendono sul volto di questa donna, segnato dalla sofferenza e dalla compassione.

Abbiamo bussato a quella porta per portare una benedizione e per invitare ad un cammino di fede; siamo usciti, invece, arricchiti dalla gioia di vivere e dalla pace di queste persone. La vita di Miguel e la testimonianza di amore totale e fedele di sua madre sono chiari segni di un cammino di pace in una situazione che uno sguardo puramente umano giudicherebbe senza speranza.
P. Giovanni

Per preparare la strada della Pace dove il Signore viene, potremmo all'inizio di ogni giornata pregare: "Conduci, Signore, i nostri passi sulla via della pace."
Buona settimana.

 

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